Secondo round giudiziario al tribunale di Napoli, il 9 febbraio, tra il gruppo Marcucci e la ‘Voce’, rea di aver leso l’onore, la reputazione e la credibilità – con alcune inchiesta – non solo dei tre fratelli toscani (Andrea, Paolo e Marialina) ma anche della corazzata di famiglie, Kedrion, regina assoluta nel ricco settore degli emoderivati non solo in Italia ma anche a livello mondiale, soprattutto dopo l’ultimo shopping estero e le fresche operazioni finanziarie che abbiamo descritto nel reportage di pochi giorni fa e che potete rileggere cliccando sul link in basso.
Secondo round perché il primo è stato già vinto dalla Voce alcuni mesi fa, per la precisione il 6 giugno scorso 2021, quando il gip del tribunale di Napoli, Valentina Gallo, ha accolto la richiesta del pm e archiviato un’altra grossa querela sparata dalla corazzata toscana e dai suoi tre timonieri ed anche in quel caso per alcuni articoli e inchieste della Voce ritenuti diffamatori, lesivi della loro intangibile maestà.
Articoli non dissimili (e per certi versi più ‘pesanti’) di quelli che ora vanno a processo.
Nella sua ordinanza di archiviazione (potete leggerne il contenuto cliccando in basso), il gip Gallo dava ampiamente ragione alla Voce, ritenendo gli articoli assolutamente non diffamatori, ma perfettamente rispondenti ai tre criteri-base della “verità dei fatti esposti”, dell’”interesse pubblico” alla conoscenza quei fatti e della “continenza nella narrazione dei fatti” stessi. In sostanza, ravvisando che la Voce aveva esercitato in pieno il diritto-dovere di cronaca.
E si trattava di fatti da non poco: come, ad esempio, i rapporti imprenditoriali tra Kedrion e aziende cinesi del distretto di Wuhan, una notizia bomba di assoluto rilievo, soprattutto in tempi di pandemia; e il vivo interesse palesato, sempre nei primi mesi della pandemia, da Kedrion per il business del “plasma iperimmune”, di cui avevano denunciato gli aspetti più oscuri e controversi le “Iene” in un paio di inchieste al calor bianco.
Una vicenda, quest’ultima, che ritorna nella seconda querela, anche a proposito di un conflitto d’interessi per Andrea Marcucci, all’epoca capogruppo del PD al Senato, con il fratello Paolo amministratore delegato di Kedrion.
Sorge spontanea la domanda: non sono bastate, ai signori Marcucci, le chiare e inequivocabili parole scritte dal gip Gallo nell’ordinanza di archiviazione? Se non le rammentano, eccole: “In relazione all’esternazione del sospetto di un possibile conflitto d’interessi in capo a Marcucci Andrea, essa non appare offensiva della reputazione dell’opponente, richiamando il giornalista l’attenzione sui rapporti di quest’ultimo con forze politiche, nel rispetto dei limiti della verità e della continenza”.
AMICIZIE, POLITICA & AFFARI
E guarda caso, uno dei nervi sempre più scoperti, in casa Marcucci, è proprio quello circa gli ‘opachi’ rapporti politici ‘in capo’ all’ex capogruppo (scusate il bisticcio) del PD a Palazzo Madama, come è facile rilevare da uno dei passaggi salienti della lunga querela che vedrà il suo dibattimento processuale a partire dal 9 febbraio.
Ecco, ad esempio, cosa viene scritto dai Marcucci e dai loro legali (Carla Manduchi e Carlo Cacciapuoti) a pagina 23 della querela: “Si passa poi alla censura del fatto che l’ex Ministro Francesco De Lorenzo non sarebbe stato coinvolto nel processo (per il sangue infetto, ndr) nonostante i legami con Poggiolini e i Marcucci: il che sarebbe dimostrato dal fatto che Andrea Marcucci nel 1991 si presentò alle elezioni con la ‘maglietta del PLI griffata De Lorenzo’; neppure si può comprendere il nesso di un tale insensato, azzardato apparentamento”.
Insensato? Azzardato? Parole al vento: lo capirete tra poco.
E, in modo più specifico, proseguono su questa linea a pagina 41: “Andrea Marcucci sarebbe ‘colpevole’ di essersi candidato nel PLI all’epoca di De Lorenzo. Motivo utilizzato dal giornalista per creare allusione e collegamenti fuor d’ordine, sottolineando che il Direttore Generale del Ministero all’epoca di De Lorenzo fosse il ‘Re Mida’ Poggiolini, e quindi per consacrare chissà quali intrallazzi. Ci sfugge del tutto il nesso che collegherebbe l’incolpevole Senatore con Poggiolini, inquisito ed assolto nei processi e De Lorenzo, neppure inquisito per tali vicende”.
Siamo arrivati al clou, il cuore di tutta la vicenda. Ossia i rapporti d’amicizia, politici e d’affari tra l’ex ministro De Lorenzo, l’ex direttore generale del ministero Duilio Poggiolinie il gruppo Marcucci.
