di Cesare Sacchetti
La somma è di quelle da capogiro. 32 miliardi di dollari. È questo il fiume di denaro che George Soros ha riversato nella sua rete di ONG, l’acronimo che identifica le organizzazioni non governative attraverso le quali il magnate finanziario mira sostanzialmente a piegare le politiche degli Stati nazionali per far sì che queste riflettano gli interessi del mondo che Soros rappresenta.
È il mondo della finanza di Wall Street che da tempo è il vero deus ex machina dei Paesi Occidentali e che ha imposto all’Occidente il moderno regime liberale che opprime in particolar modo i cittadini europei.
Un gruppo di ricerca americano, il Media Research Center, ha tracciato tutta la rete mediatica attraverso la quale George Soros mira a influenzare le opinioni pubbliche dei Paesi nei quali è stata investita questa enorme quantità di denaro.
Sono 253 i gruppi mediatici che Soros riesce a controllare indirettamente o meno.
Il MRC per venire a capo di questo filo della eversione internazionale ha redatto uno studio in tre parti, di cui la prima parte è uscita in questi giorni mentre le altre due verranno pubblicate prossimamente.
Nella prima parte si traccia il profilo delle principali organizzazioni delle quali Soros dispone per controllare ciò che passa sulla rete e sui social.
Si parte dalle pubblicazioni più “autorevoli” quali Project Syndicate che può essere considerato a tutti gli effetti una delle principali riviste di riferimento del mondo globalista liberale. Su Project Syndicate scrivono personaggi quali il presidente francese Emmanuel Macron, l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel, l’ex vicesegretario alla difesa dell’amministrazione Bush, il falco neocon Paul Wolfowitz e naturalmente lui, George Soros.
Solamente la rivista in questione ha raggiunto 156 Paesi e i suoi articoli sono stati distribuiti o condivisi da altri siti almeno 20mila volte circa.
A Project Syndicate, Soros ha donato poco più di un milione e mezzo di dollari dal 2016 al 2020.
C’è poi la rete di quelli che vengono definiti in lingua inglese “fact-checker”, ovvero i sedicenti revisori dei fatti che stabiliscono ciò che sarebbe vero e ciò che invece, a loro dire, sarebbe falso.
Quasi sempre la definizione di vero e di falso coincide con lo standard del pensiero liberale di chi governa e finanzia tali istituti che agiscono di fatto per censurare tutti quei fatti e quelle notizie troppo scomodi per questo sistema di potere.
Uno di questi in particolar modo è divenuto famigerato negli ultimi anni, e si tratta del Poynter Institute.
Questo istituto ha ricevuto da Soros 492mila dollari negli anni passati ed è l’organizzazione che attraverso una sua succursale, Politifact, si occupa di “revisionare” tutto ciò che passa su Facebook e su Instagram.
Anche chi scrive è stato vittima della macchina del fango del Poynter che ha definito l’autore di questo articolo una sorta di “delinquente abituale della disinformazione” in un articolo nel quale l’istituto in questione provava maldestramente a smentire coloro che dimostravano tutte le incongruenze e falsità della narrazione “pandemica”.
Quando un lettore si trova quindi di fronte ad un suo articolo censurato da Facebook o marchiato dal social con la scritta di “informazione non verificata” è proprio perché si è messa in moto la macchina della censura dei “revisori dei fatti”.
E in Italia, in particolar modo, tale macchina è gestita dalla testata Open, che “casualmente” riprende lo stesso nome della Open Society di Soros, prima diretta da Enrico Mentana, e ora invece passata alla direzione di Franco Bechis.
Open ha stabilito un accordo di collaborazione con Facebook per eseguire questo tipo di controllo di ciò che passa su Facebook. E l’ironia, o meglio vera e propria faccia tosta, è che la testata in questione definisce “indipendenti” coloro che esercitano questo controllo arbitrario sulle notizie condivise quando tutti sanno che dietro questi istituti c’è il denaro del magnate ungherese di origini ebraiche.
Il cosiddetto “fact-checking” ad oggi non è altro che una enorme macchina che sforna in continuazione false notizie per conto dei suoi finanziatori e referenti.
Soros in questo senso ha un compito specifico. È un agente attivo dello spirito della rivoluzione globalista, ovvero quel tipo di filosofia politica che mira alla fine degli Stati nazionali da sostituirsi con il dominio di organizzazioni sovranazionali direttamente controllate dal potere della “grande” finanza e delle case farmaceutiche.
