Quando l’ignoranza crassa trionfa. Quando l’in-cultura o, se preferite, la sub-cultura più becera va al Potere.
E’ il segno più tangibile, l’esempio che più classico non si può di un ‘nuovo’ (sic) governo per gli italiani. Un governo di ‘Destra-Destra’ che ha ben descritto Tomaso Montanari ai microfoni di Lilli Gruber: di inetti, di lillipuzziani, altro che gli impresentabili di un tempo, del tutto inadatto per un paese in condizioni normali, figuriamoci per uno alle prese con uno tsunami sociale ed economico senza pari.
Ha però dimenticato nel suo analitico excursus, l’ottimo Montanari, proprio la ciliegina sulla torta: la nomina alla Cultura di chi rappresenta, in carne ed ossa, l’antitesi della Cultura. Stiamo parlando, of course, di Gennaro ‘Genny’Sangiuliano, balzato dalla poltrona di direttore del Tg2 allo scranno ministeriale dal quale dipendono le sorti del nostro patrimonio culturale, e non solo. Proprio come affidare a Dracula la gestione Avis oppure ad Attila quella del Louvre.
La ‘Voce’ ha scritto decine di articoli e inchieste sul lungo itinerario giornalistico e politico del novello Vate partenopeo.
Ne potete leggere alcune cliccando sui link in basso. Da segnalarne uno di cinque anni fa, giugno 2018, profeticamente titolato: “Sangiuliano / Quel grande bagaglio culturale”.
Non siamo, cari lettori, su ‘Scherzi a parte’. E’ la sceneggiata che si fa, incredibilmente, ‘storia’. E Giorgia Meloni – gliene va riconosciuto in pieno tutto il merito – riesce in questa operazione degna del miglior San Gennaro, tanto per restare in terra vesuviana.
Ma prima di arrivare al cuore della story, partiamo dalle news.
L’UBIQUO GENNY PREELETTORALE
Davvero rocambolesche le ultime fasi della direzione al Tg2. Con un Sangiuliano in versione Zelig, capace di tener tra le sue mani il timone del Tg2 Rai (non di una tivvù rionale, come gli era capitato agli esordi della carriera) e al tempo stesso correre per dibattitti politici, anzi partitici, da un capo all’altro della penisola, e ‘moderare’ i meeting griffati Lega o Fratelli d’Italia. Senza che alcun vertice Rai abbia alzato un dito, notato qualcosa su una questione che avrebbe destato scalpore persino nella tivvù di Teheran.
Ecco l’appassionante escalation di appuntamenti dell’anchorman de noantri.
29 aprile, a Milano, il Nostro partecipa alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia: attenzione, non in veste di giornalista, ma di ‘attivista’, tra gli ‘ispiratori’ delle linee guida che dovranno caratterizzare il partito di Giorgia Meloni nell’agone elettorale.
Seconda tappa. Nel corso di una puntata di ‘Mezz’ora in più’, tra gli ospiti di Lucia Annunziata c’è un pimpante Ignazio Benito La Russa, il neo presidente del Senato, che parla del caro ‘Genny’, citandolo tra le personalità “compatibili con il governo e con l’Italia che vogliamo”, “persone pronte a sottoscrivere il nostro programma”.
Terza puntata. L’onnipresente Genny – sempre in sella al Tg2 – trova il tempo per una corsa alla Festa della Lega che si tiene a Cervia, per moderare l’intervento del Capo del Carroccio e grande amico di sempre (almeno da una decina d’anni), Matteo Salvini.
I vertici Rai? Zitti e muti. Solo dal sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini, l’Usigrai, si alza qualche flebile protesta. “Autonomia e indipendenza dei Tg della Rai, alla vigilia delle elezioni, per i vertici dell’azienda non sono più un problema. Dopo le parole di La Russa ci saremmo aspettati una risposta da parte dell’azienda. L’Usigrai aveva chiesto ai vertici di prendere posizione per difendere l’autonomia e l’indipendenza del Tg2, il cui direttore durante la campagna elettorale estende la sua responsabilità anche sugli approfondimenti giornalistici di Raidue”.
E di fronte al duplice silenzio (quella dei soliti vertici omertosi e quello di Sangiuliano che non smentisce) conclude l’Usigrai: “Qualunque sia la ragione di questi silenzi, a rimetterci sono i cittadini e il loro diritto ad essere informati secondo canoni di equilibrio, pluralismo, completezza, obiettività, imparzialità e indipendenza sanciti dal contratto di servizio pubblico della Rai”.
Canoni ormai diventati – e da molti anni – carta straccia in viale Mazzini.
La Russa trova il modo, comunque, di farsi notare, starnazzando contro le “becere strumentalizzazioni e attacchi ad uno stimato professionista che non sta scrivendo alcun programma politico né sarà chiamato a sottoscriverlo” (la ‘conferma’ in queste ore).
Solo un membro della Commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, censura gli episodi e chiede l’intervento dell’Amministratore delegato e dei consiglieri Rai, che ovviamente non rispondono. Commenta Anzaldi: “In qualsiasi altra stagione del servizio pubblico, un direttore che tiene un comizio pubblico ad una convention elettorale di un partito, addirittura prendendo in giro l’azienda perché aveva chiesto l’autorizzazione per moderare un dibattito, sarebbe stato già allontanato. Che diriga un tg in campagna elettorale e addirittura conduca, di fatto, l’unica trasmissione di approfondimento giornalistico in prima serata, è davvero senza precedenti. Se non intervengono su questo, Fuortes e la presidente Soldi che ci stanno a fare?”.
