Finalmente, dopo due anni e mezzo, siamo usciti dal tunnel.
L’incubo-pandemia è ormai dietro l’angolo, gli allarmismi e i terrorismi di Stato non sono più lontanamente giustificabili.
Le ‘pericolose’ varianti possono essere tenute sotto controllo. La pandemia, come previsto da tempo, si è man mano endemizzata, fino a trasformarsi in una forma influenzale.
E soprattutto, finalmente, sono state sdoganate le cure necessarie, i farmaci ad hoc per fermare il Covid-19 fin dai suoi primi sintomi.
Non è certo finita qui. Perché parecchie novità arrivano anche dal delicato fronte degli effetti avversi derivanti dai vaccini, sempre sottovalutati dai ‘Soloni’ di casa nostra e invece quanto mai pericolosi, soprattutto a medio e lungo temine. Motivo per cui è di fondamentale importanza saperne di più per quanto concerne le prassi da seguire per ottenere gli esoneri dal vaccino, a causa del rischio di trombi per mutazione genetica e sovraccarico anticorpale.
BEN OLTRE LE FAKE NEWS DEL MAINSTREAM
In estrema sintesi, ecco alcuni fra i temi affrontati dal virologo Giulio Tarro nel fresco di stampa ‘Covid-19 – La fine di un incubo’ (Edizioni Helikon) che tutti dovrebbero leggere per capirne di più, in modo chiaro e scientificamente inoppugnabile, su quanto succede a proposito di ‘Covid e varianti’, senza farsi stordire dalla grancassa dei media che in questi due anni e mezzo hanno totalmente rincoglionito gli italiani, a botte di fake news.
Per citarne solo una, quella – rimasta epica – tirata fuori dal cilindro di Mago Roberto Burioni, che meno di un anno fa, in una delle sue comparsate domenicali da Fabio Fazio, arrivò a dire, tanto per sminuire i rischi (concreti) derivanti dai vaccini (pur sempre ‘sperimentali’, e noi come cavie): “Sapete quanti sono fino ad oggi i morti dopo il vaccino in tutto il mondo dopo otto mesi di somministrazioni? Uno, 1 di numero, è successo in Nuova Zelanda”. Da 113 immediato.
Ma torniamo a cose serie. E quindi al volume appena uscito per i tipi di Helikon. Il terzo di una serie iniziata già anni fa, quando il terrore del Covid non si era ancora diffuso tra gli italiani (per via della dissennata politica governativa e del famigerato ‘Comitato Tecnico Scientifico’, con l’aiuto dei fuorvianti media e dei vomitevoli talk show). Nel 2018, infatti, Tarro aveva scritto un imperdibile “10 cosa da sapere sui vaccini”: parliamo di quelli tradizionali, da usare comunque sempre con estrema cautela e seguendo il principio di ‘massima precauzione’, come hanno sempre sottolineato sia Tarro che Luc Montagnier, il premio Nobel per la scoperta del virus HIV.
A giugno 2020, a pochi mesi dallo scoppio della pandemia, poi, il virologo napoletano e allievo prediletto di Albert Sabin (che scoprì il vaccino antipolio, senza ‘brevettarlo’ e quindi non per realizzare profitti, al contrario ad esempio di Pfizer e Moderna) è stato autore di un altro libro-cult, ‘Covid-19, il virus della paura’, in cui delineava, con largo anticipo, lo scenario che si è puntualmente verificato: scelte scellerate del governo e del ministro Andrea Speranza, che nei primi 10 mesi hanno letteralmente ‘vietato’ quelle cure, quei farmaci che avrebbero potuto salvare decine di migliaia di persone, come ad esempio – per fare solo un nome – l’idrossiclorochina che il direttore del celebre Ospedale per le Malattie infettive di Marsiglia, Didier Raoult, stava usando con successo sui suoi pazienti.
E veniamo adesso al fresco di stampa, ‘Covid-19 – La fine di un incubo’.
VIRUS, QUESTI SCONOSCIUTI
La prima parte è soprattutto di ‘divulgazione scientifica’, vale a dire per rendere accessibile, anche ai profani, una materia così articolata e complessa come la virologia.
