La NATO ammazza le popolazioni civili e i militari utilizzando il mortale uranio impoverito, finisce dopo anni sotto inchiesta, finalmente, a Belgrado, ma cerca subito di parare il colpo: “noi abbiamo l’immunità”, non ci potete toccare, non potete processarci per crimini di guerra.
Criminali e anche arroganti.
QUELL’URANIO ‘IMPOVERITO’ MA ‘DEMOCRATICO’
Non è uno scherzo di cattivo gusto, né una boutade in stile ‘barzelletta per soldati’.
E’ l’incredibile copione che sta andando drammaticamente in scena al Tribunale di Belgrado. Dove finalmente ‘potrebbero’ finire sotto processo quei vertici NATO che nella guerra di ‘liberazione’ – al solito – della ex Jugoslavia fecero largo uso di armi, munizioni e proiettili che contenevano uranio impoverito, contro ogni legge, senza fregarsene delle conseguenze letali che avrebbero potuto produrre – quelle armi – non solo sulla popolazione civile, ma anche sugli stessi soldati e militari impegnati nel conflitto.
Tra cui molti italiani, dal momento che, per volontà dell’allora premier piddino Massimo D’Alema, il nostro Paese venne coinvolto, come forza NATO, nel conflitto voluto per esportare, nella ex Jugoslavia ormai in frantumi, ‘pace’, ‘democrazia’ e ‘libertà’.
Proprio come stanno facendo oggi le truppe NATO per liberare l’Ucraina dai demoni russi, e per portare, con gli stratosferici carichi di armi, tank, missile & bombe, tutto quello che può servire per respingere i macellai agli ordini di Vladimir Putin entro i loro confini: costi quel che costi, “anche fino all’ultimo ucraino”, come da settimane ormai ripetono in modo ossessivo sia il numero uno della NATO (in ‘prorogatio’, è pronto a subentrargli entro il prossimo fine anno il nostro Mario Draghi) Jean Stoltemberg, che i vertici del ‘Dipartimento di Stato’ a stelle e strisce, i falchi Tony Blinken e Victoria Nuland.
Ma torniamo a bomba, è proprio il caso di dirlo, a proposito del clamoroso caso giudiziario internazionale che sta per scoppiare a Belgrado, senza che i media di casa nostra ne se fottano.
Eppure i militari italiani morti in quel conflitto sono tanti, come vedremo: e tutti ‘regolarmente’ rimasti senza uno straccio di ‘Giustizia’.
E anche privati delle ‘Memoria’, una delle poche cose che, in queste tragedie, può solo parzialmente lenire il dolore.
Uno dei pochi media, autentica mosca bianca da noi, è il sito ‘Affari Italiani’che realizza una contro-inchiesta, firmata da Antonio Amorosi, un ottimo giornalista investigativo.
Ecco l’incipit del suo articolo: “Nel quasi silenzio totale italiano, torna nelle aule giudiziarie il caso dell’uranio impoverito e lo fa in Serbia, al tribunale di Belgrado. Anche l’opinione pubblica l’ha dimenticato: sarebbero circa 7.600 i militari italiani ammalati di cancro a causa dei proiettili all’uranio impoverito utilizzati dalla NATO nei bombardamenti del 1999 in Jugoslavia. Di questi, 400 sono deceduti”.
CIFRE DA BRIVIDO
Cifre da brivido, dimenticate, ‘rimosse’ ormai da tutti. Forse neanche mai ‘arrivate’.
Continua Amorosi: “Al tribunale di Belgrado un pool di avvocati con un italiano, il legale Angelo Fiore Tartaglia, conducono una battaglia per la verità: la NATOe il ministero della Difesa della Serbia sono stati citati in giudizio per aver usato, nel primo caso la NATO, la micidiale arma e, nel secondo caso, il ministero serbo, per non aver informato e adeguatamente protetto i propri militari dai rischi di esposizione”.
Ecco un breve ricostruzione di quei tragici avvenimenti.
Negli anni ’90 i tanto democratici ‘alleati’ NATO avevano cominciato a bombardare la ex Jugoslavia, un tempo tenuta insieme grazie al carisma di un grande leader come il ‘maresciallo’ Tito (uno dei macellai ante litteram, secondo il mainstream). Tutto, more solito, per ‘esportare pace e democrazia’. Pace e democrazia, soprattutto, tramite i micidiali proiettili, appunto, a base di uranio impoverito. E facendo abbondante ricorso agli agili missili Tomahawklanciati dalle navi Usa di stanza nelle acque dell’Adriatico.
Solo molti anni dopo arrivarono le prime, esili ammissioni di marca NATO, flebili balbettii.
