Ma c’è un’Italia che resiste, antitetica all’indecente partitocrazia suddita di vertici totalmente al di sotto delle qualità richieste dal ruolo di guida della politica? Racconta Francesco De Gregori: “…L’Italia del valzer e l’Italia del caffè…derubata e colpita al cuore…presa a tradimento…dimenticata e da dimenticare…che si dispera…nuda come sempre…metà galera…con gli occhi aperti nella notte triste…l’Italia che resiste”. Ma l’Italia resiste? Non lo fa l’Italia scippata, violentata, ingiuriata da mestieranti della politica molto poco ‘patrioti’, tossicodipendenti da interessi individuali, di partito, estranei al bene comune, che sniffano la droga dell’egocentrismo. Il ‘Bel Paese’ è vittima di esproprio, di invasioni seriali perfino della sua nomenclatura. Prima appropriazione indebita e nemmeno la peggiore perché superata dall’uso oltraggioso che ne fa la destra, è il Forza Italia coniato dai pubblicitari del berlusconismo. In assenza generalizzata di fantasia, si snoda la successione del copia-incolla: Fratelli d’Italia, Italia Viva, Noi con L’Italia, Coraggio Italia. È una serie politicamente sgrammaticata di usurpazioni che il testo esemplare di De Gregori ha denunciato con largo anticipo, è il racconto di nascita, morte e immotivata resurrezione di governi ibridi, colorati di caos, incoerenza, di un raffazzonato e anarcoide mischiarsi-dividersi di giallo, verde, rosso (sbiadito) in modelli di governo formalmente e nella sostanzia totalmente incompatibili: convivono in parallelo manicomiale sovranisti e progressisti, socialdemocrazia e populismo, democratici e nostalgici del Ventennio, razzismo e solidarietà. Cosa aspettarsi dal questo inquinato miscuglio di evidente e crescente mediocrità? Una risposta è arrivata puntuale, con la chiusura di sipario sulla presidenza Mattarella. I mesi di avvicinamento al voto per la successione, sono inutilmente trascorsi alla ricerca di una soluzione, che senza esclusione di colpi bassi e vestita di finti tentativi di condivisione, fosse comunque ininfluente sulla sopravvivenza della legislatura, cioè fuori dal pericolo di sciogliere le Camere e di affrontare elezioni politiche che eleggeranno un numero inferiore di deputati e senatori. La politica ha dato di sé l’immagine di un formicario privo della bussola, di un andirivieni scomposto, di incursioni insensate in labirinti senza vie d’uscita. Di là dalla retta via smarrita da Salvini, gaffeur della Val padana, autolesionista capoccia della Lega, che fa più danni all’Italia di alluvioni e frane; oltre lo sconcertante, indecifrabile tandem Grillo-Conte, l’Italia ha vissuto con rinnovato sconcerto la grave imperfezione della sua giovane democrazia, la modestia del personale politico, che manda al macero inutili sedute di Montecitorio, brucia con cinismo candidature senza neppure consultare le/gli interessati, assiste con indignazione ad alleanze e contrasti da manicomio, all’impacciato vuoto di protagonismo del Pd e consente alla borgatara Meloni di porre veti, proporre soluzioni. Dov’è l’Italia che resiste?
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