Il primo capitolo, ad esempio, è dedicato alla ‘Ecologia dei virus’ ed il secondo a ‘DNA e RNA’. Se ne scoprono davvero delle belle, in un mondo tanto inesplorato, e soprattutto veniamo a sapere che i ‘virus’ non sono poi quei demoni che tutti ci vogliono far credere, a cominciare proprio dai tanti, troppi Saltimbanchi della Medicina ufficiale.
Per fare subito un esempio, a pagina 18 siamo informati della “sbalorditiva capacità dei virus e di altri microorganismi, detti estremofili, di resistere sul nostro pianeta in ambienti estremi”.
Eccoci poi (pagina 20) alle prese con “le strategie di insediamento dei virus nell’organismo bersaglio”, che “sono stupefacenti tanto sono sofisticate. Riescono a bloccare i sistemi di riconoscimento, gli ‘antigeni sentinella’ che tutte le cellule hanno sulla superficie per allertarsi contro intrusi pericolosi, ma fanno anche di più: come ‘pirati’, catturano molecole che poi utilizzano per ‘addormentare’ le difese dell’ospite”.
Passiamo quindi al “nostro sistema immunitario, una meravigliosa e complessa rete integrata di mediatori, chimici e cellulari, sviluppatisi nel corso dell’evoluzione per difenderci da qualsiasi forma di insulto chimico o infettivo e presuppone la capacità di distinguere tra le strutture endogene o esogene che non costituiscono un pericolo, e che dunque possono o devono essere preservate (self), e le strutture endogene o esogene che invece si dimostrano nocive per l’organismo e che devono quindi essere eliminate (non-self)”.
Prosegue l’analisi di Tarro: “Il vero lavoro per neutralizzare un’infezione spetta alla parte acquisita del sistema immunitario, la parte con armi mirate del sistema immunitario che continua a costruirsi e ad arricchirsi durante la vita”.
Intervenire in modo ‘violento’ sul nostro sistema immunitario, ‘manomettere’ in qualche modo questa ‘meravigliosa macchina’ con interventi inappropriati – come possono essere i vaccini, soprattutto se ‘sperimentali’ – significa introdurre una variabile difficile da controllare e dagli esiti incerti, soprattutto nel medio e lungo periodo.
Proprio per questo motivo, una della ‘terapie’ più idonee per fronteggiare lo stesso Covid-19 viene individuata da Tarro in quella antica ‘terapia del plasma auto immune’, quella – per spiegarci meglio – utilizzata subito negli ospedali di Mantova e Pavia, in particolare dal medico-ricercatore Giuseppe De Donno, ovviamente attaccato a testa bassa (è poi morto suicida) dai soliti Vati delle Provette & dal mainstream perché si trattava di una terapia estremamente economica (appena 80 euro per il trattamento), quindi ovviamente boicottata dalle star di Big Pharma, tutte impegnate nella corsa ai vaccini stramiliardari.
Passiamo ad un punto bollente, quello delle varianti.
IL NODO “VARIANTI”
Scrive Tarro a pagina 67: “La ‘strategia della tensione ha bisogno di essere costantemente alimentata. E allora a far paura adesso sono le varianti dei virus e, magari, l’idea che nei confronti di esse persino i vaccini siano inefficaci”.
Tarro fornisce delle indicazioni concrete, operative. “Innanzitutto occorre isolare i coronavirus dei soggetti vaccinati che sono stati di nuovo ricoverati in ospedale con Covid-19, perché sarebbe il primo segno che le varianti virali diventano resistenti all’immunità indotta dal vaccino. Secondo: bisogna mantenere attiva la sorveglianza e l’identificazione di nuove varianti, come hanno fatto nel Regno Unito, al contrario degli americani e del resto del mondo. Terzo: è necessario creare un deposito centrale dei sieri dei soggetti vaccinati per misurare la capacità neutralizzante dei vaccini in circolazione e di quelli nella fase tre delle prove cliniche. Quarto: è importante limitare la propagazione globale delle nuove varianti. Quinto: i vaccini sia a RNA messaggero che con vettore adenovirale, debbono essere prodotti in base ai cambiamenti di sequenza delle varianti virali. Sesto: le nuove varianti non sono diffuse per aerosol, come per esempio il virus del morbillo, e non hanno una distribuzione sulle lunghe distanze. Pertanto, la distanza fisica o l’uso delle mascherine possono prevenire il loro spargimento”.
