Ai tanti estimatori di superficie di Camillo Marino, che del fondatore di “Cinemasud” e del “Laceno d’Oro” conoscono gli aspetti esteriori della sua complessa personalità, la foto accanto a Gore Vidal (che pubblichiamo in questa pagina, dall’archivio personale di chi scrive) susciterà presumibilmente stupore.
Per quanti, invece, nella seconda metà del Novecento vivevano nella Costiera Amalfitana o la frequentavano, non desterà alcuna sorpresa vedere seduti allo stesso tavolo, in un incontro culturale, uno dei più illustri narratori (La statua di sale, Myra Breckinridge, L’età dell’oro), saggisti (La fine dell’impero, L’invenzione degli Stati Uniti) e sceneggiatori (Pranzo di nozze, Ben Hur, Improvvisamente l’estate scorsa, Dimenticare Palermo) del XX secolo, scomparso il 31 luglio di dieci anni fa, e l’intellettuale irpino che di Atrani e della Costa d’Amalfi aveva fatto la sua seconda patria, fino a diventarne – come attesta autorevolmente anche Sergio Lori nel libro Dolcevita a Napoli – uno dei protagonisti indiscussi della vivacità culturale e della vita notturna tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
Lo ribadisce nel volume collettivo Ricordo Camillo Marino (Mephite, 2001) il giornalista avellinese Edoardo Borriello, che di Marino fu amico e collaboratore di “Cinemasud”, prima di intraprendere una brillante carriera a Roma, dove è stato a lungo caposervizio agli Esteri del quotidiano “la Repubblica” e oggi dirige “Il Nuovo Observer”, uno dei più prestigiosi siti di informazione in Italia: “Con la Costiera amalfitana Camillo aveva un legame davvero particolare. Ad Atrani possedeva un miniappartamento da cui poteva ammirare lo stupendo mare di Amalfi, e ogniqualvolta aveva bisogno di concentrazione e riposo si ritirava in questo meraviglioso rifugio. È stato così anche durante l’ultima convalescenza, pochi mesi prima di lasciarci per sempre. Come ad Atrani, anche ad Amalfi Camillo era una personalità, amico di tutti, soprattutto in quel “periodo d’oro” della Costiera che furono gli anni Cinquanta e Sessanta, e spesso partecipava anche alla vita notturna di Amalfi, della quale diventò ben presto uno dei protagonisti: lo si poteva incontrare di sera alla Torre Saracena, il locale allora più alla moda ad Amalfi. In quel periodo, non dimentichiamolo, la Costiera amalfitana era molto frequentata dal mondo del cinema: registi, attori, sceneggiatori italiani e stranieri. Lo ricorda lo stesso Camillo in un articolo di “Cinemasud”, dove parla di Amalfi come di “una piccola Cinecittà sul mare”. D’estate, fra gli altri, si fermavano in Costiera per lunghi periodi Roberto Rossellini e la sua famiglia, la moglie Ingrid e le figlie, Isabella ed Isotta, di cui Camillo divenne molto amico”.
In Costiera, testimoniano Borriello e altri autori, Camillo Marino si era fatto apprezzare non soltanto per la sua verve ma anche per la forte carica di idealità, l’impegno politico e sociale, l’intensa attività culturale. E quando nel 1985, il 30 agosto, volle presentare ad Amalfi il suo libro più importante, la summa della sua idea di cinema, Estetica politica e sociale del Neorealismo, trovò il Salone Morelli gremito di ascoltatori attenti, la convinta disponibilità dell’Amministrazione Comunale amalfitana e dell’Azienda del Turismo e, non ultima, l’autorevole partecipazione di uno dei più grandi scrittori americani al dibattito sul volume, sull’importanza del Neorealismo e sulle prospettive del cinema in Italia e nel mondo.
Nelle cronache dell’incontro, pubblicate su “Cinemasud” (nel Quaderno sul XXV Festival del Cinema Neorealistico) e su alcune testate di Amalfi, possiamo leggere: “La pubblicazione del libro Estetica politica e sociale del Neorealismo ha trovato una sua immediata collocazione culturale ad Amalfi, angolo di rifugio dell’autore Camillo Marino, l’amico dei pescatori e soprattutto dei giovani ai quali, con la sua severa e simpatica presenza umana e culturale, ha costantemente ricordato gli aspetti più veri della vita, invitandoli a non tradire le loro radici culturali ma a valorizzarle attraverso la lotta e l’impegno costante per la rinascita del Sud. Nel salone municipale erano presenti i volti della realtà quotidiana accanto a nomi di spicco quali lo scrittore Gore Vidal e personaggi della cultura e dello spettacolo; relatore del libro un giovane professore, vecchio amico di discussioni al Caffè Centrale di Amalfi”.