Il personaggio di Soros è alquanto misterioso sotto certi aspetti. Nessuno aveva mai sentito parlare di questo finanziere fino agli anni 70/80. La figura di Soros inizia a diventare preminente in particolar modo soprattutto dai primi anni 90 quando inizia a rivestire il ruolo di finanziatore di tutti quei processi che servono ad accelerare l’avvento di un supergoverno mondiale.
E allora dove si trova il traffico di esseri umani si trovano le ONG da lui finanziate ed esperte nel gestire l’immigrazione clandestina. Dove si trovano coloro che chiedono attivamente di mettere fine all’esistenza dei confini, imprescindibili per l’esistenza degli Stati nazionali, si trovano ancora una volta le sue ONG.
E dove si trovano i centri sociali si trova ancora una volta la manovalanza che deve trasformare lo Stato nazionale nella Babele globale nel quale domina il “meticciato”, espressione tanto cara a Corrado Augias, e l’assoluta mancanza di identità etnica e religiosa.
Tutto ciò che identifica lo spirito della tradizione cristiana è detestato da questi poteri che mirano ad erigere un Leviatano internazionale che incarni lo spirito della rivoluzione liberale intrisa della ideologia della massoneria.
Soros però diventa un personaggio di rilievo internazionale soprattutto nel 1992 quando inizia a piazzare le sue operazione speculative contro la sterlina britannica e la lira italiana. All’epoca, in Europa vigeva un sistema di cambi fissi, il cosiddetto SME, che prevedeva che tali valute mantenessero un rapporto di cambio fisso con l’ECU.
In parole povere, chi aderiva a questo sistema non poteva svalutare la propria moneta ma difendere il rapporto di cambio stabilito nelle sedi europee.
Soros iniziò a scommettere attraverso il suo Quantum Fund contro queste valute perché già sapeva che l’altra parte piuttosto che abbandonare il regime di cambi fissi dello SME avrebbe difeso scelleratamente quel cambio.
E fu così che Carlo Azeglio Ciampi svuotò i forzieri della Banca d’Italia per una cifra pari a 48 miliardi di dollari dilapidando le riserve della banca centrale italiana e facendo così la fortuna di uno speculatore straniero.
Uno speculatore che stava agendo in base ad un’agenda piuttosto precisa e chiara. Quella di aggredire economicamente gli Stati europei e favorire quello che poi sarebbe stato di lì a poco il sacco del 2 giugno 1992, officiato a bordo del panfilo Britannia dall’allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi.
Fu in quella notte che uomini come Soros misero le mani sui tesori d’Italia svenduti a prezzo di saldo da Mario Draghi che fu poi ricompensato negli anni successivi con un incarico a Goldman Sachs prima e come governatore della Banca centrale europea dopo.
Gli enormi profitti ricavati dalle speculazioni di Soros sono stati poi reinvestiti nell’agenda della sovversione che mira alla disintegrazione degli Stati nazionali.
Le origini di Soros e i suoi rapporti con i Rothschild
George Soros però non è divenuto uno dei più aggressivi finanzieri del pianeta dal nulla. Per poter risalire alle origini della sua ricchezza occorre andare ancora più indietro del 1992 e guardare agli inizi degli anni 70 quando il finanziere, ancora sconosciuto al grande pubblico, collaborava assieme al suo collega con la Arnold & S. Bleichroeder, una finanziaria controllata dalla celebre, o meglio famigerata, famiglia di banchieri dei Rothschild.
Quando poi negli anni successivi, il miliardario americano decide di fondare il Quantum Fund lo fa assieme a Georges C. Karlweis, che dirigeva la banca dei Rothschild a Londra, la N.M. Rothschild & Sons LTD.
Queste informazioni fanno parte di una interessantissima ricostruzione e certosina indagine condotta negli anni 90 da Paolo Raimondi che all’epoca presentò numerose denunce ed esposti per denunciare il saccheggio dell’industria italiana per mano della rete di questa dinastia di banchieri che domina l’Europa da due secoli ma di cui l’uomo della strada non sa praticamente nulla.
Dietro ogni partecipazione bancaria e dietro ogni uomo che lavora per le banche più potenti del pianeta, alla fine si risale sempre a loro.
