L’impari confronto

Non temo la solitudine dei numeri uno, due, tre…, anzi la sfido, nego azzardati parallelismi tra due eventi altrettanto condivisi dal mondo ma diametralmente a distanza siderale, ovvero la scomparsa quasi contemporanea di Ratzinger e Pelé. Di analogo, le due vite perdute hanno sicuramente l’immenso dolore di folle a cui sono mancati confortevoli riferimenti, l’uno mitico, l’altro idealizzato dal genere umano che si riconosce nella rassicurante culla della conservazione. Nella consapevolezza di diversità tra laicità del calcio e rassicurazione per un oltretomba paradisiaco della fede, c’è da capire come e perché l’umanità si sdoppi e risponda con analoga commozione all’assenza tra i vivi di Benedetto XVI e di ‘o rey’ Pelé.

Il bravo psicanalista, alle spalle di un soggetto rappresentativo del dualismo qui in osservazione, potrebbe trarre dall’indagine introspettiva risposte tra loro collegate. Pelé e Ratzinger sarebbero attori di uno stesso racconto, ovvero della domanda universale di rassicurazioni: il mito del calcio, in rappresentanza di quanti specchiandosi nella sua grandezza sportiva si convincono che è possibile a tutti toccare il cielo con un dito (‘in fondo il più grande talento calcistico di sempre è uno di noi, di origini umili). Il papa tedesco, “primus inter pares” della conservazione, distratto dal compito evangelico di salvatore delle anime, tutto teologia, estraneo all’impegno militante di risanare la Chiesa dei corrotti, dei profittatori, dei deviati dalla retta via, ma…con lui ‘facile’ redenzione: “Basta pentirsi, confessarsi, espiare con la preghiera” per finire tra i beati.

Eccesso di semplificazione? Può darsi, ma lo smentisce il match sanguinario Putin-Zelinski, il vulnus parallelo di morti e di impoverimento universale. Anche la tragedia dell’Ucraina e il pacifismo riflettono su tandem di consensi: osanna della Russia per Putin, solidarietà globale a Zelinski.


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