I legali di casa Marcucci li negano, o quanto meno li minimizzano.
Distorcendo totalmente la ‘storia’ politica e calpestando, in modo clamoroso, l’evidenza dei fatti.
Quei rapporti, politici e d’affari, invece, esistono, sono grossi come una casa, stra-documentati, verificati e verificabili da chiunque.
In sintesi. I rapporti tra il gruppo Marcucci e l’ex ministro De Lorenzo sono suffragati, in modo particolare, da due elementi.
In primo luogo, la candidatura di Andrea Marcucci nel 1991 tra le fila del PLI di De Lorenzo.
In secondo luogo, ma non meno rilevante, la partecipazione di Renato De Lorenzo, fratello di ‘Sua Sanità’, al consiglio d’amministrazione di ‘SCLAVO’, non proprio una bocciofila, ma una delle perle, all’epoca (anni ’80), della galassia imprenditoriale dei Marcucci.
I rapporti tra De Lorenzo e Poggiolini sono documentati dal coinvolgimento nella famigerata ‘Farmatruffa’ che ha portato alla condanna penale dei due e anche ad un maxi risarcimento civile, circa 5 miliardi di lire a testa, per aver “danneggiato con la Farmatruffa l’immagine dell’Italia”.
Non è finita qui. Perché a pagina 42 i legali di casa Marcucci rincarano la dose: “Nulla di più diffamatorio per un politico, attualmente capogruppo al Senato, come l’asserire poi che la sua candidatura politica, nel 1991, fosse a consacrazione di un presunto turpe accordo tra il padre (Guelfo Marcucci, ndr) e il Ministro della Sanità, alla base della strage del sangue infetto”.
Ma quale ‘turpe accordo’!
Fu un classico accordo politico, come la Voce ha descritto in modo dettagliato nel volume ‘Sua Sanità’ dedicato a De Lorenzo e uscito nel 1992. Proprio per gli storici, ottimi rapporti tra i De Lorenzo e il padre-patriarca Guelfo, venne candidato sotto i vessilli del PLI il ventiseienne Andrea Marcucci, che risultò il più giovane parlamentare eletto nel collegio super-blindato della sua Toscana.
Passiamo al terzo snodo, uno episodio clamoroso e assai poco conosciuto, del quale i legali dei Marcucci si lamentano in modo totalmente improprio, scrivendo: “come a voler ipotizzare accordi corruttivi a base di tutta la strage” del sangue infetto. Mescolando, in modo fuorviante, due vicende del tutto diverse.
QUELLA CONSULENZA DA 280 MILIONI DI LIRE
Ecco la story della ‘corruzione’, quasi un inedito: eppure il ‘giallo’ è contenuto in uno dei faldoni del processo per la strage del sangue infetto che si è svolto per tre anni (2016-2019) a Napoli.
La Voce, su quel clamoroso episodio, aveva scritto un’inchiesta: che partiva da un documento allegato agli atti del processo partenopeo, ossia il verbale di un interrogatorio reso, anni prima, da Poggiolini ai carabinieri, in cui il ‘Re Mida’ ricostruiva la strana vicenda di una “consulenza da 280 milioni di lire”.
La dazione era avvenuta tramite un funzionario del gruppo Marcucci, e veniva spiegata come il pagamento di una consulenza effettuata da Poggiolini proprio al gruppo Marcucci, per conoscere meglio alcuni ‘meccanismi ministeriali’.
Ci siamo subito posti, nella nostra inchiesta, una domanda: possibile mai che una breve e succinta consulenza possa costare così tanto? Era poi eticamente idoneo che a rilasciarla fosse proprio quel vertice ministeriale, il quale dovrebbe rappresentare l’interesse pubblico e non quello privato?
Comunque sia la vicenda, pur non avendo avuto sbocchi penali, è stra-significativa sotto il profilo storico: perché certifica, a prova di bomba, i rapporti d’affari intercorsi tra Poggiolini e il gruppo Marcucci.
Passiamo ad altre chicche, altrettanti autogol messi a segno – a parere di chi scrive – dai legali di casa Marcucci. Nodi che verranno al pettine nel corso del dibattimento, perché si tratta di fatti incontestabili.
UNA MEMORIA DA CUSTODIRE
Ci rimproverano, i legali di casa Marcucci, di tornare, con i nostri articoli, sulla “strage del sangue infetto”, ribadendo che all’esito del processo partenopeo tutti gli imputati, tra cui Poggiolini e diversi funzionari delle vecchie aziende del gruppo, sono stati assolti con formula piena, perché “il fatto non sussiste”. E ci accusano anche di tirare in ballo Kedrione i tre rampolli in quella storia.
