Allarme nel salottino di Lilli Gruber, la sera del 30 marzo, per una fresca nota d’agenzia: “il Dipartimento di Stato Usa invita tutti gli americani ancora residenti ad abbandonare la Russia immediatamente”.
Commenta a botta calda l’ospite ormai fisso di ‘Otto e mezzo’, l’esperto di politica internazionale Lucio Caracciolo: “sì, è una notizia non poco preoccupante”. Se ne fregano gli altri ospiti.
E forse fanno bene.
Perché l’annuncio non è certo nuovo, l’allarme non è di sicuro il primo. Ma a suonarlo, invariabilmente, è il Dipartimento di Stato a stelle e strisce, che ha deciso – e non da oggi – di ingaggiare una davvero singolar tenzone con il Pentagono. Inaugurando l’incredibile serie: politici guerrafondai e militari pacifisti. Un copione subito tradotto in italiano, visto il comportamento totalmente aggressivo – e perfettamente trasversale – dei politicanti di casa nostra e l’atteggiamento cauto, ‘pensante’ di tanti generali, che vanno a caccia delle cause, delle origini del conflitto ucraino: come ha cercato di fare in modo esemplare, in una delle rare apparizioni tivvù, il generale Fabio Mini.
LE TAPPE DELL’ESCALATION
Vediamo i fatti, seguendo un perfetto ordine cronologico.
24 gennaio. Ben prima dell’inizio del conflitto, come riferisce il quotidiano statunitense ‘The Post’, il Dipartimento di Stato lancia il primo sos: è l’invito, rivolto ai diplomatici a stelle e strisce, ad evacuare l’ambasciata di Kiev.
27 marzo. Ad appena tre giorni dall’inizio delle ostilità, parte il primo invito ufficiale indirizzato agli americani che risiedono sul territorio russo: lasciate il Paese. Ecco il testo del comunicato diramato dal Dipartimento di Stato così come riportato dai principali media americani: “Un numero crescente di compagnie aeree sta cancellando i voli e molti paesi hanno chiuso il loro spazio aereo alle compagnie russe. I cittadini americani dovrebbero considerare la possibilità di lasciare la Russia immediatamente con le opzioni commerciali ancora disponibili”.
Un linguaggio perentorio, sintetizzato nell’avverbio ‘immediatamente’ che non lascia spazio ai dubbi.
30 marzo – Le agenzie di stampa italiane diramano un breve dispaccio, che riporta un altro appello lanciato dal solito Dipartimento di Stato. “Il Dipartimento di Stato – si legge – invita gli americani a non recarsi in Russia, perché lì potrebbero essere ‘trattenuti’. Ma nello stesso avviso si ribadisce anche l’appello agli americani che viaggiano o vivono in Russia ad andarsene immediatamente”.
E’ il secondo ‘immediatamente’ della story.
31 marzo. Con ogni probabilità la Lilli nazionale viene a sapere con 24 ore di ritardo la notizia diffusa il 30, perché non risulta un ulteriore avviso diramato dal Dipartimento di Stato. Bastavano e avanzavano già quelli.
Ha commentato giorni fa il deputato americano Ron Paul, un repubblicano ‘illuminato’, noto per le sue battaglie in difesa della democrazia (ad esempio limitando i poteri di CIA, FBI e simili): “Il Dipartimento di Stato sta cercando di farci entrare in guerra e il Pentagono sta cercando di tenerci fuori. Che ironia”.
Ha perfettamente centrato il bersaglio, ha sintetizzato e radiografato la situazione in modo perfetto.
BIDEN, UN FALCO TRA I FALCHI
E’ stretto nella morsa, Joe Biden, ma di tutta evidenza ha fatto una scelta di campo ben precisa, anche con le ultime uscite sul ‘Putin criminale’, ‘Putin macellaio’ e la necessità di un cambio della guida al Cremlino, suscitando non solo sconcerto all’estero, ma nella stessa Casa Bianca.
Il ‘rincoglionimento’ presidenziale, quindi, altro non è che un mascheramento della chiara presa di posizione: a favore dei falchi del Dipartimento, capeggiati dal Segretario di Stato, Tony Blinken, e dal numero due, ossia il sottosegretario agli Affari politici, la ‘zarina’ Victoria Nuland, di cui la Voce ha più volte scritto nelle ultime a settimane (soprattutto circa la ‘regia’ svolta sul campo, nel biennio 2014-2015 trascorso in Ucraina per sovrintendere all’installazione dei biolaboratori militari di cui in questi giorni si parla nel mondo, ma non in Italia!).
Torniamo alle fortissime frizioni tra Pentagono e Dipartimento di Stato, una vera guerra nella guerra, che si sta svolgendo nel segreto ventre degli States.
Settimane fa su ‘Newsweek’ i primi segnali. Venivano ascoltati alcuni analisti del Pentagono, dai quali scaturiva un’analisi in perfetta controtendenza: a loro parere, infatti, la Russia stava calibrando con molta attenzione l’uso della forza, “usando le forze aeree e i missili per lo più a supporto delle forze di terra ed evitando i bombardamenti indiscriminati sui civili”.
L’esatto opposto di quanto sempre ha sostenuto e continua a sostenere con decisione il Dipartimento di Stato, seguito a ruota dagli scodinzolanti media: la Russia vuole distruggere, radere al suolo l’Ucraina, solo che non riesce a farlo, perché la sua macchina da guerra è vecchia e quindi l’esercito è spesso costretto a fermarsi.
