Quando il bue dà del cornuto all’asino. Oppure, se volete, da quale pulpito viene la predica.
E’ appena successo con la comparsata mondiale del presidente Usa Joe Biden, il quale invocando nientemeno che l’aiuto di Dio (si sente chiaramente il ‘My God’ pronunciato dal folle capo della Casa Bianca) ha detto che Vladimir Putin non può più restare al suo posto, che ci vuole un ‘ribaltone’ al Cremlino.
Ovvia la reazione dei russi, che non l’hanno poi neanche preso tanto sul serio. Preoccupatissimi alla White House, dove si sono immediatamente premurati di diramare un comunicato stampa in cui si sostiene che il Presidente non intendeva dire quello che ha detto. Ai confini della realtà.
Una pezza a colori ancor più imbarazzante, perché palesa – ce ne fosse ancora una volta bisogno – l’ormai precario stato mentale di Biden, che oscilla tra il dormiente (‘Sleepy Joe’ il nomignolo affibbiatogli) e il rincoglionito: molto rischioso per il capo della prima potenza al mondo, che sparando una delle sue ormai rituali, stratosferiche cazzate può provocare la terza guerra mondiale.
Ha cercato di gettare acqua sul fuoco il presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui non è il caso di giocare pericolosamente con le parole ma di cercare negoziati sul serio.
Cogliendo una volta tanto nel segno, e cogliendo soprattutto la smania di Biden, Zelensky & C. di continuare ad ogni costo con la guerra.
Silente il nostro premier Mario Draghi, ormai sempre più servo sciocco del Capo-Padrone Biden, e in cima alla lista dei più disponibili, tra gli europei, nel fornire armi di tutti i tipi, in tutti i modi e al più presto possibile all’Ucraina del presidente-guitto Volodymyr Zelensky.
Ha una vera, autentica faccia di bronzo, Biden. Tanto più se si pensa a cosa ha combinato in Ucraina il figlio Hunter, sotto la sua attenta regia, a partire dal 2014.
Nell’inchiesta di due giorni fa, abbiamo dato notizia di un ampio reportage del sito americano ‘The National Puse’, nel quale vengono descritti per filo e per segno i ‘dirty business’ di Hunter Biden sul fronte dei biolaboratori militari installati dal Pentagono in Ucraina, ben 13 quelli ormai ufficiali (ma si parla di addirittura una trentina). Biolaboratori ‘tipo-Wuhan’, quindi più che ‘border line’, per via dei pericolosissimi virus trattati e delle relative ‘fughe’ dai laboratori stessi.
Inoltre, del ruolo strategico giocato da due società, ‘Rosemont Seneca Technology Partners’ e ‘METABIOTA’.
Nonché dei rapporti tra la METABIOTA griffata Hunter Biden e un’altra misteriosa sigla, ‘EcoHealth Alliance’, attraverso cui sono arrivati finanziamenti americani agli stessi famigerati laboratori di Wuhan.
Per la serie: il cerchio si chiude intorno ad Hunter Biden, che è implicato fino al collo nei ‘dirty business’ non solo dei biolaboratori ucraini, ma anche di quelli cinesi.
Il massimo. Il top dei top. Come del resto viene ampiamente documentato nel libro-bomba uscito lo scorso novembre, firmato dalla giornalista investigativa di ‘Fox News’ Miranda Devine e titolato “Laptop from Hell – Hunter Biden, Big Tech and The Dirty Secret the President Tried to Hid”.
Roba da impeachment, al cui confronto quelle del ‘Watergate’ made in Richard Nixon erano sul serio – direbbe Totò – bazzecole, pinzellacchere.
TRIANGOLAZIONE CRIMINALE
Ma passiamo all’altra bomba che rischia di deflagrare nei cieli sopra la Casa Bianca, e di cui si scrive nell’inchiesta di ‘The National Pulse’ firmata da Natalie Winters e Raheem Kassam.
Stiamo parlando di legami d’affari più che border line tra Hunter Biden, Zelensky e uno dei più potenti oligarchi al mondo, Ihor Kolomoisky: una triangolazione che più criminale non si può, quella che da noi definiremmo un’associazione a delinquere di stampo mafioso, visto tra l’altro che al seguito ci sono i plotoni nazisti del famigerato ‘Battaglione d’Azov’, fondato, organizzato e pagato da Ihor l’oligarca.
Esploriamo, a questo punto, lo sporco (‘dirty’) pianeta Kolomoisky.
Esordiamo con le parole dello scrittore statunitense Casey Michel, tra l’altro autore di ‘American Cleptocracy’.
“Nato nell’Ucraina sovietica nel 1963, Kolomoisky ha lottato per guadagnarsi da vivere durante il crollo sovietico dei primi anni ’90. Emerso nella nuova Ucraina indipendente, ha seguito una serie di altri oligarchi nella regione, intascando imprese prima di proprietà statale a prezzi stracciati, come acciaierie e pozzi di gas.