Ed infatti, nel corso di questa campagna, è stato raggiunto un livello di dis-informazione mai toccato nella storia di mamma Rai.
E poi osano riempirsi la bocca della disinformatia russa!
Ai confini della realtà.
Come davvero, ai confini della realtà, è tutta la carriera del grande Anchor Manin salsa partenopea.
Che cerchiamo qui di riassumere, fior tra fiori, per sommi capi, invitandovi però di nuovo a ri-leggere quanto la Voce ha pubblicato sul neo Vate della Cultura negli ultimi anni attraverso i link in basso.
DA SUA SANITA’ AL TANDEM SALVINI-MELONI
Comincia esattamente trent’anni fa, alla corte dei due ras della sanità in Campania e non solo. Stiamo parlando di Ferruccio De Lorenzo, presidente quasi a vita dell’Ordine dei Medici a Napoli, e del rampollo Francesco, che con la maglietta del PLI guidato dall’Altissimo (Renato), diventa magicamente ministro della Sanità.
Le prime ‘istantanee’ dello scodinzolante ‘Genny’ sono quelle al ‘Pascale’ di Napoli, il feudo ‘anticancro’ della dinasty dei De Lorenzo: lui, corto e già con la pelata, trafelato con una borsa per ogni mano, dieci passi dietro ai due ras. Il portaborse nel senso più classico e letterale del termine.
Tanto sudore e tanto zelo gli valgono la prima direzione: quella di un foglio sanitario, ‘Gli amici del Pascale’, per raccogliere le voci, le speranze, i problemi dei malati e dei loro familiari.
Seguono poi altre due esperienze redazionali, sempre sotto la protettiva alla ‘liberale’ e, soprattutto, delorenziana: le matura con ‘L’Opinione del Mezzogiorno’ ed ‘Economy’.
Ma la carta stampata, per il rampante Genny, va ormai stretta ed è scoccata l’ora delle tivvù: passa quindi ad occuparsi dei notiziari di ‘Canale 8’, l’emittente che fa capo alla PD2, come veniva all’epoca chiamato l’asse trasversale formato da ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino, da Sua Sanità De Lorenzo, e da Giulio Di Donato, già vicesegretario nazionale del Psi di Bettino Craxi.
Dopo cotal gavetta, è tempo, per il Genny partenopeo, di tornare alla carta stampata, prima locale e poi nazionale: dal ruspante ‘Napoli Notte’ al ‘Libero’griffato Vittorio Feltri il salto non è poi così lungo. E proprio con il giornalista-scrittore bergamasco firmerà un libro a quattro mani, anni dopo, titolato “Quarto Reich – Come la Germania ha sottomesso l’Europa”.
Indimenticabile, comunque, il primo volume scritto per difendere l’onore del Sud, calpestato dal profanator-piemontese Giorgio Bocca con il mitico e profetico ‘L’Inferno’ del 1992. La risposta, affidata alle penne dell’allora capocronista del ‘Mattino’ Ciro Paglia (altro devoto di Sua Sanità De Lorenzo) e dell’onnipresente Genny, non si fa attendere e s’intitola ‘Il Paradiso – Viaggio nel profondo Nord’, che si fa notare soprattutto per gli strafalcioni storici e grammaticali.
Nel frattempo, of course, il rampante Sangiuliano non può dimenticare l’impegno politico. E anche in questo senso può mostrare le sue eccelse capacità trasformiste, da Zelig allo stato puro. Se infatti gli esordi con i calzoncini corti erano tutti all’insegna de ‘Il Fronte della Gioventù’ (stessa palestra per i suoi attuali capi, Meloni e La Russa), per poi passare allo stile lib di casa De Lorenzo, il seguito sarà tutto caratterizzato dall’adesione al Verbo di Silvio Berlusconi &C., in seno alla Casa delle Libertà, sotto i cui vessilli si candida per Montecitorio 21 anni fa, in occasione delle politiche 2001: ma il collegio Chiaia-Vomero-Posillipo lo boccia.
Appuntamento solo rimandato. Perché 21 anni dopo, appunto, entra al Quirinale per ricevere da Sergio Mattarella uno degli incarichi più prestigiosi: quello di ministro della Cultura.
Dove supera la concorrenza di due nomi del calibro, comunque, di un Vittorio Sgarbi e di un Giordano Bruno Guerri. Certo non cime, ma neanche ectoplasmi alla Genny, cui è affidata la ‘cura’ di uno dei patrimoni più importanti al mondo.
Ricordate i ‘Bignami’ d’un tempo? I famosi riassuntini per studenti che volevano passar l’esame senza affannarsi troppo?
E ti consentivano una semplice ‘infarinatura’, tanto per far fesso il prof di turno? Per quel minimo di ‘erudizione’ che non c’entra niente con la cultura? Per un ‘nozionismo’ terra terra che non ha nulla a che vedere con una formazione a 360 gradi?
Bene, noi alla Cultura abbiamo oggi il Bignami.
Non pretendiamo certo l’Enciclopedia Britannica. Ma almeno una Treccani…
LINK
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2 pensieri riguardo “GENNY SANGIULIANO / QUANDO LA SUB-CULTURA VA AL POTERE”