Piove sul bagnato all’Università degli Studi Internazionali di Roma, UNINT per i suoi aficionados.
Sono stati infatti rinviati a giudizio, e quindi andranno sotto processo, i due vertici dell’ateneo privato, ossia l’ex presidente, Giovanni Bisogni, e il legale rappresentante, Maurizio Finicelli.
Pesante il capo di imputazione per entrambi: truffa aggravata sul fronte dei fondi pubblici.
UNINT, secondo le accuse formulate dal pm della procura di Roma Mario Palazzi e accolte dal gip Paolo Scotto di Luzio, ha ottenuto una cifra di poco inferiore ai 500 mila euro di fondi ministeriali (ed erogati dal dicastero della Sanità) alterando i titoli necessari per avervi accesso.
Sotto la lente d’ingrandimento del Nucleo di polizia economica delle Fiamme Gialle, in particolare, sono finiti quattro progetti per diversi importi.
Due i più cospicui, rispettivamente da 206 mila e da 139 mila euro: sono stati gestiti, secondo il pm Palazzi, “con raggiri e artifizi, consistiti nell’aver rendicontato costi del personale formalmente contrattualizzato con UNINT ma che ha prestato la propria opera per ricerche effettuate da FORMIT e predisponendo un impianto documentale falso per giustificare le richieste di spesa avanzate al ministero della Salute”.
Di minore entità altri due progetti, rispettivamente da 74 mila e da 57 mila euro. Simile lo schema del raggiro: gli importi vennero “rendicontati fittiziamente per personale non realmente impegnato nel progetto e i costi del personale non preventivamente autorizzati”.
Per la gravità degli addebiti e la non esiguità degli importi, in caso di condanna UNINT rischia non solo il blocco dei fondi erogabili, ma anche la revoca di quelli già ottenuti in base al decreto legislativo 231/01.
Il gip ha ammesso la costituzione di una sola parte civile. Si tratta di uno dei docenti dell’ateneo, Angelo Maietta, dalla cui denuncia è nata tutta l’inchiesta che ha portato gli inquirenti a scoperchiare il pentolone dei fondi ‘facili’. Insieme a molti altri docenti, infatti, Maietta si era trovato a far parte dell’elaborazione di progetti dei quali gli stessi docenti erano del tutto ignari, mai informati di niente.
Respinta, invece, la richiesta di costituzione di parte civile avanzata dall’Istituto San Pio V, l’ex università passata sotto il controllo di UNINT, subentrata alla Fondazione FORMIT nella governance.
Bisogni si è dimesso dalla carica di presidente del cda quanto è cominciata l’inchiesta della Procura di Roma. E’ stato al vertice sia di UNINT che di FORMIT e, secondo le accuse del pm, avrebbe utilizzato la doppia carica “a vantaggio e nell’interesse di UNINT”. Assieme a Finicelli, subentrato al timone del cda, deve quindi rispondere “degli illeciti amministrativi commessi in assenza di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della stessa specie”.
La Voce ha scritto del caso UNINT in un paio d’inchieste del 2020. Ricostruendo in modo dettagliato la vicenda, e rifacendosi soprattutto ai capi d’imputazione del pm Palazzi. Non poco pesanti, perché si tratta di fondi pubblici, gestiti in modo quanto meno ‘allegro’ o, se preferite, ‘disinvolto’. Tanto disinvolto e allegro da finire ora – gli autori di quei fatti – sotto processo.
Eppure, contri quegli articoli si sono scagliati, a testa bassa, ed in modo non poco offensivo nei nostri confronti, i vertici di UNINT: che prima, con delle motivazioni del tutto risibili, ci hanno invitati ad un ‘arbitrato’. Da noi certo non accettato. Quindi ci hanno querelato.
In basso potete leggere i due pezzi della Voce, in cui viene anche descritta la querelle.
E val la pena di far cenno ad un’altra querelle. Attivata esattamente tre anni fa, a gennaio 2019, contro un giornalista dell’edizione romana del ‘Corriere della Sera’, Fulvio Fiano, reo di aver osato scrivere delle prime fasi dell’inchiesta della procura capitolina. Un articolo, anche stavolta, attaccato a testa bassa. Nell’occasione hanno preso carta e penna per difendere a spada tratta le ‘gestioni Unint’ l’allora presidente del cda Armando Bonanni, il rettore Francisco Matte Bon e i presidi di tre facoltà, ossia ‘Economia’, ‘Scienze Politiche’ e ‘Lingue per interpretariato e traduzione’.
Sarebbe interessante, oggi, dopo i rinvii a giudizio e il processo che presto comincerà, sapere se lorsignori sono dello stesso avviso. Se sono sempre così ferrei nel condividere la politica gestionale dell’ateneo. E poi: cosa sapevano dell’inchiesta avviata dalla procura romana? Hanno fornito informazioni utili alle indagini?
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