Adesso basta un mazzo di rose bianche per cancellare un passato di stermini nazi-fascisti.
Così pensa il neo presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, di fare i conti con il tempo che fu, cancellare con un colpo di spugna gli anni di manganelli e olio di ricino, di stretta collaborazione con il Fuhrer che infornava gli ebrei.
Stiamo parlando, of course, di Ignazio Benito La Russa, il quale pensa di aver ‘liftato’ i suoi trascorsi, il suo curriculum, la sua storia, con un bel fascio di rose consegnate a Liliana Segre e un discorsetto che più retorico, scontato e para-ecumenico non si può. Subito salutato da una gongolante Giorgia Meloni: “Abbiamo eletto un Patriota”.
Se il buongiorno si vede dal mattino, è già notte fonda per il nascente governo di destra, notte che più NERA non si può.
Ottiene i voti di Fratelli d’Italia e Lega ma non di Forza Italia, il neo presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, e anche un sonoro vaffa da Silvio Berlusconi. E c’è nell’aria tutta la voglia di presentarsi già da ‘separati’ alle consultazioni con il capo dello Stato Sergio Mattarella: Meloni e Salvini a braccetto, i forzisti per conto loro.
La ciambella di salvataggio, comunque, era già bella e pronta: un drappello di 17 ‘franchi sostenitori’ arruolato in fretta e furia, con ogni probabilità per lo più costituito da renzian-calendiani già pronti a mettere i loro voti sul mercato, da perfetti trasformisti (per usare un eufemismo) come sono.
Per questioni di ‘memoria storica’ ci sentiamo in dovere di rammentare ai nostri lettori alcune chicche del lungo percorso politico di Ignazio Benito La Russa. Perché il passato non si cancella strappando le pagine indigeste o cancellando a penna i passaggi meno ‘presentabili’.
QUEL GIOVEDI’ NERO DI BOMBE E SANGUE
I primi anni non si dimenticano mai e quelli di Ignazio Benito sono griffati ‘Fronte della Gioventù’, di cui è stato a Milano, negli anni bollenti degli scontri rossi-neri, il portabandiera.
Approda ai vertici mezzo secolo fa, nel 1971, e dopo solo due anni, il 12 aprile ’73, fu subito ‘Giovedì nero’, con furiosi scontri e due bombe a mano SRCM modello 35 lanciate contro i poliziotti (quei poliziotti proletari di pasoliniana memoria): rimase ucciso sul campo l’agente Antonio Marino di 22 anni. E lui, Ignazio Benito, all’epoca “fu indicato come uno dei responsabili morali di quei lanci di bombe”.
Il padre, Antonino La Russa, fu segretario politico del Partito Nazionale Fascista di Paternò (dove nacque il neo presidente del Senato) negli anni quaranta, e nel dopoguerra venne eletto senatore tra le fila del Movimento Sociale Italiano.
Un fratello, Antonio La Russa, è ex europarlamentare di Alleanza Nazionale ed ex assessore alla protezione civile nella Regione Lombardia governata da Roberto Formigoni (i cui ‘domiciliari’ sono terminati proprio pochi giorni fa); nell’attuale esecutivo lombardo è stato scelto come assessore alla Sicurezza. Ed è balzato alla ribalta delle cronache pochi giorni prima del voto, per la precisione il 19 settembre 2022, in occasione dei funerali del cognato Alberto Stabilini: Antonio La Russa è ripreso in un video mentre esegue il saluto romano e con gli altri presenti si esibisce al grido ‘camerata Stabilini, presente!’.
Pochi giorni prima, il 15 settembre, nel corso di una trasmissione tivvù, il neo numero uno del Senato così esterna: “Siamo tutti eredi del Duce”.
A proposito di saluti romani, di tutta evidenza li ha proprio impressi nel suo DNA, Ignazio Benito: cinque anni fa, nel corso di una discussione alla Camera sul disegno di legge proposto dal Pd Emanuele Fiano sul reato di apologia del fascismo, prende la parole, critica con asprezza il ddl, e termina il suo discorso eseguendo il rituale saluto romano.
COVID ALLA ROMANA
All’inizio della pandemia se ne esce, sui social, con una romantica idea: sostituire la ormai insalubre stretta di mano con il più igienico saluto fascista, che oltretutto consente il ‘distanziamento sociale’ tanto invocato dai virologi.
