ORIGINI DEL COVID / TORNA LA PISTA DEI BIOLABORATORI AMERICANI DI FORT DETRICK

Il coronavirus è nato, cresciuto e ‘uscito’ in laboratorio.

Ma prima negli Stati Uniti e solo dopo alcuni mesi a Wuhan, in Cina.

La ‘Voce’ lo ha scritto in tante inchieste, da oltre un anno, riguardanti le ricerche border line svolte nei biolaboratori militari di Fort Detrick, in Virginia, ‘improvvisamente’ chiusi a luglio 2019 dopo un’ispezione del CDC americano che non ha mai rivelato quanto di terribile aveva scoperto, al punto da ordinare la chiusura temporanea di quegli storici laboratori.

E già da qualche mese – ha documentato la Voce – in Virginia i casi di “una strana, pericolosa influenza” erano in crescita esponenziale.  Ma nel totale silenzio dei media.

Adesso – meglio tardi che mai – ci stanno pian piano arrivando anche negli Stati Uniti.

 

LO SCIENZIATO AMERICANO SACHS DENUNCIA

Un noto scienziato americano, Jeffrey Sachs, è infatti pochi giorni fa intervenuto ad una conferenza promossa in Spagna dal think tank ‘Gate Center’ ed ha raccontato cose da far rizzare i capelli.

Ecco alcune tra le sue affermazioni bollenti: “Il Covid-19 non ha un’origine naturale, ma sarebbe fuoriuscito accidentalmente dalla biotecnologia di laboratorio degli Stati Uniti”.

“Sebbene non lo sappiamo con certezza, ci sono sufficienti prove che lo indicano e che dovrebbero essere esaminate”.

E ha puntato l’indice, Sachs: “Ma questa è una ipotesi che non viene indagata negli Stati Uniti e da nessuna altra parte”.

Ha quindi precisato: “Si tratta di un errore delle biotecnologia, non di un incidente di percorso naturale”.

Jeffrey Sachs presiede la ‘Commissione Covid’ della prestigiosa rivista internazionale di medicina ‘Lancet’. La quale però – va rammentato – all’inizio della pandemia incorse in un clamoroso ‘incidente’, per usare un eufemismo: pubblicò, infatti, un articolo ‘taroccato’ per screditare le prime cure anti-covid che si stavano affermando in Europa, soprattutto in Francia, grazie all’uso dell’idrossiclorochina messo in campo dal numero uno del celebre ospedale per le malattie infettive di Marsiglia, Didier Raoult.

Jeffrey Sachs

E anche in Italia si fa strada la pista americana che porta alle origini del coronavirus.

E’ infatti appena uscito il volumetto, pubblicato da ‘La Città del Sole’, titolato “Il Covid è nato negli USA?”, curato da Daniele Burgia, Massimo Leoni e Roberto Sidoli.

Trancianti le brevi note diffuse dalla casa editrice: “Tutti i fatti riportati dagli autori nel breve saggio dimostrano ed escludono, in modo categorico, che l’epidemia di Coronavirus non si è sviluppata e diffusa in tutto il mondo a partire dalla Cina e da Wuhan: essa invece era virulenta e attiva in Virginia e negli Stati Uniti fin da luglio 2019, quindi almeno tre mesi prima dell’inizio della pandemia”.

 

 

 

 

IL ‘DOPPIO USA’ E l’UBIQUO ANTHONY FAUCI

Nelle sue inchieste (alcune le potete rileggere cliccando sui link in basso) la Voce ha sottolineato soprattutto il ‘fattore temporale’, la sequenza ‘cronologica’ degli avvenimenti.

E cioè: a giugno il blitz dei CDC nei biolaboratori di Fort Detrick, a luglio l’ordine di immediata chiusura per motivi che si intuisce ‘molto gravi’ (ossia perdite di ‘sostanze’ dai laboratori), ma non meglio specificati, forse per non creare allarme. Quindi, dopo alcuni mesi, inizio 2020, la riapertura.

Ma la circostanza incredibile – e su cui andrebbe fatta piena luce, come chiede Sachs – è che poi, in occasione della riapertura, le autorità sanitarie statunitensi – in primis la star Anthony Fauci – non abbiano fornito alcuna spiegazione sui reali motivi della chiusura e sugli interventi fatti per ripristinare i livelli di sicurezza.

