La città dei morti senza pace.
La città dei vivi (sic) che si dimenano ormai come zombie tra strade ‘sgarrupate’ come neanche dopo le bombe americane su Baghdad, monnezza eterna, sanità da quinto mondo, scuole da Far West, criminalità ormai endemica (o pandemica) ed ‘Istituzioni’-fantasma, tra un Comune governato da sindaci-ectoplasma da decenni e uno Stato totalmente assente.
Partiamo dalla ‘città dei morti senza pace’.
Una drammatica storia davvero ai confini della realtà.
CITTA’ IN CRAC
Era stato riaperto da pochi giorni il cimitero monumentale di Napoli, dopo il crollo di una cappella del 5 gennaio 2022. E subito è stato richiuso, per il crollo di una seconda cappella.
Scene da horror movie sia la prima che la seconda volta: ossa sparse dappertutto tra polvere e macerie, loculi distrutti, bare in pezzi oppure sinistramente pencolanti nel vuoto.
I due crolli in zone ben distanti, ma sempre all’interno del cimitero di Poggioreale, subito ri-chiuso dopo la ri-apertura lampo.
Famiglie disperate, perché non è più possibile ricomporre le spoglie dei propri cari, a meno di lunghe e complesse prove a base di DNA: il minimo ‘sindacale’ – è il caso di dire – per un Comune che non sia, altrimenti, a livello tribale.
E tra poco si celebrerà la ricorrenza dei morti, quel 2 novembre nel cuore di tutti i napoletani che in quei giorni si riversano in massa nello storico cimitero per rendere omaggio ai propri amati.
Anche questo, stavolta, verrà negato ai cittadini.
I quali ormai sono esasperati per lo stato sempre più comatoso di una città che sta morendo ogni giorno, sotto occhi sempre più attoniti e privi di speranza, tenuto anche conto che la situazione economico-sociale, se ha sempre toccato i livelli di guardia, ora rapidamente li sta oltrepassando, sfiorando ormai il baratro.
Ma vediamo, più in dettaglio, cosa è successo a partire da quel tragico 5 gennaio e cosa, soprattutto, ha provocato quella devastazione e anche l’odierna.
METRO’-KILLER
Un mare di acqua e fango, il 5 gennaio, ha invaso una cappella in cui si trovavano un centinaio di loculi. Scene, come detto, da film dell’orrore nel vero senso del termine.
Il Comune ‘si scusa’ con i parenti di chi ha subito quell’oltraggio, assicura il suo appoggio e garantisce la riapertura del cimitero in ‘tempi brevi’. Si parla di un mese al massimo. Scuse anche da ‘Metronapoli spa’, la società concessionaria dei lavori per realizzare la nuova linea metropolitana, i cui lavori – in realtà – sono cominciati 45 anni fa, non da ieri.
Metronapoli, quindi, ammette subito la sua responsabilità per il crollo della cappella. E non potrebbe fare altro, visto che da mesi andavano avanti i lavori per collegare piazza Garibaldi (dove si trova la stazione centrale ferroviaria di Napoli) con l’area di Capodichino, dove si trova (a poca distanza dal cuore cittadino, altro ‘scempio’ progettuale tra i tanti) lo scalo aeroportuale.
Il tracciato ‘passa’ sotto il cimitero di Poggioreale. Anche un alunno delle elementari, quindi, avrebbe immaginato i pericoli che tale percorso poteva produrre.
Sorge spontaneo il primo interrogativo: ma quali studi progettuali del cavolo sono stati mai fatti? Possibile che nessun rilievo ‘geognostico’ – ormai di prassi, obbligatorio – non abbia fatto suonare qualche campanello d’allarme e messo qualcuno in guardia?
O è successo come agli esordi, più di 40 anni fa, quando i primi fondi per il Metrò vennero stanziati senza neanche lo straccio di un progetto, ma solo la ‘tesi di laurea’ – udite udite – di uno studente della facoltà di Ingegneria che servì ai burocrati di Palazzo San Giacomo di ‘stoppare’ i tempi e assicurarsi i primi fondi?