Lo abbiamo scritto decine di volte, e a maggior ragione avendo seguito tutte le udienze del processo durato tre anni. Tutti assolti e candidi come gigli immacolati, gli imputati. Nella vicenda, per ovvi motivi anagrafici, non potevano essere certo coinvolti i tre Marcucci, che all’epoca avevano forse i calzoncini corti e la gonnellina a pieghe; né Kedrion, che sboccia nel 2000, a molti anni da quei tragici fatti.
Ma niente mai al mondo potrà vietare alla Voce di scrivere, e continuare a scrivere, di quella colossale tragedia, costata migliaia e migliaia di vite innocenti (oltre 5 mila), la gran parte delle quali non ha potuto avere neanche uno straccio di giustizia, al massimo risibili risarcimenti per i familiari di alcune vittime. E proprio per questo è basilare, fondamentale, conservare e perpetuare il diritto alla ‘Memoria’. Non lo si fa ogni anno – e lo si è appena celebrato qualche giorno fa – per l’Olocausto?
Forse ci sono vittime di serie A e di serie B?
E non finiremo mai di sottolineare come la classe politica da noi, in Italia, se ne sia altamente fregata delle vittime di quella strage. Nella querela, veniamo accusati senza mezzi termini di aver puntato l’indice contro “la politica che non avrebbe mosso un dito”.
Lo stra-confermiamo e lo ribadiremo sempre: la politica ha nascosto la testa sotto la sabbia. Dopo i provvedimenti presi in seguito allo scoppio delle polemiche d’inizio anni ’90 su ‘Farmatruffa’ e poi sangue infetto, sono stati presi alcuni provvedimenti e adottate alcune norme. Ma niente è stato fatto, ad esempio, per dar vita ad una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage del sangue infetto, come invece è successo in altri paesi, ad esempio in Gran Bretagna e in Francia; ed in quest’ultima è addirittura caduto un governo per il caso del sangue infetto!
Ecco ancora, in rapida carrellata, altre accuse che ci vengono mosse, sempre di lesa maestà, anzi lese maestà, visto che i nostri querelanti sono i tre rampolli Andrea, pezzo da novanta del PD ma cuor sempre renziano, Paolo, da vent’anni sul ponte di comando della corazzata Kedrion, e Marialina, un tempo (inizio 2000) coeditore dell’Unità fondata da Gramsci e da qualche anno in sella alla Fondazione che organizza il Carnevale di Viareggio.
“SUA SANITA’” E IL CONGO BELGA…
Si dolgono della nostra ricostruzione del ‘caso Mannucci’, il superteste che per primo ha verbalizzato nel corso del lungo processo napoletano. Ma cosa ci possiamo fare noi se si trattava di un teste in palese, colossale conflitto d’interessi, la cui testimonianza, dunque, valeva come il 2 di briscola ed è stata invece clamorosamente enfatizzata dal pm?
Un ematologo milanese, Piermannuccio Mannucci, di cui la Voce ha subito, nel 2016, evidenziato i ‘conflitti’, essendo stato in precedenza consulente del gruppo Kedrion e avendo partecipato a diversi simposi (adeguatamente gettonato) organizzati in Italia e all’estero dalla corazzata della dinasty toscana.
Si dolgono, poi, del fatto che la Voce abbia messo nero su bianco cosa ha raccontato, nel corso di un’udienza bollente, il regista americano Kelly Duda, autore dello choccante ‘Fattore VIII’ sulle importazioni facili dagli Usa di sangue non proprio doc, proveniente dalle carceri dell’Arkansas e commercializzato da alcune aziende europee, tra cui ben in vista alcune del gruppo Marcucci. Potete leggere l’articolo di qualche giorno fa sulla querelle tra Duda e il pm Lucio Giugliano.
E a proposito di provenienza di sangue non particolarmente testato, va rammentato che laVoce scrisse la sua prima inchiesta sul gruppo Marcucci addirittura nel lontanissimo 1977: i riflettori venivano puntati sui centri di raccolta nell’ex Congo Belga.
La circostanza, poi, era riportata nel volume ‘Sua Sanità’, dove un capitolo era dedicato proprio alla dinasty dei Marcucci. Ed in pole position figuravano quei non proprio ‘sicuri’ centri di raccolta nel cuore dell’Africa, anche per via di una tecnologia non ancora matura.
E ancora, sulla totale ‘opacità’ dei traffici di sangue infetto ha testimoniato, al processo di Napoli, l’ematologo ed ex sindaco di Pavia Elio Veltri, autore di un libro, ‘Non è un paese per onesti’, in cui un capitolo è dedicato proprio al sangue infetto.
Sorge spontanea la domanda.
Come mai i prodi Marcucci non querelarono nel 1992 ‘Sua Sanità’, uscito proprio in quegli anni bollenti di ‘Farmatruffa’ e ‘sangue infetto’?
Un libro-j’accuse che ‘non potevano non conoscere’ molto bene: sia perché fu per alcune settimane tra i cinque libri di saggistica più venduti; poi perché “l’amico” De Lorenzo arrivò a chiederne il sequestro, addirittura quando non era ancora arrivato in libreria…
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