QUEL MATTARELLA ALLA DIFESA…
E sapete, all’epoca, chi era il nostro ministro della Difesa? Nientemeno che il bi-Capo dello Stato Sergio Mattarella, che in una nota manifestava tutto il suo disappunto. Ecco le sue ‘coraggiose’ parole di allora: “Devo manifestare rammarico (sdegno, ira? Mai of course, ndr) per il fatto che organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora e per nostra richiesta un’informazione importante per la sicurezza della comunità bosniaca così come per quella internazionale: noi vogliamo fare chiarezza, lo dobbiamo innanzitutto ai nostri militari e alle loro famiglie, lo dobbiamo a tutti gli italiani”.
Quante volte, ad ogni commemorazione delle vittime per le Stragi di Stato, abbiamo ascoltato dal nostro Presidente della Repubblica litanie simili? Richieste solo ‘rituali’ di verità e chiarezza che s’infrangono immancabilmente contro i ‘muri di gomma’ eretti dai Palazzi del Potere?
Un rituale indecoroso: soprattutto se pronunciato anche in qualità di capo delCSM, come Mattarella è, ossia l’organismo che, oggi, rappresenta l’antitesi della Giustizia uguale per tutti. Anzi, è l’emblema della giustizia NEGATA, VILIPESA, OLTRAGGIATA. Come i clamorosi Depistaggi di Stato nelle tragedie di via D’Amelio (Paolo Borsellino e la sua scorta) e dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ogni sacrosanto giorno ci ricordano: autentici macigni della vergogna!
Abbiamo ‘scantonato’ di nuovo e riprendiamo il filo ‘storico’ del discorso.
1995, IL SUMMIT NATO A BAGNOLI
Ad agosto 1995 si svolge un importante summit nella sede partenopea del Comando NATO, a Bagnoli.
Il super ammiraglio della Marina Usa, Leighton Smith junior, spiega agli amici alleati (ben compresi i vertici italiani, tanto più che la ‘riunione’ si svolgeva a casa nostra) la ‘ratio’ circa l’uso dell’uranio impoverito da utilizzare nel corso dell’Operazione ‘Deliberate Force’.
Sei anni più tardi, nel 2001, il giudice Carla Del Ponte (grande amica di Giovanni Falcone e in stretti rapporti di collaborazione sul fronte dei riciclaggi internazionali mafiosi) che all’epoca ricopriva la carica di vertice del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, sentenziò che l’uso delle armi ad uranio impoverito da parte della NATO rappresentava “un crimine di guerra”. Ciò perché l’utilizzo di un’arma non convenzionale, come l’uranio impoverito, viola l’articolo 23 della sia la Convenzione dell’Aja che la Convenzione di New York.
Così continua Amoroso: “Ma a Belgrado, per la prima volta nella storia, la NATO si è costituita in giudizio, depositando un documento: un accordo di cooperazione e presenza dal 2005 nella Repubblica della Serbia che la renderebbe, a loro dire, immune dalla giurisdizione”.
Spiega l’avvocato Fiore Tartaglia: “Se è vero che per i militari che operano in Serbia è prevista un’immunità da responsabilità civile e in fase esecutiva, questa non ha e non può avere in alcun modo efficacia retroattiva. E non può riguardare i danni di guerra. L’accordo a cui fa riferimento l’Alleanza Atlantica è stato stipulato nel 2005, ben dopo i fatti contestati. Un’immunità non può mai essere retroattiva. E i crimini di guerra non sono oltretutto inclusi in qualsivoglia accordo possibile”.
E incalza: “Il nesso tra uranio impoverito e tumori è netto, e l’uso di queste armi rappresenta sicuramente un crimine di guerra. Ma in Italia, su questo tema così drammatico, c’è una sorta di silenzio stampa assordante”.
L’avvocato Angelo Fiore Tartaglia ha combattuto e vinto oltre 300 cause in difesa dei militari italiani che dopo l’esposizione all’uranio impoverito sono morti. E continuano ancora a morire. La sua controparte è, ovviamente, il nostro Ministero della Difesa, spesso e volentieri molto riluttante a riconoscere i danni provocati dai suoi comportamenti collusivi o, quanto meno, di scarso (o nullo) controllo.
L’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO ACCUSA
Dicevamo del deserto mediatico, informativo, circa tali notizie, che di certo possono ‘infastidire’ i Padroni del Vapore, gli Stati Uniti, ai quali – secondo il Draghi pensiero – dobbiamo solo vassallaggio, obbedienza & genuflessione.
Ma c’è un’altra ‘mosca bianca’ con i radar in funzione, e che ci segnala la altrimenti totalmente ‘rimossa’ storia del processo di Belgrado.
Si tratta del battagliero ‘Il Giornale dell’Amianto’, animato e promosso dal coraggioso ‘ONA’, acronimo di ‘Osservatorio Nazionale Amianto’ presieduto dall’avvocato Ezio Bonanni, di cui la Voce ha già scritto, riferendosi alle tante battaglie per le altrettante tragedie causate dall’ultradecennale uso dell’amianto in Italia.