Sintetizza l’autore: “In conclusione, le nuove varianti virali rappresentano un’evoluzione naturale del virus per la sua sopravvivenza e non rappresentano un serio pericolo per la salute, perché è possibile modulare i vaccini nei riguardi delle particelle modificate. Non ha senso pensare di eliminare questo virus, dobbiamo imparare a convivere con lui, come già stiamo facendo con molti altri virus”.
E ribadisce: “I virus non sono, come molti oggi credono, un nemico giurato da distruggere a tutti i costi. I virus, anzi, grazie alle capacità di mescolare i loro geni con quelli della cellula ospite, hanno contribuito all’evoluzione. Il DNA dell’uomo, ad esempio, è fatto per un terzo da geni ‘catturati’ da antichi virus. Così, ad esempio, una infezione virale ci ha regalato il gene che regola il sincizio-trofo-blasto, lo strato di cellule della placenta che impedisce il passaggio di sostanze pericolose della madre al feto”.
LA “SICUREZZA” DI QUESTI VACCINI
Eccoci quindi al vero punto dolente, quello che riguarda la sicurezza dei vaccini, certo non garantita dalle super affrettate sperimentazioni, dai test e dai trialsche hanno bruciato tutte le tappe previste perfino dalla sempre rigida statunitense ‘Food and Drug Administration’, che aveva stabilito la dead line al 31 dicembre 2023 (avete letto bene, 2023!).
Si chiede infatti, con estrema preoccupazione, Tarro (pagina 77): “Insomma, stanno vaccinando o stanno sperimentando su vastissima scala un nuovo farmaco? La nuova tecnica (quella dell’RNA messaggero, ndr) può essere considerata compatibile con la definizione di vaccino come ‘mezzo biologico’, mentre qui si tratta di un nuovo farmaco basato su frammenti di una molecola speculare all’acido nucleico? Sono domande lecite e non si dica che la ‘scienza’ abbia già fornito le risposte, perché la ‘vera’ sperimentazione di questo nuovo farmaco è cominciata con le vaccinazioni. E solo tra diversi anni, forse, sapremo che effetti ha prodotto”.
Tutti i cittadini sottoposti ai vaccini ‘sperimentali’, quindi, non sono altro che ‘cavie’: chiaro?
Ed è ancor più esplicito, Tarro: “Il problema più grande di questi vaccini – a nostro avviso – riguarda la sicurezza di questi ‘vaccini’. Chi può escludere che questi ‘vaccini’ non possano indurre una risposta infiammatoria non specifica ed immune?”.
E poi: “Dobbiamo correre tutti questi rischi di fronte ad un farmaco approvato in fretta e furia (quello di Pfizer-BionTech, ndr), che al momento ci viene di fatto imposto come il migliore vaccino, anche se propriamente non è un vaccino? Un vaccino inventato da una piccola azienda tedesca biotecnologica, sino a ieri con i conti in rosso, che da tempo senza successo lavorava su quella molecola RNA per altri fini e che ora grazie all’americana Pfizer (seconda tra le Big Pharma mondiali) si è trasformata nel ‘viagra’ dei vaccini? Un ‘vaccino’ che garantisce una breve immunità individuale e che quindi dovrà essere ripetuto a distanza circa di un anno e che tra l’altro non è neppure in grado di impedire agli stessi vaccinati la trasmissione del virus?”.
Interrogativi pesanti come macigni, ai quali nessuna autorità politica o scientifica ha mai voluto fornire una risposta esauriente. L’unica ‘autorità’ scientifica a sollevare pesantissimi dubbi sia sull’efficacia che sulla sicurezza dei vaccini è stato il ‘British Medical Journal’, il cui coeditore e direttore scientifico, Peter Doshi, ha avuto il coraggio di lanciare pesanti j’accuse fin da subito sull’efficacia dei vaccini di Pfizer e Moderna e poi addirittura sulla serietà (praticamente a livello zero) dei ‘trials’ effettuati nei centri accreditati negli Stati Unti da Pfizer.
