Orgia mediatica

Impressionante l’occupazione bulgara dell’informazione politica che la destra monopolizza all’antivigilia del 25 settembre. Chi per professione, o per curiosità, sfoglia le pagine delle news di Microsoft  proposte dal computer,  con una lettura non distratta scopre che si pongono come debordante dominio di testate destrofile, prima fra tutte la berlusconiana del ‘Giornale’ e con supporti collaterali delle agenzie ‘Vista’, ‘Quotidiano net’,  di uno schieramento di giornali ‘Amici’, sinergici con la preponderanza di messaggi televisivi delle reti private (Mediaset) e pubbliche (Rai, Tg2, organico alla destra,  di recente Tg1 della Maggioni).  Nella rassegna di prime pagine dei quotidiani nazionali spiccano due titoli, per far colpo sui lettori. Scrive il Foglio, creatura di Forza Italia “Meloni parla in piazza del Popolo e sotto al palco c’è anche quel mondo che fu missino e vede il lei il ricatto della storia”. Chiaro? A tifare per la borgatara della Garbatella c’è il popolo di nostalgici che sognano un revival del Ventennio, tutto nella norma della propaganda postfascista. Di non facile interpretazione è il titolo in copertina della Repubblica “L’Italia a noi”, che evoca consapevolmente o per distrazione dell’autore il fascista “A noi”.  Nel sommario informa i lettori: “Meloni, governeremo per cinque anni”. Salvini: “Non prenderemo ordini dall’Europa”. Berlusconi: “Putin voleva mettere a Kiev delle persone perbene”. Sempre in prima pagina Tito Boeri firma l’articolo “Il tabù del Pnrr” per dire che l’Europa sbaglia a non voler rinegoziare il piano e che non è un dogma religioso. L’autore del dubbio sulla validità temporale del Pnrr, alla luce di quanto è intervenuto dal momento della formulazione, ammette però il rischio della destra che dichiara di voler ‘rivoltare come un calzino il nostro Paese” e avanza dubbi sulle garanzie di piena attuazione delle misure previste per il Sud dell’Italia. Repubblica va oltre e riserva pagine su pagine all’evento del comizio di Piazza del Popolo. Nella seconda campeggia la gigantografia di quatteo esultanti quattro litigiosi, ma nella circostanza esultanti Berlusca, Carrocciaro della Padania, borgatara della Garbatella e del super moderato Lupi. Titolo a caratteri cubitali: La destra in piazza “Presidenzialismo anche da soli” (modello Putin, Orban e affini, ndr). Nel sommario, ignorati i temi dell’energia, della guerra in Ucraina l’annnncio del ‘Via al canone Rai, lo stop ai giudici che usano i poteri contro gli avversari politici (e quelli che assolvono quelli di destra? ndr)? In un riquadrato di seconda pagina trafiletto sull’endorsement per il Berlusca che ospite di ‘Porta a porta’ dell’amico Vespa assolve Putin perché poverino, “voleva a Kiev un governo perbene”. Il racconto di Repubblica continua nella terza pagina e poi nella rubrica ‘Botta e risposta’ Merlo commenta così i dubbi di un socialista sulla tenuta della democrazia con un governo della destra: “Siamo una democrazia e resteremo una democrazia”. Ecco una pia quanto avventata profezia. Qua e là, alcune citazioni delle prime pagine dei quotidiani. Il Giornale: “Meloni? Nessuna fine del mondo. La Casa Bianca smonta gli allarmi della sinistra”. Agenzia Vista: “Berlusconi: diciamo tutti assieme Viva Giorgia, Matteo e Forza Italia”. Adncronos: “Covid, Bassetti (virologo simpatizzante della destra): “Meloni ha ragione. Modello zero dei contagi. Un fallimento”. Mediaset: “Berlusconi. Centrodestra? Ma cerrrrrrrrrrrrto”. Il Giornale: “Giorgia veleno biondo (condividiamo la velenosità, ndr). Assalto della stampa estera aizzata dalla sinistra. Libero: “è la volta buona”. Il Tempo. “Cambiamo il Paese”. Eccetera. Più volte, accanto alle notizie, in alto a destra (ovvio a destra, ndr), la locandina a colori della pubblicità ‘Meloni a Napoli, Giorgia incontra la generazione z’.

Il giovanotto ha protezioni in alto nella nomenclatura oligarchica del Cremlino e tapino qual è cade nella trappola tesa da un esponente degli oppositori al regime di Putin. Nikolaj Peskov non è un rampollo qualsiasi, essendo figlio del portavoce di Putin. Dmitrij Nizovtsev, uomo del dissidente Novalny, dotato di verve creativa, telefona a Peskov ordinandogli di presentarsi immediatamente al commissariato militare per essere arruolato. Nikolaij, molto risentito (“come vi permettete, del tipo lei non sa chi sono io!”) risponde che non intende obbedire all’invito. “Risolverò la cosa a un più alto livello”. Che dire ‘tutto il mondo è Paese, ma un po’’ di più la Russia di Putin.


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