Per fornire attenuanti a un povero cristo, sorpreso a rubare una confezione di formaggio al supermercato per sfamarsi, si fa ricorso al detto popolare ’o pesce fete da capa’ di facile traduzione nella lingua raccomandata dai puristi dell’Accademia della Crusca. Cioè: traviare un picciotto che bullizza un coetaneo non è colpa di aggressività innata, ma del sistema mafioso, che dal vertice della piramide malavitosa si riverbera ad ogni livello sugli ‘associati’ e non risparmia neppure ai giovanissimi, se socialmente non protetti. In irriverente parallelo andrebbe processato chi governa il timone del clero, il complesso di cardinali, vescovi e prelati con ruoli di guida dei fedeli, ma ancor prima di loro il capo della Chiesa. Il buon senso, esattamente come afferma l’opinione di autorevoli analisti del comportamento umano, ha definitivamente accertato che il tragico fenomeno degli abusi sessuali sui minori ha come causa primaria l’assurdo dogma della castità, che comporta l’insorgere di gravi disturbi ormonali e la pericolosa repressione della normale, fisiologica attività sessuale, benedetta da Cristo con l’invito a procreare erga omnes, nessuna creatura esclusa. Per legittimare l’assurdo divieto di amare, menomazione comune a preti e suore, la teologia ha inventato il teorema dell’amore esclusivo, esaustivo, per Dio e Gesù. Ne discende un dubbio a cui la Chiesa non avrebbe argomenti attendibili per rispondere: erano per caso pedofili, eredi della romanità lasciva, i soloni della cristianità che hanno spacciato per volontà divina la follia della castità, con l’inevitabile fine di perpetuare la violenza degli abusi sessuali su vittime fragili, indifese, circuite negli oratori, nei collegi? Quanto è radicata nello sconfinato regno di chi indossa il talare l’idea di immunità, l’auto assoluzione senza penitenza? Molto. Migliaia di preti e suore, sono stati protetti per secoli dalla vergogna degli abusati e dei loro familiari, dal deficit del giornalismo investigativo, dalla colpevole inerzia della magistratura. Francesco, coraggioso papa, che sarebbe piaciuto a Cristo come tredicesimo apostolo, è lo straordinario crociato di benefiche incursioni nello status per nulla limpido della sua Chiesa, eppure sorprende la modesta iniziativa per la repressione dei reati sessuali che mette in luce l ‘caso’ o il coraggio di chi li ha subiti. Di là dalle operazioni di pulizia interna, condotta al fine di stroncare l’ignobile pratica degli abusi, Bergoglio avrebbe potuto, dovuto cancellare con l’autorità di cui gode, il vincolo innaturale che impedisce a preti e suore di amare ed essere amati come il resto dell’umanità. E non sorprende il ‘non c’ero, non sapevo di Ratzinger, che merita elogi solo essersi dimesso, per aver ammesso l’incapacità a gestire il marcio del Vaticano e figuriamoci le migliaia di denunce documentate di pedofilia praticata del clero a tutti i livelli. Certamente non poteva essere Ratzinger, in quanto teologo difensore dei dogmi emanati dai suoi simili, a rivestire gli abiti del purificatore. Non stupiscono le accuse di aver insabbiato tanti casi di pedofilia, di ignorare (“per mancanza di tempo”) i 500 abusi sessuali avvenuti in Germania, nella diocesi di Monaco. Papa Francesco, se avverte la responsabilità di essere papa innovatore e rinnovatore, deve affrontare il tema con coraggio e rimuovere le resistenze interne, ‘donare’ a preti e suore il ‘pass’ per sposarsi e aderire al mandato del figlio di Dio “ama il prossimo tuo, procrea”, invito raccolto da tutte le religioni ‘altre’.
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