Lo scenario di scontro tra falchi e colombe è confermato dal giornalista investigativo americano Joe Lauria, ‘editor in chief’ di ‘Consortium News’ e autore di una pregevole analisi.
VERSO L’ARMAGEDDON
Scrive ‘Piccole Note’: “Secondo Lauria, quanto riferito dagli analisti a Newsweek (che riferiva a sua volta informazioni che contrastavano la narrativa, imperante, del Dipartimento di Stato) sarebbe uno dei tanti indizi di una guerra sottotraccia che si sta consumando tra il Dipartimento di Stato e il Pentagono, cioè i militari, alieni da certe follie belliciste dei neoliberisti che presiedono al Dipartimento di Stato; i quali, insieme ai neocon, stanno spingendo per un ingaggio diretto della NATO nel conflitto ucraino, col rischio di innescare l’Armageddon”.
Continua ‘Piccole Note’: “Altro indizio di tale contesa, secondo Lauria, sarebbe la smentita, sempre proveniente dal Pentagono, della preparazione di un attacco chimico da parte della Russia nel teatro di guerra, tasto sul quale invece l’amministrazione Biden sta battendo molto. Così Lauria: ‘La Reuters ha riferito: ‘Gli Stati Uniti non hanno ancora visto alcuna indicazione concreta di un imminente attacco russo con armi chimiche o biologiche in Ucraina, ma stanno monitorando da vicino i flussi di intelligence’, ha affermato un alto funzionario della Difesa statunitense’”.
“Il funzionario del Pentagono ha affermato: ‘Non c’è alcuna indicazione che ci sia qualcosa di imminente al riguardo in questo momento. Né il New York Times né il Washington Post – commenta Lauria – hanno pubblicato l’articolo della Reuters, apparso nel più oscuro US News and World Report”.
Prosegue ‘Piccole Note’: “Forse la dialettica evidenziata da Lauria è esagerata, ma forse anche no. Perché non c’è due senza tre… Agli inizi di marzo, infatti, il Dipartimento di Stato aveva chiesto alla Polonia di fornire i propri jet da combattimento agli ucraini, richiesta a cui Varsavia, dopo aver nicchiato, ha acconsentito: a patto, però, che l’iniziativa fosse addebitata alla NATO. Così si era detta disponibile ad inviare i propri aerei in una base americana sita in Germania dalla quale avrebbero dovuto poi essere trasferiti nel teatro di guerra. Ma il Pentagono, ben conscio che l’iniziativa incendiaria rischiava di innescare un conflitto diretto tra NATO e Russia, ha posto il veto”.
Ma cosa ha fatto Joe Biden solo pochi giorni fa? E’ corso a Varsavia, dove ha ‘incendiato’ gli animi – secondo il copione tracciato da Tony Blinken – arrivando persino ad arringare i soldati americani di stanza in Polonia per la NATO: “quando sarete in Ucraina”. Da 113. O meglio, da impeachment.
Il J’ACCUSE DEL MAGGIORE GABBARD
Il clima di guerra fredda – è proprio il caso di dirlo – tra Dipartimento e Pentagono è rappresentato in modo plastico dalla figura di una coraggiosa ex deputata, eletta trai democratici per la circoscrizione delle Hawaii, Tulsi Gabbard.
Quando si è presentata al voto, Gabbard indossava la divisa militare, come maggiore della Guardia Nazionale, ed ha prestato servizio durante la guerra in Iraq. Candidata presidente, sempre tra i democratici, durante i dibattiti delle primarie denunciò pubblicamente falsità e ipocrisie non solo di Biden, ma anche di Kamala Harris, poi diventata il numero due alla Casa Bianca.
E’ stata espulsa dal partito, sempre tanto Democratico, con la ridicola accusa di essere al soldo del presidente siriano Bashar al-Assad, per il semplice fatto di aver contestato la politica statunitense nell’area, dove nei fatti gli Usa appoggiavano, anche sotto il profilo militare e logistico, il ramo locale di Al-Qaeda.
Denuncia oggi Tulsi Gabbard: “I guerrafondai neocon hanno passato anni ad alimentare la nuova guerra fredda con la Russia e ora ci hanno portato sull’orlo del baratro in Ucraina: questo serve i loro interessi e riempie le tasche del Complesso Militare Industriale con trilioni di dollari”.
Poche ore fa ha rincarato la dose: “I guerrafondai ci hanno messo sulla strada di una guerra nucleare con la Russia. E quando le armi nucleari inizieranno a volare, riceverai un avviso come quello che le persone alle Hawaii hanno ricevuto sui loro telefoni quattro anni fa”.
E sul suo sito ha postato una registrazione che contiene l’incredibile messaggio diramato nel 2018 ai cittadini hawaiani per radio, via sms, secondo cui missili nordcoreani erano in arrivo: “Cerca un riparo immediato… un missile può avere un impatto sulla terra o in mare entro pochi minuti. Questa non è un’esercitazione”.
Denuncia Gabbard: “I genitori allora hanno calato i loro figli nei tombini… Quando le armi nucleari russe stanno arrivando e i nostri leader ti diranno di cercare immediatamente un riparo, ti renderai conto di come i nostri leader hanno fallito e tradito te e i tuoi cari… Dobbiamo stare uniti e opporci a questi guerrafondai prima che sia troppo tardi”.
Link
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Un commento su “DIPARTIMENTO DI STATO USA / ECCO CHI VUOLE LA GUERRA. E LA FOMENTA ”