CASA BIANCA / ECCO COME HA ORCHESTRATO LA “DISINFORMAZIONE” SULLA PANDEMIA    

Sta man mano venendo alla luce, negli Stati Uniti, la maxi operazione di ‘disinformazione’ orchestrata dalla Casa Bianca sul fronte della pandemia. E continui tentativi di delegittimare    ricercatori, attivisti, giornalisti e tutti coloro che invece hanno cercato di svelare ‘fake news’ e dar invece notizie ‘solide’ sotto il profilo scientifico.

I pesanti condizionamenti governativi e le intimidatorie azioni di disturbo ad opera della Biden Band cominciano ad emergere soprattutto grazie al lavoro di due procuratori generali, Eric Schmitt del Missouri e Jeffrey Landry della Louisiana, che hanno intentato una causa contro il governo americano per aver violato il Primo Emendamento, avendo esercitato pressioni sulle società di social media al fine di censurare i contenuti ‘scomodi’, calpestando quindi i diritti degli utenti.

Eric Schmitt. In apertura Robert Kennedy jr.

Addirittura, gli 007 governativi avrebbero individuato i primattori di una vera e propria gang ‘disinformativa’, denominata la ‘Disinformation dozen’, ossia 12 personaggi ritenuti responsabili della maggior parte dei contenuti ‘anti-vaccino’ sui social media.

Un esempio su tutti: Robert Kennedy junior, figlio di Robert e nipote di John Fitzgerald Kennedy, fondatore e animatore dell’associazione ‘Children’s Health Defence’ e del sito ‘The Defender’, finalizzati a tutelare la salute dei più indifesi, i bambini, soprattutto sul fronte dei vaccini.

 

Ecco cosa dichiara un’altra ‘disinformatrice’ di professione, secondo le indagini governative, ossia l’ostetrica-ginecologa Christiane Northup: “In quanto una della Disinformation Dozen, sono entusiasta di vedere che sia Schmitt che Landry hanno avuto il coraggio di prendere posizione contro la massiccia e ben orchestrata censura che ha tentato di mettere a tacere me, i miei colleghi e centinaia di altri. Era ora”.

Jeffrey Landry

Forti e vibrate le dichiarazioni di Robert Kennedy junior, uno della ‘sporca dozzina’, denominazione che riecheggia i titoli dei vecchi western o il film di Quentin TarantinoThe Hateful Eight’: “Sono stupito che qualsiasi democratico eletto sia così estraneo alla storia e ai valori della nostra nazione da considerare accettabile per un presidente (Biden, ndr) fare pressione sugli editori per censurare i suoi critici”.

E va giù ancor più duro, Kennedy junior, un ‘environmental lawyer’, ossia un avvocato per l’ambiente: “E’ scioccante che un presidente degli Stati Uniti abbia coinvolto l’FBI e la sicurezza

Interna negli sforzi per reprimere il dissenso. Nessuno alla Casa Bianca ha letto Thomas Paine oppure Orwell o Huxley, Heinlein o Arthur Koestler oppure Hannah Arendt? Quali pensano fossero le lezioni che avremmo dovuto imparare dal Watergate? Dal maccartismo? O dal Vietnam? I costituenti hanno inserito il diritto alla libertà di espressione nel Primo Emendamento, proprio per garantire il nostro sacro diritto di criticare il nostro governo. Il Primo Emendamento non è lì per salvaguardare le conversazioni popolari o la parola approvata dal governo. Gli autori volevano specificamente proteggere i discorsi che il governo trova scomodi o addirittura detestabili. E non hanno incluso alcuna eccezione pandemica nella Costituzione”.

Molto soddisfatto per la prossima pubblicazione dei documenti governativi censori anche Kevin Jenkins, co-presidente della ‘Zelenko Freedom Foundation’: “La verità viene fuori ogni giorno di più. Questa importante causa ci dà voce mentre continuiamo a combattere per l’anima del Paese. Quando sono stato inserito nell’elenco ‘Disinformation Dozen’, mi ha ricordato un periodo storico oscuro in cui grandi uomini e donne del loro tempo sono stati attaccati e diffamati dallo stesso governo che sta tentando di censurarci dal diffondere la verità come un mantra. Stiamo trasformando la loro disinformazione in un movimento di verità!”.

Tutto nasce nel 2021, quando un’organizzazione no profit, ‘Center for Countering Digital Hate’, ha sostenuto che 12 persone, descritte come la ‘Disinformation Dozen’, erano responsabili della maggior parte dei contenuti ‘anti-vaccino’ presenti sui social media.

La Casa Bianca ha fatto leva proprio su questo studio per far pressione sulle Big Tech affinchè evitassero la diffusione e possibilmente censurassero quei contenuti ritenuti disinformativi e quindi, in pratica, sovversivi.

Il 16 luglio 2021, l’allora public relation man della Casa Bianca, Jen Psaki, dichiarò ai giornalisti che l’amministrazione Biden era in contatto regolare con le piattaforme dei social media ed era concentrata sull’incentivare l’applicazione delle regole sulla disinformazione. Ecco le parole di Psaki: “Abbiamo proposto, raccomandato di creare una solida strategia di applicazione che unisca le loro proprietà e fornisca trasparenza sulle regole. Ci sono circa dodici persone che producono il 65 per cento della disinformazione anti-vaccino sulle piattaforme dei social media. Tutti loro rimangono attivi su Facebook, nonostante alcuni siano stati addirittura banditi su altre piattaforme, incluse quelle di proprietà di Facebook”.

I primi documenti che stanno uscendo, grazie all’operazione-trasparenza dei due procuratori generali, mostrano che oltre 50 funzionari dell’amministrazione Biden e 12 agenzie sono stati coinvolti nel gigantesco sforzo di censura, esercitando continue e forti pressioni su Facebook, Twitter eGoogle in modo particolare.

Del resto, fin dai primi mesi della pandemia, proprio dagli Stati Uniti e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (sic) partirono le prime, chiare direttive censorie. Un preciso protocollo, infatti, prevedeva azioni di vera e propria intimidazione indirizzata non solo ai social ma anche, ad esempio, alle piattaforme di distribuzione e diffusione (anche online) di libri: un esempio su tutti Amazon. Il colosso di Jeff Bezos, anzi, sottoscrisse quel protocollo: tanto che le prime pubblicazioni che osavano mettere in discussione i vaccini vennero subito censurate, oscurate e bandite dalle piattaforme.

 

 

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