Ma aveva due vantaggi rispetto agli altri oligarchi nascenti. In primo luogo, aveva una formazione in metallurgia; in secondo luogo mostrò una spietatezza che fece impallidire anche altri oligarchi, non estranei al crimine violento. Ad esempio, come riportato da ‘Forbes’, quando su suo ordine ‘centinaia di turbolenti assoldati, armati di mazze da baseball, sbarre di ferro, pistole a gas, proiettili di gomma e motoseghe’ presero con la forza un’acciaieria che Kolomoisky aveva adocchiato”.
Modi e trattative davvero ‘british’…
Prosegue la ricostruzione delle fortune effettuata da Michel: “Come hanno spiegato in dettaglio sia gli investigatori ucraini che le autorità americane, Kolomoisky ha supervisionato uno schema pluriennale e multinazionale di riciclaggio di denaro, inteso a depredare miliardi di ignari depositanti ucraini. Sulla carta, PrivatBank (la prima banca privata ucraina, di cui era diventato un vertice, ndr) ha fatto sembrare che una vasta gamma di prestiti fosse completamente rimborsata. In realtà, però, quei prestiti non sono mai tornati alla banca, ma sono invece finiti in entità supervisionate da Kolomoisky. Utilizzando società di comodo e conti offshore, gran parte di quel denaro è finito negli Stati Uniti. Ma invece di andare in posti come San Francisco o Los Angeles, quei soldi sono andati in posti che pochi sospettavano. I fondi sono finiti negli edifici per uffici a Cleveland e in Texas. E’ finito nelle acciaierie del Kentucky e del West Virginia, negli stabilimenti di produzione del Michigan: i soldi che Kolomoisky ha rubato hanno finito per inzuppare i colletti blu dell’America”.
Più chiari di così.
Ma seguiamo ancora il filo della avvincente trama del racconto firmato da Casey Michel, dove emerge il profilo criminale dell’oligarca, in perfetto stile mafioso: “Kolomoisky non è mai stato interessato (proprio come i mafiosi, tesi soprattutto a riciclare, ndr) a investimenti o profitti effettivi, ma solo a portare i suoi soldi fuori dall’Ucraina. E poiché luoghi come gli Stati Uniti offrono tutti gli strumenti di segretezza finanziaria di cui questi oligarchi hanno bisogno – dalle società di comodo anonime agli acquisti immobiliari anonimi fino alla mancanza di politiche di base contro il riciclaggio di denaro su tutta la linea – Kolomoisky ha trovato fin troppo facile nascondere i suoi soldi per anni. Gli Stati Uniti lo hanno sanzionato direttamente all’inizio del 2021, annunciando il suo ‘coinvolgimento in una corruzione significativa’”.
E il finale scoppiettante: “Volodymyr Zelensky, l’attuale presidente dell’Ucraina, non sarebbe dove è oggi senza Kolomoisky. Come attore e intrattenitore, Zelensky aveva lavorato per la rete mediatica di Kolomoisky, che gli ha poi fornito supporto formale quando si è candidato. Zelensky è stato visto come il candidato di Kolomoisky: ha nominato uno degli avvocati di Kolomoisky (Andriy Bohdan, ndr) come consigliere e ha tenuto incontri con l’oligarca anche mentre faceva una campagna come ‘anti-oligarchi’. All’inizio del 2021, Zelensky ha violato le proprie regole (stabilite dal suo governo, ndr) di blocco del Covid per organizzare una festa di compleanno nell’appartamento di Kolomoisky a Kiev”.
Davvero per tutti i gusti…
HUNTER A TUTTO GAS CON ‘BURISMA’
Ma l’autentico super gioiello griffato Kolomoisky si chiama ‘BURISMA’, ossia il grande ente di Stato in Ucraina per il gas e l’energia, l’equivalente del nostro ENI.
E Burisma è il ‘teatro’ del maxi-affare di casa Biden: perché nella creatura gestita dal super oligarca trova subito una comoda poltrona come consigliere d’amministrazione nientemeno che Hunter Biden, che non ha mai capito un tubo di gas, né di energia, al massimo sa qualcosa sulla nafta che serve per far navigare i suoi panfili!
Dell’affaire ‘Burisma’ si parla abbondantemente in ‘Laptop from Hell’ ed in un paio di altri bollenti libri usciti negli Usa. Anche la Voce, mesi fa, ha scritto della clamorosa entry del rampollo presidenziale nel board del colosso energetico ucraino. Ed è di sicuro la preoccupazione che possano finire nelle mani dei russi documenti & carte bollenti di fonte Burisma a turbare i sonni della Biden dinasty: proprio come succede per altre ‘hot papers’,
quelle sulle ricerche condotte nei biolaboratori, anche su cavie umane (ossia ignari cittadini ucraini), utilizzando pericolosi, anzi mortali, virus, prassi vietata dalle Convezioni internazionali.
Scrive un sito di contro-informazione a stelle e strisce: “La persona reale che era il capo del figlio del vicepresidente Joe Biden, Hunter Biden, presso la società del gas ‘Burisma Holdings’, non era il CEO di Burisma Holdings, Mykola Zlochevsky, ma era invece Ihor Kolomoisky, che faceva parte del governo ucraino appena insediato, cioè che l’amministrazione Obama aveva appena insediato in Ucraina”.