Eccoci quindi ad una documentata sequela di accuse alle autorità di casa nostra per non aver adottato i provvedimenti ad hoc e non aver autorizzato l’uso di farmaci che avrebbero potuto salvare, nei primi drammatici mesi, tante vite innocenti.
“La gente è deceduta – mette nero su bianco Tarro – perché non sono stati usati i farmaci corretti. Siamo arrivati ad un tasso di letalità che è legato alla cattiva gestione dell’emergenza, a cure sbagliate (basti pensare al diktat governativo ‘Tachipirina e vigile attesa’!, ndr), a posti di terapia intensiva tagliati negli anni scorsi. Qui per usare l’idrossiclorochina abbiamo dovuto aspettare il Consiglio di Stato! Deve essere chiaro un concetto: il Covid si cura”.
I FONDAMENTALI TEST GENETICI PRE-VACCINO
Dulcis in fundo, una nota fondamentale, che potrà evitare nefasti effetti avversi per chi si sottoponga al vaccino secondo un’adeguata valutazione preventiva.
Riguarda alcuni esami genetici assolutamente necessari per capire se il vaccino può produrre effetti avversi, soprattutto a livello trombotico e per il sistema cardiocircolatorio. Si tratta di esami non semplici, anche costosi e che lo Stato dovrebbe rendere obbligatori, assumendosi l’onere della spesa. Perché è facile rendere obbligatori i vaccini tout court, fregandosene degli effetti avversi e di esami che possano evitarli!
Scrive Tarro a pagina 113 del suo ‘Covid-19 – La fine di un incubo’: “Numerosi studi hanno dimostrato che uno dei fattori di rischio per le patologie cardiovascolari è l’elevato livello di omocisteina nel plasma, causato da una ridotta attività dell’enzima metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR). Il polimorfismo A11298C determina una riduzione dell’attività enzimatica della MTHFR. Una riduzione dell’attività enzimatica è associata anche al polimorfismo C677T di MTHFR. Per le due mutazioni dell’MTHFR (se omozigote mutate o se sono entrambe eterozigosi) il rischio è aumentato se i valori di omocisteina circolante sono stabilmente aumentati. Elevati livelli plasmatici di omocisteina non solo rappresentano un fattore di rischio per manifestazioni trombotiche a carico del sistema arterioso, ma in associazione alle varianti Leiden del Fattore V e/o 20210 della protrombina, determinano anche un aumento del rischio relativo al tromboembolismo venoso”.
Conclude Tarro: “L’ipersensibilità del paziente rientra nel difetto congenito e del trasporto di aminoacidi, data la mutazione MTHFR presente, perché parliamo di trasformazione e utilizzo della melatonina e omocisteina e viceversa tra amicoaicidi. La mutazione genetica MTHFR in eterozigosi o in omozigosi del paziente lo rende ‘ipersensibile’ al contenuto vaccinale per un fattore elevato di rischio per manifestazioni trombotiche a carico del sistema arterioso”.
Per dirla in parole povere. Prima di farsi iniettare il vaccino, è fondamentale effettuare test genetici ad hoc, per verificare se il sistema cardiocircolatorio è in grado di sopportare l’impatto con il vaccino, a maggior ragione se quello ‘sperimentale’ a RNA messaggero.
Perché le autorità politiche e scientifiche del nostro Paese non lo fanno sapere alle ‘cavie’? Perché non impongono per legge (facendosene carico, a livello economico) tali test genetici in grado di evitare fatti traumatici ‘prevedibili’?
Uno dei tanti (e gravi) misteri della nostra ‘Scienza’ quotidiana.
P.S. Il libro di Tarro può essere ordinato attraverso il sito della casa editrice, ‘Helikon’. Sarà comunque in distribuzione nelle principali librerie italiane dai primi di agosto.
LINK
La Voce ha scritto molti articoli e inchieste relative a Giulio Tarro. Basta andare alla casella “CERCA” che porta all’archivio della Voce per reperirli, digitando nella casella ‘GIULIO TARRO’. Ecco comunque di seguito i link dei principali.
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3 pensieri riguardo “GIULIO TARRO / COVID-19, LA FINE DI UN INCUBO”