Ma una delle trovate più rocambolesche è un’altra e trova spunto nella sempre detestata e indigesta ‘Festa per la Liberazione’, quel maledetto 25 aprile. Cosa propone la sua vulcanica mente, proprio in Senato, il 18 aprile 2020? Di trasformare il 25 aprile ne
“Il giorno del ricordo delle vittime di tutte le guerre, comprese quelle del Covid-19”. Capito? Peccato che la proposta non sia mai andata in porto.
Andò invece in porto ed ebbe miglior sorte, nel 2009, un’altra sua epica proposta: quella di ottenere il riconoscimento ufficiale del 18 marzo come festa nazionale, in ricordo della proclamazione, nel 1861, del ‘Regno d’Italia’. Peccato che il Nostro se ne sia già dimenticato: perché nel suo fresco primo intervento come numero uno del Senato, commentando le parole di Liliana Segre sulle feste nazionali che ci riuniscono, lui propone anche quella per il ‘Regno d’Italia’: si tratta forse di un bis?
Non passò certo inosservata, sempre nel 2009, la sua presenza come ministro della Difesa nel governo Berlusconi: fu infatti proprio Ignazio Benito a convincere un recalcitrante Cavaliere a partecipare direttamente all’intervento militare in Libia per detronizzare Gheddafi nel 2011, tanto per non lasciar soli i francesi a cantar vittoria. Poi sappiamo tutti cosa è successo in Libia, quale ‘democrazia’ vi è stata esportata e gli attuali drammi che il Paese sta attraversando.
E sempre alla Difesa il dinamicissimo La Russa si fece notare per la decisione di acquistare una vera flotta di auto blu blindate: la bellezza di 19. Neanche Trump.
Altra chicca in campo finanziario e professionale. A monte della story ci sono gli antichi rapporti familiari con la dinasty sicula (anch’essa originaria di Paternò) dei Ligresti, e in particolare, naturalmente, con il padre-padroneSalvatore. Come legale, Ignazio Benito seguì tantissime pratiche e vertenze legate al gruppo assicurativo Fonsai. La magistratura milanese, in particolare il pm Luigi Orsi, puntò i riflettori sul bel bottino racimolato dall’avvocato La Russa (450 milioni di euro) tra il 2008 e il 2011, proprio quando era ministro della Difesa. E nell’inchiesta – alla fine arenatasi – facevano capolino pagamenti Fonsai indirizzati a vari componenti della famiglia: come il nipote Vincenzo La Russa e il figlio Geronimo.
UN FIORE TIRA L’ALTRO
E la chicca politica è di un anno e mezzo fa, 28 marzo 2021, quando in qualità di vicepresidente del Senato, ha ricevuto proprio a palazzo Madama due pezzi da novanta di ‘Forza Nuova’, la formazione nazi doc: Giuliano Castellino eRoberto Fiore, il capo indiscusso. Ricordiamo – sempre per tener viva la ‘memoria storica’ – che Roberto Fiore non è stato solo il protagonista del raid squadrista di un anno fa esatto, con l’attacco e la devastazione alla sede nazionale della Cgil. Ma negli anni ’90 è stato latitante a Londra per ben 9 anni, al fine di evitare la galera dopo una pesantissima condanna per tentata strage: anni di vacche grasse, per il Fiore nero, tra mega compravendite immobiliari e viaggi in Libano, presso i campi di addestramento dei falangisti.
E ora con un mazzo di Fiori il grande equilibrista Ignazio Benito pensa di aver azzerato i conti con un passato che più NERO non si può.
Ma fateci il piacere, avrebbe chiosato il grande Totò.
P.S. Solo poche parole per il presidente della Camera, il fedelissimo di una vita per Matteo Salvini, ossia il veronese Lorenzo Fontana. Fino a ‘ieri’ convinto ‘No euro’, ‘ultraconservatore’ dichiarato, ‘antislamico’ doc, ‘omofobo’ a tutto tondo.
Giusto una chicca da ricordare nel suo curriculum tutta Lega, casa e chiesa (ma siamo certi che Papa Francesco non è d’accordo su una sola idea made in Fontana). Quattro anni fa, a luglio 2018, chiese l’abolizione della legge Mancino (una delle poche cose buone fatte dall’allora ministro degli Interni avellinese) del 1993, adottata per sanzionare atti, azioni e slogan ispirati all’ideologia nazifascista. Adducendo quali motivi? Secondo l’illuminato Fontana quella legge, nel corso degli anni, si era “trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo italiano”.
Capito chi abbiamo, oggi, come terza carica dello Stato?
Peggio di così, per Senato e Camera, MAI.
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3 pensieri riguardo “IGNAZIO BENITO LA RUSSA / BASTA UN ‘FIORE’ E SCORDAMMOCE ‘O PASSATO”