Feste, ma per chi?

Puntuale, vantaggioso spunto dei media per elaborare inchieste ‘leggere’, di evasione dai guai di una stagione a tinte fosche, è il rituale servizio televisivo sul tema “come gli italiani spenderanno la tredicesima”’ e l’altro sul nord innevato e il Sud balneare, su sci e tuffi nel caldo Tirreno. Saperne di più grazie alla statistica: quanti sono gli che partono in auto, treno, nave, aereo, per festeggiare Natale, Capodanno, Epifania?  Beati loro, sono 17 milioni tra Natale e Capodanno, per un giro d’affari di 13 miliardi. Meta preferita (bene!) la bellissima Italia (98,9%). Molti gli emigranti di ritorno che raggiungono i parenti nella terra natia dopo quarantene e lockdown da pandemia.  Le destinazioni italiane preferite sono le località d’arte (24,6%), la montagna (24,5%), le località balneari (6,5%). A Capodanno la meta sarà la montagna. Il 10% opterà invece per l’estero, per le grandi capitali europee. Non si spiegano, se non con il tifo esasperato, il fenomeno del turismo calcistico e per esempio il sold out negli stadi del Qatar degli argentini,  partiti da un Paese in gravissima crisi economica, confluiti in trasferta a Doha per sostenere Messi e compagni campioni del mondo.

Sgomenta la sfrenata passione dei tifosi ‘poveri’ che s’indebitano con gli strozzini per seguire la squadra del cuore anche nelle trasferte all’estero.

Povertà. 43 milioni di italiani se ne stanno a casa in questo tratto festaiolo dell’anno e non fanno notizia, o quasi. Informa l’Istat: Nel 1980 erano 2,11 milioni gli italiani in povertà assoluta, sono diventati 5,6 milioni nel 2020. Sono più di sei milioni in questo 2023, una persona su dodici è povera. Le statistiche dell’Istat parlano di due tipi di povertà, assoluta e relativa. Per povertà assoluta s’intende la condizione di chi non può accedere alle risorse essenziali: sanità, alimenti, casa ed è grave, netta, la differenza tra Nord e Sud: nelle regioni settentrionali lo stipendio minimo è di circa 820 euro al Sud di 550.

La povertà relativa ingloba famiglie (circa tre milioni) o singoli, che non si possono concedere servizi o prodotti di chi è in una condizione economica media. Il reddito mensile di questi ultimi basta appena per il necessario e sono candidati alla povertà totale.

Messaggio al ministro dell’Istruzione meloniano. Intende escludere dal reddito di cittadinanza i giovani tra i 18 e i 26 anni che non hanno compiuto l’obbligo scolastico: una famiglia che si trova in condizione di crisi economica ha molta difficoltà nel trovare un’abitazione idonea, nel permettere ai propri figli di frequentare gli studi che di conseguenza avranno problemi a livello sociale, difficoltà ad integrarsi o nel cercare un lavoro maggiormente redditizio rispetto a quello dei propri genitori. L’ISTAT definisce questo handicap “indice di vulnerabilità sociale e materiale”, calcolato confrontando sette fattori che influenzano le condizioni di vita di famiglie e individui. Il trend in ascesa racconta come le persone che hanno un reddito basso nell’infanzia, tendono a mantenerlo nella loro maturità ed età adulta. La difficoltà nell’investire nell’istruzione è spesso la causa di questa condizione e ripropone un’identica situazione alle generazioni future. Il problema del mancato accesso all’istruzione può essere una conseguenza della povertà, perché non permette alle persone di sviluppare il proprio potenziale, perché prive delle risorse per affrontare gli studi, o partecipare ai concorsi.

Molte famiglie hanno difficoltà nel cercare casa. L’affitto delle abitazioni è molto elevato.

In tema: i migranti vivono in condizioni di povertà, vittime dei caporalati, in gran numero sfruttati per lavori che gli italiani rifiutano. Anche il loro Natale è un Natale appunto, da poveri.


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