Esiste un patto di ferro tra il capo della Casa Bianca, Joe Biden, e uno dei più potenti studi legali statunitensi, ‘Lethon & Watkins’.
Non solo per i lauti finanziamenti che gli ha erogato in occasione delle ultime presidenziali contro Donald Trump, ma per una serie di ‘connection’ non poco border line.
Nel primo giorno del suo mandato, il presidente Biden ha provveduto a piazzare Nicholas McQuaid su una poltrona strategica, cioè a capo della ‘Divisione criminale’ del Dipartimento di Giustizia. McQuaid non è un avvocato qualunque: perché è uno dei principali legali-soci dello studio ‘Lethon & Watkins’.
E’ solo l’inizio di un rapporto più forte che mai. Rinsaldato con le generose elargizioni sempre dirette verso Joe Biden, culminate con quella da 1 milione di dollari tondi tondi proprio per le presidenziali 2020.
Ma chi è un altro socio da novanta nell’accorsato studio?
Philip Perry, marito di Liz Cheney, l’acerrima rivale di Donald Trump all’interno dello stesso Partito Repubblicano, trombata alle fresche elezioni nel suo Wyoming ma non per questo meno battagliera che mai, tanto da voler sfidare l’ex presidente in vista delle future primarie.
Incredibile ma vero, dunque: dello studio legale ‘grande elettore’ (e finanziatore) del democratico Biden, è potente socio (con una quota stimata tra 1 e 5 milioni di dollari, not nuts) nientemeno che il marito di una big dei repubblicani, Liz Cheney, figlia del più potente (e guerrafondaio) vice presidente che nella storia degli Stati Uniti, l’indimenticato e indimenticabile (per gli orrori e i massacri ‘ordinati’) Dick Cheney.
A tal proposito vi consigliamo vivamente di vedere il film ‘VICE – L’uomo nell’ombra’ del 2018, con uno straordinario Christian Bale che potete trovare sulla piattaforma di Rai Play, proprio sulla figura del potentissimo ‘presidente ombra’ di oltre vent’anni fa, quando alla Casa Bianca governava (sic) un decerebrato come George Bush junior, facile pupazzo nelle mani di uno che aveva sempre frequentato le stanze del Potere.
Ma torniamo all’oggi. E ai torbidi rapporti tra la famiglia Biden e lo studio legale ‘Lethon & Witkins’.
Il rampollo presidenziale, Hunter Biden, infatti ne combina di tutti i colori, come la ‘Voce’ ha documentato in svariati articoli e inchieste. Durante la vicepresidenza paterna (con Barack Obama alla Casa Bianca) ha fatto affari da milioni e milioni di dollari – guarda caso – proprio in Ucraina, tanto da essere nominato nel ristretto board di ‘Burisma’, la società di stato energetica di Kiev (l’equivalente del nostro ENI). Lauto l’appannaggio mensile, da circa 50 mila dollari, ma soprattutto misterioso il motivo della scelta, visto che l’eccentrico Hunter non sa neanche cambiare una lampadina.
Non solo Ucraina, per l’ubiquo Hunter: che ha fatto milioni con la pala anche in Cina.
Cifre, carte e documenti di tali affari sono contenuti in un bollente hard disk, che l’FBI (ma anche la CIA) ha in mano da tempo, ma fino ad oggi non ha ancora utilizzato a fini d’inchiesta penale. Sul giallo ha scritto un libro, uscito quasi un anno fa, una nota giornalista investigativa americana, Miranda Devine: s’intitola ‘Laptop to Hell’ e ne racconta di cotte e di crude sull’intera dinasty presidenziale.
Guarda caso, i destini si incrociano. Perché visti i tanti business in mezzo mondo, Hunter ha svariati contenziosi con il fisco Usa.
E chi lo difende davanti al gran giurì del Dipartimento di Giustizia a stelle e strisce? L’avvocato Chris Clark. Il quale – vedi un po’ – è un altro socio dell’onnipresente studio legale ‘Lethon & Watkins’.
Studio che non disdegna anche i contenziosi internazionali ed è addirittura a sua volta presente nel cda di una importante società tecnologica cinese (un piacere ad Hunter and father?): si tratta della ‘TME Exelon Corporation’, un braccio operativo da non poco della strategica ‘China National Nuclear Corporation’ (CNNC).
Com’è piccolo il mondo…
Philip Perry lavora ormai da quasi 15 anni presso il ‘suo’ super avviato studio legale. Gli affari, in casa Perry-Cheney, vanno dunque a gonfie vele. E sono ulteriormente cresciuti da quando Liz s’è tuffata anima e corpo in politica.
Secondo i calcoli effettuati dal ‘Center for Responsive Politic’, il patrimonio netto della sola figlia del ‘mitico’ Dick Cheney è lievitato di 7 milioni di dollari nel 2017, fino a superare incredibilmente il tetto dei 40 milioni di dollari appena tre anni dopo, nel 2020. Lei, come un giglio candido, al fisco dichiara tre incarichi: uno come ‘amministratore fiduciario’ presso l’Università del Wyoming; l’altro come membro del board di una non meglio precisata ‘holding’; e il terzo come titolare di una ‘fiduciaria’ di famiglia.
Tutto a base di tanta ‘fiducia’…
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