Un buco che più nero non si può, nei tanto ‘democratici’ e ‘trasparenti’ States.

Anthony Fauci

Tutto ciò, comunque, non esclude per niente che a Wuhan, mesi dopo, tra ottobre e novembre, siano successi fatti altrettanto gravi e altrettanto letali ‘fughe’ da laboratorio. E soprattutto dobbiamo, anche in questo caso, rammentare che nella ‘dirty story’ dei laboratori di Wuhan c’è sempre, immancabile, lo zampino americano. Perché una buona parte delle ricerche lì effettuate sono state finanziate non solo dal governo cinese, ma anche da quello a stelle e strisce: incredibile ma vero, una partnership tra ‘nemici’!

E sapete come ci sono riusciti? Il ‘National Institute of Allergy and Infectiuos Deseases’ (NIAID) diretto a vita dall’ubiquo Fauci, ha fatto arrivare cospicui fondi al laboratorio di Wuhan tramite una società molto ‘opaca’, la ‘EcoHealth Alliance’, guidata dal chiacchierato scienziato americano Peter Daszak.

Ma c’è anche la ciliegina sulla torta: perché Daszak fa fatto poi parte (come rappresentante Usa) della supercommissione inviata a Wuhan dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) per verificare se tutto era ok. Of course, tutto era ok, niente è saltato fuori: poteva mai Daszak accusare se stesso e il suo ‘mandante, l’intoccabile Fauci, sull’affaire di Wuhan?

 

CASA BIANCA A RISCHIO

Sorgono spontanei alcuni interrogativi alti e grossi come un grattacielo.

Potrebbero mai saltar fuori, sui media di tutto il mondo, storie del genere?

Potrebbero mai venire a galla ora, con il conflitto ucraino in corso, verità tanto deflagranti per gli Stati Uniti, i paladini di ‘libertà’ e ‘democrazia’?

Potrebbe mai subire colpi del genere la già traballante amministrazione del sempre più rincoglionito e ‘ricattabile’ (soprattutto dai ‘falchi’ del Dipartimento di Stato che vogliono la guerra a tutti i costi contro la Russia) Joe Biden?

E tutto ciò senza contare l’altra bomba ad orologeria sotto la Casa Bianca: quella dei biolaboratori installati dal Pentagono in mezzo mondo, e soprattutto in quelli che una volta erano considerati nell’orbita sovietica.

Victoria Nuland

Centinaia e centinaia in tutto, tante piccole Wuhan spesso e volentieri senza gli adeguati livelli di sicurezza.

Anche su questo fronte la Voce ha cominciato, fin da gennaio 2022, a realizzare una serie di inchieste. Tre in particolare: sui biolaboratori in Georgia, in Kazakistan e, soprattutto, in Ucraina.

E la ‘mission’ a Kiev è stata capitanata, nel 2014-2015,  all’indomani del golpe bianco organizzato dagli Usa, da Victoria Nuland, di origini ucraine (e oggi la vice di Tony Blinken al Dipartimento di Stato Usa): due anni per promuovere e lanciare i biolaboratori, che la stressa Nuland, un paio di mesi fa, si è trovata costretta ad ammettere nel corso di un’audizione al Congresso Usa.

Ma niente è successo.  Non s’è mossa foglia.

Eppure, non si tratta solo dei 13 biolaboratori ormai ‘ufficializzati’, ma la cifra totale sfiora i 50. Secondo non poche fonti, nel corso degli anni sono stati condotti esperimenti più che border line utilizzando, come cavie umane, degli ucraini. Ne avete sentito mai parlare?

Quando arriverà il momento che verrà fatta completa luce su tutti gli esperimenti griffati USA, a partire dall’avamposto di Fort Detrick (l’unico situato in patria) fino a tutti quelli dislocati all’estero, a cominciare, caso mai, da quelli nel paese oggi guidato da pupazzo Volodymyr Zelensky, il quale non si è mai chiesto quante cavie, nel corso dei ‘trials’ a stelle e strisce, abbiano perso la vita!

Ma chissenefrega. Tanto il guitto – in combutta con i falchi Usa –  ha scelto la strada della vittoria contro il macellaio Vladimir   Putin: ‘fino all’ultimo ucraino’, appunto…

 

 

 

 

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