Negli anni ’80, ad esempio, la nostra testata condusse una lunga, quasi solitaria battaglia contro l’IDAFF di Avellino, l’impresa che faceva capo al patròn dell’Avellino Calcio Elio Graziano: quelle storie sugli appalti facili delle nostre FSper il ‘trattamento amianto’ delle carrozze ferroviarie, vennero all’epoca firmate da una delle colonne della Voce, Enrico Fierro, un autentico giornalista di contro-informazione, scomparso un anno fa.
Ecco cosa denuncia, il 16 giugno, ‘il Giornale dell’Amianto’.
“La NATO potrebbe andare a processo per le bombe all’uranio impoverito. La Corte Suprema di Belgrado contesta l’uso delle bombe ‘umanitarie’: quelle utilizzate contro la ex Jugoslavia durante l’operazione Allied Force”.
Così continua il dettagliato servizio: “Un ex militare dell’esercito jugoslavo, che ha contratto diversi tumori simili a quelli di altri colleghi, ha dato il via al procedimento giudiziario, denunciando l’Alleanza Atlantica. Sostiene con forza che le sue patologie siano state causate proprio dall’uranio impoverito. Non è solo, combatte la sua battaglia al fianco di oltre 3.000 civili serbi che vogliono giustizia sia per i danni causati dai bombardamenti, sia per quelli alla salute”.
“La NATO si è appellata ad accordi firmati a Belgrado che dovrebbero garantirle l’immunità giurisdizionale e si è dichiarata per la ‘improcedibilità’. La controparte ribatte di aver firmato questi documenti nel 2005 e che non avrebbero alcun valore retroattivo”.
Ecco la ricostruzione storica, altrettanto minuziosa, effettuata dall’associazione diretta da Ezio Bonanni.
“Con la morte del maresciallo Tito, nell’80, venne meno il collante dello Stato della Jugoslavia. Le tensioni, prima tenute a bada, si manifestarono in tutta la loro violenza, anche acuite dalla crisi economica. Presero piede, così come spesso accade in questi contesti, i nazionalismi: prima in Kosovo, poi in Slovenia e in Croazia. Tra il ’91 e il ’92 toccò alla Bosnia. La missione ‘Allied Force’ è stata avviata dalla NATO per ricondurre Slobodan Milosevic al tavolo delle trattative, che aveva abbandonato dopo aver accettato gli accordi di Rambouillet sul Kosovo. La NATO bombardò il territorio serbo e obiettivi strategici come la sede della TV serba a Belgrado e centrali elettriche”.
Continua a chiarire il sito dell’ONA: “La NATO oggi spiega che, grazie alle nuove tecnologie, riuscì ad evitare la morte di tanti civili. Comunque moltissime vittime ci furono anche tra i bambini. E, cosa più grave, come emerge da varie commissioni d’inchiesta, utilizzò proiettili e ordigni all’uranio impoverito che causarono malattie e 366 decessi soltanto tra i militari italiani: e si ammalarono di varie patologie tumorali in 7500 secondo i dati del centro studi ‘Osservatorio Militare’. La Serbia, invece, ha il triste primato in Europa per il numero di malattie oncologiche. A soli 10 anni dall’operazione ‘Allied Force’circa 30.000 persone si ammalarono di cancro, di cui 10.000 morirono”.
Altre cifre da brivido che pochi conoscono, grazie alla costante, certosina opera di ‘disinformazione’ dei nostri media.
Continua il report: “Durante l’operazione Allied Force contro la Jugoslavia, nel 1999 la NATO utilizzò, secondo gli stessi dati del Parlamento europeo, oltre 31.000 proiettili all’uranio impoverito.
L’uranio impoverito è un metallo pesante utilizzato in ambito militare per la fabbricazione di munizioni e proiettili. Nonostante si conosca la sua pericolosità (proprio come accadde in Italia per l’amianto fino al 1992), nessun trattato internazionale vieta l’uso di proiettili e blindature all’uranio. Più volte le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione riguardo ai rischi per militari e civili e l’Esercito italiano ne ha sempre negato l’utilizzo. L’Osservatorio Nazionale Amianto e il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, sono al fianco da sempre delle vittime del dovere. Di tutti quei militari che sono stati contaminati dall’uranio impoverito e da altri metalli pesanti. Tutti coloro che sono vittime di neoplasie e di altre patologie per motivi di servizio e per esposizione nei luoghi dove sono stati utilizzati proiettili ad uranio impoverito, possono rivolgersi all’ONA e chiedere assistenza legale”.
Seguiremo con attenzione quanto succede al Tribunale di Belgrado.
Pagheranno, una buona volta, gli Stati Uniti e la NATO per i loro crimini di guerra?
Link
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