Quel giovane docente, Pasquale Mangieri, seppe enucleare efficacemente i temi portanti e soprattutto i motivi ispiratori del libro di Marino: “Camillo – egli scrive – è stato presente a un omaggio culturale con la semplicità e l’aggressività di sempre: uno spazio culturale non certamente riservato ai soli addetti ai lavori, ma affidato all’autocritica più spregiudicata, all’onesto senso della verifica storica dei problemi della cultura contemporanea. Non a caso il libro si inquadra in un flash fotografico significativo: una immagine eloquente del terremoto in Irpinia e la riproduzione di Totò e la Magnani; due istintivi ritratti che riassumono l’impegno sociale ed il rispetto per i rappresentanti di una cinematografia del dopoguerra che ha dato un contributo determinante proprio a quella corrente neorealistica di cui Camillo è fermo assertore. Non è stato difficile evidenziare il principio cardine che caratterizza l’attività culturale di Camillo: il cinema deve rappresentare una sequenza filmata dell’impegno dell’uomo nella cita sociale. Nell’analisi scientifica del mondo cinematografico, Camillo diventa irriverente e spietato per i tentativi estemporanei della cinematografia da cassetta o da «evasione» di tipo hollywoodiano e codifica il principio di un’estetica quale denuncia del sistema e edificazione di una società migliore”.
Era soprattutto quest’ultimo aspetto a stabilire un’affinità ideologica tra il giornalista e critico irpino e lo scrittore statunitense, che di Camillo Marino era anche coetaneo e ne condivideva l’amicizia con il regista Tinto Brass, per il quale Vidal aveva scritto la sceneggiatura del film Io, Caligola, protagonista Malcolm Mc Dowell, censurato in Italia ma molto apprezzato nel mondo anglosassone.
La vicinanza fra Vidal e Marino non è stata dunque casuale nè contingente. Lo scrittore era inoltre un estimatore convinto del Neorealismo, considerato il primo movimento di contestazione e di impegno etico nel cinema mondiale: “Gli italiani sono spesso autolesionisti, soprattutto quando il loro primato culturale è riconosciuto universalmente“, affermò in quell’incontro dell’85 ad Amalfi, dando atto al libro di Camillo di non “restare solo memoria ma testimonianza costante da raccogliere“.
Con Luigi Meneghello
alla Mostra di Venezia
Se Gore Vidal è stato per Camillo Marino l’interlocutore letterario più illustre, in termini di spessore culturale e di notorietà, il parterre di estimatori del direttore di “Cinemasud” è tuttavia molto più ampio e interessante di quanto si tenda a immaginare.
I nomi di Pasolini, Zavattini, Domenico Rea (tutti e tre protagonisti di primissimo piano del “Laceno d’Oro”, di cui lo scrittore napoletano e lo sceneggiatore di Ladri di biciclette sono stati anche presidenti) sarebbero sufficienti a darne l’idea, ma particolarmente proficua è stata la collaborazione con altri narratori e giornalisti che hanno lasciato un segno profondo nel Mezzogiorno, e non solo, tra i quali Luigi Incoronato, grande narratore molisano trapiantato a Napoli, o il siciliano Giuseppe Fava, ucciso nel 1984 dalla mafia a Catania.
Un estimatore insospettato di Marino e di “Cinemasud” si rivelò anche uno dei più importanti scrittori veneti del Novecento, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, Luigi Meneghello (celebre soprattutto per il successo di Libera nos a Malo e di I piccoli maestri), come apprendiamo dalla partecipe testimonianza che rilasciò a “Quaderni di Cinemasud” nel 2008 Gregorio Napoli, illustre e compianto critico cinematografico di Palermo, che di Camillo e di “Cinemasud” (prima e seconda serie) è stato uno dei più autentici amici e convinti sostenitori.
La “scoperta” avvenne in una conferenza stampa dell’edizione 2008 della Mostra del Cinema di Venezia, di cui riportiamo integralmente il brillante e commosso ricordo pubblicato sulla rivista “Quaderni di Cinemasud” da Gregorio Napoli: “Meneghello sedeva, autorevolmente e simpaticamente, sul proscenio al fianco di Daniele Lucchetti, regista de I piccoli maestri, derivato dal romanzo dello scrittore vicentino. Dall’assemblea dei giornalisti partì una domanda, scandita con voce profonda, in vigilante avellinese: la voce di Camillo Marino. Il quale, come pochi altri cronisti di razza, ubbidiva scrupolosamente al protocollo che impone l’annuncio del proprio nome e della propria qualifica, quando si impugna il microfono. Luigi Meneghello, prima di rispondere, abbozzò un largo gesto di letizia: “Camillo Marino? Ma io la conosco, leggevo “Cinemasud”, ammiravo i suoi saggi sul Neorealismo. Sono contento, davvero felice, di vederla”. Camillo abbozzò un sorriso, e me ne fece partecipe, volgendosi verso di me con il cenno del capo, come per dire – nella glossa non verbale di noi meridionali: “Hai visto? Siamo conosciuti, “Cinemasud” ha lasciato un segno, una memoria”. Eppure, Marino ed io avevamo mancato talvolta l’appuntamento con il Lido. Ed era cresciuta, frattanto, la pletora di web-inviati o, peggio, si era ignominiosamente ispessita la compagine delle scollacciate amazzoni esperte in satire invereconde ed impudicamente ansiose di dimostrare le proprie virtù. Abbiamo superato questo grigiore, sembrava dirmi Camillo. La nostra idea di cultura era sopravvissuta.
Due volti, due sorrisi, Marino e Meneghello. Un’unica consapevolezza”.
Nella foto Gore Vidal e Camillo Marino
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