Si può dire che coloro che lavorano ai massimi livelli nel mondo della finanza anglosassone alla fine non sono altro che degli emissari dei Rothschild e George Soros è certamente uno di questi.
A Soros però è stato affidato il compito di gestire i forzieri che finanziano l’agenda di queste forze che considerano nemici tutti coloro che contrastano l’accentramento del potere dal livello nazionale a quello transnazionale.
Ed è per questo che la definizione di “statista senza Stato” di Geoffrey Jones, professore di storia della finanza ad Harvard, coniata per il magnate è piuttosto calzante.
Soros deve curare gli interessi di quei poteri che vogliono costruire uno Stato globale che rimuova tutti gli altri attori e lasci sulla scena sola questa struttura centrale autoritaria controllata dalla finanza rothschildiana.
L’esteriorizzazione finale e brutale del Grande Reset di Davos, in pratica.
È per questo che Soros si può definire come una sorta di Adam Weishaupt moderno, il fondatore della loggia massonica degli Illuminati di Baviera, che alla fine del 700 diffondeva in Europa quello spirito illuminista rivoluzionario che partorì la rivoluzione francese e il mondo moderno liberale.
Soros e Weishaupt non sono altro che cerimonieri dell’agenda rivoluzionaria che vuole cancellare ogni residua traccia di identità e tradizioni delle nazioni per fondere tutto in una caotica pozzanghera chiamata “melting pot” che è l’espressione ultima del caos voluto dalla massoneria.
Questo è ciò che fa George Soros da più di 30 anni. Alimenta lo spirito della rivoluzione e trama contro la sovranità e la indipendenza delle nazioni.
Le rivoluzioni colorate non altro che l’espressione di quei processi rivoluzionari scatenati da Soros per eliminare quegli attori che si rivelano un ostacolo al compimento dei piani dei poteri da lui rappresentanti.
L’Ucraina è solamente uno degli esempi più famigerati che si può fare a questo proposito. Il padre dell’Euromaidan, il colpo di Stato che portò al rovesciamento dell’allora presidente Yanukovich nel 2014, fu proprio lui. Fu la sua rete di ONG a tessere il filo della eversione che trascinò l’Ucraina nel caos e permise l’instaurazione di un brutale regime filo-nazista.
Ed è anche su questo aspetto che si ravvisa la differenza tra il mondo Occidentale liberale e quello Orientale. L’Occidente liberale e le sue istituzioni democratiche sono dominate dai cordoni delle banche e della finanza.
L’Occidente ha fatto del liberalismo un totem pagano da venerare e lo ha sostituito alla cristianità.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Europa è dominata da un’organizzazione, l’Unione europea, che nonostante il nome non ha nulla di europeo in quanto essa nega tutti i suoi valori fondamentali.
Ed è in luoghi come Bruxelles, sconosciuti all’opinione pubblica europea, che si definiscono le politiche degli Stati membri che piuttosto che respingerle le applicano alla lettera a costo di mettere in atto le più feroci macellerie sociali, come accaduto in Grecia prima e in Italia poi.
Ed è in questi luoghi che finanzieri come il fondatore della Open Society sono ricevuti con tutti gli onori e vengono invitati a parlare ufficialmente al Parlamento europeo.
Quel Parlamento europeo che è in larga parte manovrato direttamente da Soros che ha ordinato la compilazione di una lista degli eurodeputati più vicini alla sua causa.
A Mosca e a Budapest le cose vanno diversamente. Le ONG del magnate sono state messe al bando. Soros è considerato per ciò che è sempre stato. Un professionista della sovversione internazionale il cui unico scopo è minare la sovranità degli Stati nazionali e rovesciare i governi di coloro che decidono di non obbedire alla sua agenda.
Fuori dall’Occidente, si è deciso di non rinunciare alla propria identità per abbracciare la società aperta degli apolidi.
Soros esiste in Occidente perché è il liberalismo che ha consentito a tali nemici dell’Europa di penetrare in ogni istituzione politica.
La riconquista della indipendenza dunque passa necessariamente dalla rinuncia al liberalismo come già fatto in Russia e in Ungheria.
La fine del liberalismo porterà la fine di Soros e di tutti gli infausti eredi di Weishaupt.
FONTE
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Un commento su “LA MACCHINA DELLA SOVVERSIONE DI GEORGE SOROS”