Indignati… ma gratis

Serve a poco, quasi a niente l’indignazione del giorno, la sentenza teoricamente giustizialista della società scaligera, dei media, dei vertici istituzionali del calcio, della politica. Il rituale non costa nulla e nulla risolve. Apprezzabile, ma intempestivo e benevolmente assolutorio della città il comento del sindaco di Verona, che nel generoso tentativo di stornare l’attenzione da un nuovo, reiterato esempio di becero razzismo cita (ma di che parla?) il “fango sulla tifoseria e Verona”. E che dire del Salvini di ‘prima il nord’,  che simula un inedito quanto incredibile rifiuto degli insulti ai nigeriani di Spalletti, al napoletano Insigne del tifo perché i missili di Putin colpiscano Napoli, dell’augurio che il Vesuvio la seppellisca, dell’ingiuria “terremotati” come se fosse responsabilità dei napoletani? È colpa della magistratura se l’immondo fenomeno continua ad avvelenare il Paese, se i rigurgiti fascisti non sono stroncati come impone la legge, se la Lega calcio non ha il coraggio di condannare il razzismo con dieci o tutte le partite casalinghe delle squadre che tollerano il razzismo da disputare a porte chiuse, senza spettatori o con la retrocessione nella serie inferiore, multe milionarie?

Osimhen 2, Verona 1 (Faraoni).  Ieri il Napoli ha fatto il suo dovere di big della serie A. È riuscito l’assalto al forte non proprio inattaccabile della squadra scaligera che con i suoi 41 punti ha messo in sicurezza la partecipazione al campionato 2022-2023. Per chi ha qualche nozione di psicologia comportamentale, sa che in condizioni di tranquillità subisce una salutare sfoltita il livello di adrenalina speso (è il caso del Verona) per allontanarsi dalla ZTP, zona a traffico pericoloso della classifica. Nel catino del vetusto Bentegodi, il baldo centravanti nigeriano, approdato nel golfo di Napoli per la cifretta di 70 milioni (spesi bene), ha profittato della blanda resistenza difensiva progettata da Tudor e con la sua doppietta ha evitato che il gol di Faraoni infliggesse al Napoli un nuovo passo falso.

La giornata numero 29 della serie A dà ragione all’ipotesi di un’edizione del torneo priva di protagonisti eccelsi. Il Milan ha pescato il jolly di un gol dalla grande distanza, per la fortuna di Pioli finito in rete scansando almeno dieci gambe di empolesi e milanisti, ma ha sofferto per 90 minuti l’ottima prova dei toscani. E l’Inter? Non va oltre un immeritato 1 a 1 con il Torino, che guarda dall’alto di 63 punti contro 35, se la cava in zona Cesarini con un gol di Sanchez, a tempo scaduto e riceve il ricchissimo regalo dell’inadeguato arbitro Guida, che ignora, o finge di ignorare, un fallo da rigore di Ranocchia su Belotti.

Lo standard di prestazioni modeste include anche il Napoli del recente passato,  che alla vigilia della trasferta in Veneto ha confessato di affidarsi a gambe, testa, velocità e rara determinazione del suo centravanti, così ammettendo il suo decisivo ruolo di atout, che compensa i limiti della squadra, ieri appena mascherati dalla gara rinunciataria degli scaligeri


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