THE LANCET / IL J’ACCUSE AL GOVERNO PER I MORTI DELLA VAL SERIANA

“La popolazione lombarda fu scossa dagli eventi scatenati dal virus e dall’inconsistenza delle misure di salute pubblica delle autorità governative insieme a quella di un piano pandemico obsoleto e non aggiornato”.

E’ impietosa la diagnosi stilata da un gruppo di ricercatori italo-francese e appena pubblicata dalla rivista famosa rivista scientifica ‘The Lancet’ nella sezione ‘Correspondence’ e sotto un titolo che più eloquente non si può: “Riconoscere gli errori dell’Italia nella risposta a Covid-19”.

Un vero pugno nello stomaco sia per la Regione Lombardia che per il primo governo Conte.

E arriva dopo un altro colpo da ko, stavolta sferrato dalla procura di Bergamo, che sta portando avanti l’inchiesta sulle responsabilità politiche e sanitarie per non aver attivato la zona rossa nella zona più colpita della bergamasca, quella di Alzano-Nembro. I pm orobici ora possono contare sulla super perizia consegnata giorni fa dal consulente incaricato dalla procura, Andrea Crisanti. Dalle prime indiscrezioni trapelate, emergono profonde carenze, lacune e colpevoli omissioni nelle decisioni adottate dal governo centrale e da quello regionale. A livello tragicamente numerico, si stima che attivando le misure ad hoc migliaia di vite umane si sarebbero potute salvare, tra le 2 e le 3 mila almeno.

Ma torniamo al bollente reportage scientifico pubblicato da ‘The Lancet’. A firmarlo sono Chiara Alfieri, che lavora nel ‘Laboratoire Population, Environnement, Demographie’ dell’Institut de Recherche pour le Developpement’ dell’Università di Aix-Marseille, appunto a Marsiglia; insieme ai colleghi Alice Desclaux, Marc Egrot e Kelly Sams che lavorano in altri atenei transalpini, tutti impegnati nel portare avanti il programma di studio ‘Comescov’, “Confinement et mesures sanitaires visant à limiter la transmission du Covid-19”.

Un team, come si vede, più che attrezzato.

Ecco alcuni tra i passaggi salienti contenuti nell’articolo che dovrebbe far   non poco discutere non solo a livello mediatico, ma anche suscitare le dovute reazioni da parte di quelle autorità politiche e scientifiche così pesantemente tirate in ballo. E invece, fino ad oggi, niente: nessuna reazione, un autentico muro di gomma.

A ulteriore dimostrazione del totale livello di menefreghismo raggiunto da quelle (sic) autorità, che finiscono per auto-delegittimarsi in modo tanto palese quanto clamoroso.

Scrivono i quattro autori: “La decisione di non creare la zona rossa ad Alzano e Nembro da parte del Governo e della Regione Lombardia quando la presenza del Covid-19 fu diagnosticata in alcune persone alla fine di febbraio 2020, viene vista come direttamente responsabile della diffusione dell’infezione in altre città attraverso la provincia di Bergamo (in modo particolare la Val Seriana) e poi in tutta Europa”.

Parole che pesano come macigni, e che potranno risultare molto utili anche per i pm bergamaschi, impegnati nell’accertamento di tutte le responsabilità, penali e civili.

I ricercatori si pongono di fronte all’interrogativo-base: “In che modo una diversa risposta di salute pubblica avrebbe potuto fermare l’epidemia di Covid-19 nella provincia di Bergamo, diventata famosa nella primavera del 2020 per i cadaveri accatastati in ospedali, chiese, cimiteri e trasportati con camion militari ai crematori?”.

Dalla zona rossa al piano pandemico, gli studiosi elencano i nodi critici della tragica prima ondata. Rammentano una definizione fornita dall’Istat, “eventi da terza guerra mondiale” e sottolineano l’impegno

profuso in tutte quelle settimane bollenti dall’Associazione ‘Sereni e sempre uniti’ che lo scorso 2 novembre è scesa in piazza a Roma per denunciare l’omertà istituzionale e chiedere l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta per passare ai raggi x tutta la gestione – politica e sanitaria – della tragica pandemia.

L’ospedale di Alzano. In apertura il tragico scenario dei camion militari che trasportavano i morti di Covid in Val Seriana

Più in dettaglio – sostengono i ricercatori – “è necessario esaminare l’inizio della pandemia in Lombardia. I cittadini si sono confrontati con l’orrore: i loro cari che morivano in casa senza cure o soli in ospedale, la scarsità di ossigeno e respiratori, la confusione nell’identificazione dei corpi cremati”.

Molto significativo il riferimento alla “mancanza di cure”, uno dei più pesanti capi d’accusa nei confronti di quel governo che ha impartito agli italiani il diktat ‘Tachipirina e vigile attesa’ da cui sono scaturite decine di migliaia di morti: episodi degni di un processo davanti alla Corte dell’Aja per i crimini contro l’umanità.

Continua l’analisi pubblicata da ‘The Lancet’: “Per reazione, la società civile bergamasca si è organizzata in un movimento che chiede giustizia. Gli obiettivi dell’Associazione Serenisono ottenere verità, giustizia, riparazione e dignità, e offrire supporto emotivo in risposta al dolore, alla confusione e al risentimento delle famiglie dei defunti e della comunità più ampia”.

E ancora. “La ricerca transdisciplinare – viene sottolineato – produce evidenze sulle azioni delle associazioni della società civile, come l’Associazione Sereni. Questa evidenza è fondamentale per le istituzioni, per identificare e affrontare gli errori nella risposta della sanità pubblica che è necessaria per supportare le comunità a prepararsi per future minacce infettive, come raccomandato dalla ‘Community Preparedness Unit’ dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”.

Commenta Consuelo Locali, il legale dei familiari delle vittime: “Quello di ‘The Lancet’ è uno straordinario riconoscimento istituzionale che corona un lavoro certosino di ricerca documentale fatto negli ultimi due anni. Ma è soprattutto un riconoscimento per quei cittadini che hanno deciso di portare in giudizio le istituzioni per fare in modo che si assumano le responsabilità di quanto avrebbero dovuto fare e non hanno fatto, a scapito della vita di migliaia di persone che oggi potrebbero essere ancora tra noi”.


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