Il riferimento è a quel fatidico 2014, quando il presidente democraticamente eletto, Viktor Yanukovich, viene defenestrato con un golpe e arrivano gli americani, con l’inviata speciale Victoria Nuland, la ‘zarina’ che resta a Kiev un paio d’anni per ‘mettere ordine’, tenere a battesimo un bel po’ di biolaboratori e poi tornare negli Usa, dove oggi occupa una postazione strategica, come Sottosegretario per gli Affari politici al fianco di Joe Biden!
La ‘rivoluzione arancione’ (sic), infatti, ha avuto anche il ‘merito’ di far assumere un importante ruolo politico all’oligarca-tuttofare: tanto che nel magico 2014 Kolomoisky viene chiamato a ricoprire la carica di governatore della regione di Dnipropetrovk, una delle aree più strategiche (sotto il profilo del gas e non solo) di tutta l’Ucraina. Così come mesi fa, dopo un paio d’anni trascorsi tra Svizzera ed Israele, di ritorno a Kiev è riuscito a far eleggere, col neo-partito dell’amico Zelensky, una trentina di deputati
Fornito di triplo passaporto (oltre che ucraino, anche cipriota e israeliano), Kolomoisky di tutta evidenza non può limitarsi ad un solo paese per portare avanti le sue ampie manovre di riciclaggio internazionale.
Ecco cosa rivela un sito olandese bene informato: “Il presidente ucraino Zelensky, il suo connazionale e oligarca Kolomoisky e l’Olanda hanno diversi interessi in comune; interessi che hanno origine anni prima del sanguinoso conflitto con la Russia e che si intrecciano con l’ascesa politica dell’ex comico-presidente di guerra che tutto il mondo oggi conosce. Non solo un porto sicuro per gli oligarchi russi, insomma: l’Olanda è o è stata un paradiso (fiscale) anche per gli oligarchi ucraini. Uno tra tutti Ihor Kolomoisky, come spiega il portale ‘Follow The Money’ in un articolo del 2020, responsabile di un buco da 5,5 miliardi di dollari nel bilancio della PrivatBank. E che ha difeso la sua posizione anche attraverso le società a suo nome dei Paesi Bassi. Kolomoisky aveva registrato diverse società in Olanda, precisamente su Korsiespoortsteeg ad Amsterdam”.
COME TI SERVO IL POPOLO
Ma terminiamo il tour in compagnia del super-oligarca tanto caro sia ai due Biden, Hunter & Joe, che a Zelensky, con qualche risata, tanto per allentare la tensione.
Le performance teatrali messe in scena dalla compagnia di guitti capitanata da Volodymyr Zelensky, infatti, sono state per anni finanziate da un mecenate-oligarca, l’amico di sempre Ihor. Soprattutto attraverso la rete televisiva più grossa nel Paese, ‘1+1 Media Group’, una sorta di Mediaset in salsa ucraina.
Incredibile ma vero, clown Volodymyr ha raggiunto la sua notorietà, in patria, interpretando il ruolo di presidente di una formazione politica, ‘Servant the People’, proprio come da noi nei bollenti anni ’70 esisteva ‘Servire il Popolo’(una formazione di un certo spessore politico e morale, la nostra…). E proprio con quella sigla – super pompato dai milioni dell’oligarca – ha facilmente vinto a mani basse le elezioni del 2019, una vera ‘farsa’ (è proprio il caso di dirlo), contrabbandata come ‘prova di democrazia’ dai ‘dear friends’ a stelle e strisce: Joe & Hunter in pole position, of course!
Dà la lieta novella del prossimo sbarco dell’Eroe di tutti i Mondi, Zelensky, in Europa e anche in Italia, Andrea Fabozzi su ‘il Manifesto’. Ecco cosa annuncia in un articolo del 23 marzo: “I diritti per trasmettere in Italia la serie ‘Servitore del popolo’ sono stati acquistati da La7. La notizia è di ieri. Ma sono alcuni giorni che la popolarità del (vero) presidente ucraino ha spinto le televisioni di tutto il mondo a cercare ‘Eccho Rights’, la società di Stoccolma che distribuisce il programma prodotto dallo studio fondato da Zelensky, ‘Kvartal95’”, finanziato con la pala per anni da Kolomoisky.
Ci ragguaglia ancora Fabozzi: “Mercoledì scorso Netflix Usa, che lo aveva in catalogo anni fa, ha annunciato su twitter: ‘L’avete chiesto e allora torna Servant the people’. Nel Regno Unito Channel 4 ha trasmesso i primi tre episodi il 6 marzo scorso, in Francia e in Germania è disponibile sul canale ‘Arte’ già dallo scorso novembre, in Grecia, Albania e Tunisia da qualche giorno, in Spagna è stata Mediaset ad annunciare tre giorni fa l’acquisto”.
D’ora in poi potremo tutti vivere felici e contenti. Anche tra le bombe a grappolo che né Zelensky né tantomeno Sleepy Joe Biden hanno intenzione di veder presto scomparire…
Link
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