Oppure quando i lavori sono poi ri-partiti ad inizio anni 2000 senza neanche lo straccio di una ‘VIA’, la ‘Valutazione d’Impatto Ambientale’ già da allora (teoricamente) obbligatoria anche per realizzare un terrazzino di una casa? Una storia da ‘giallo’ in salsa partenopea, quella: perché all’epoca, non sapendo che pesci prendere, assessori e burocrati partenopei pensarono bene di inscenare un vero e proprio ‘furto’: la VIA era stata ‘rubata’, i documenti trafugati, spariti. Ma no problem: la delibera per l’ok venne rifatta in un baleno e rivotata, anche se i lavori (fuorilegge) erano già abbondantemente già partiti.
UN LUNGO PERCORSO DI ILLEGALITA’
Ma di illeciti & illegalità è lastricato il percorso ultraquarantennale del metrò partenopeo, che la ‘Voce’ ha seguito, dettagliato e descritto in decine di inchieste lungo tutto il suo itinerario. Le potete trovare cercando nell’archivio della Voce, ossia cliccando nella casella ‘cerca’ la parola ‘Metronapoli’; oppure sfogliando le pagine del volume la ‘Metrocricca’ (lo trovate scorrendo lungo la barra a destra), edito dalla ‘Voce’ e dalle ‘Assise di palazzo Marigliano’, costola dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici fondato dall’avvocato Gerardo Marotta.
Una vera e propria galleria degli orrori e degli scempi, da autentico guinness dei primati, sul fronte delle opere pubbliche a livello internazionale, il Metrò made in Napoli.
Studi progettuali inesistenti in fase iniziale e poi affidati ad accorsati studi di Lorsignori: come quello (‘Rocksoil’) griffato Lunardi, l’allora ministro berlusconiano delle Infrastrutture secondo cui “l’Italia deve convivere con la mafia”, una frase passata alla storia.
I primi lavori di fine anni ’70 per il ‘movimento terra’ affidati alle ‘ruspanti’ ruspe del rampante clan dei Casalesi che faceva capo a Michele Zagaria.
Per eseguire i lavori? No problem. La crema dei mattonari partenopei e nazionali, finita regolarmente in Tangentopoli.
I costi? Stratosferici. Ormai incalcolabili, visto che a distanza di 45 anni i lavori ancora continuano. Ma c’è una cifra da brividi che fa pensare: il costo a chilometro risulta doppio rispetto a quello per il metrò di Roma (dove certo non mancano le ‘sorprese archeologiche’) e addirittura triplo rispetto a quello per costruire (in sette anni 7) il tunnel sotto la Manica, leggermente più ‘impegnativo’. E a far lievitare i costi anche le opere d’arte (sic) commissionate agli artisti ‘amici’: come la stazione ‘vulva’ di Monte Sant’Angelo, a un passo dallo stadio San Paolo.
E UN DILUVIO DI SCEMPI AMBIENTALI
E un diluvio di scempi ambientali. Perché il percorso del metrò ha letteralmente squarciato il cuore di Napoli, provocando danni a dozzine di chiese cittadine (poi chiuse), alla storica ‘Galleria Umberto’, al ‘Teatro di San Carlo’, al ‘Palazzo Reale’ di piazza del Plebiscito, e poi lungo tutta la celebre Riviera di Chiaia. Dove sono stati messi a segno due colpi non da poco: il massacro di uno dei pochi polmoni verdi cittadini, la ‘Villa Comunale’ (con la vegetazione bruciata dall’acqua marina infiltratasi per i lavori); e il crollo di un’ala dello storico ‘Palazzo Guevara’ che solo per un autentico miracolo di San Gennaro non ha provocato morti. Ma c’è ancora un processo in corso per accertare le responsabilità e che finirà – come al solito – a tarallucci e vino, in beata prescrizione.
Come del resto non è neanche mai decollata un’inchiesta partita nel 2009 dopo la denuncia di un agguerrito comitato di inquilini capeggiato dal battagliero ingegner Elio Caselli: già allora, in modo profetico, venivano denunciati tutti i rischi per lavori che mettevano a repentaglio il già fragile (e soprattutto tufaceo) sottosuolo di Napoli. E venivano documentati danni ‘strutturali’ provocati dai lavori del metrò in una serie di palazzi che affacciano su piazza Municipio, dove ha sede Palazzo San Giacomo.
Come del resto sono rimaste sempre totalmente inascoltate le arci-documentate (e anche stavolta profetiche, ma Lorsignori lo etichettavano come ‘iettatore’) denunce sui danni da Metrò del geologo Riccardo Caniparoli.
E a proposito: quale controllo, quale supervisione ha mai effettuato il Comune di Napoli, che pure aveva una fondamentale voce in capitolo? Nessuno. Sempre zitti a muti, a palazzo San Giacomo. Con un ufficio ad hoc per anni affidato alle ‘cure’ del cugino di Paolo Cirino Pomicino, ‘O Ministro. Proprio mentre la poltrona di presidente di ‘Metronapoli’ veniva affidata a Giannegidio Silva, un ingegnere ma soprattutto un dirigente dell’ICLA, la società acchiappatutto nel dopo terremoto in Campania, sigla del cuore di ‘O Ministro. Un conflitto d’interesse gigantesco come Palazzo San Giacomo passato in cavalleria.
GLI ULTIMI AVVISI DI GARANZIA
Ma torniamo ad oggi. E tanto per restare in tema di inchieste della magistratura, qualcosa si è mosso tre mesi fa, lo scorso luglio, quando finalmente la procura partenopea si è decisa ad aprire un fascicolo d’inchiesta sul crollo del 5 gennaio.
Sono partiti 20 avvisi di garanzia ed è stata ordinata una superperizia: a firmare avvisi e richiesta di perizia i pm Giuseppe Tittaferrante e Federica D’Amodio, coordinati dalla procuratrice aggiunta Simona Di Monte. La superperizia è stata affidata ai docenti universitari Paolo Grazioso e Nicola Augenti, i quali dovranno rispondere ai 6 quesiti posti dai pm.
Il nucleo base ruota intorno alle famigerate progettazioni: sono state effettuate con la dovuta cura? Oppure si registrano difetti proprio nelle progettazioni? Ed anche: sono state adottate le dovute cautele nell’eseguire i lavori che hanno poi portato al crollo fatale, o meglio ai crolli fatali? Di tutta evidenza, anche il secondo episodio dovrà essere attentamente valutato dai periti incaricati.
I 20 avvisi di garanzia hanno raggiunto il responsabile del procedimento (ossia dei lavori lungo la tratta), Serena Riccio; il progettista strutturale Francesco Paolo Russo; il direttore dei lavori Filippo Cavuto; i rappresentanti di MN-Metropolitana di Napoli, concessionaria dei lavori, ed in particolare il presidente Ennio Cascetta e il direttore tecnico Giovanni Argenziano.
Il vero padre della linea metrò, Cascetta, per anni assessore regionale ai Trasporti nella giunta guidata da Antonio Bassolino.
Poi il ‘salto ministeriale’, quando una decina d’anni fa va ad occupare la strategica poltrona di Capo Ufficio Missione, un dipartimento strategico al Ministero delle Infrastrutture: incarico per anni ricoperto dal grand commis di Stato Ercole Incalza, tra i protagonisti nel grande affare dell’Alta Velocità.
Tornato a Napoli, il potente Cascetta ha trovato un’altra comoda
Poltrona, quella di Presidente a Metronapoli, la società che ha letteralmente massacrato la città, più delle bombe in tempo di guerra.
E Lorsignori hanno anche il fegato di non lasciare in pace nemmeno i morti…
P.S. Accerterà, la magistratura partenopea, finalmente le responsabilità diTUTTI gli autori del massacro, ben compresi gli ultimi sindaci di Napoli (Bassolino, Iervolino, de Magistris, Manfredi), dei burocrati di Palazzo San Giacomo che non hanno controllato, dei vertici di Metronapoli responsabili dei lavori?
Sarà il solito polverone salvatutti o si farà, una buona volta, chiarezza e, soprattutto, GIUSTIZIA?
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