L’Italia sta facendo ridere (o piangere?) mezzo mondo per via di un processo-sceneggiata che si sta celebrando a Roma e vede sul banco degli imputati un regista americano accusato di “aver offeso l’onore e il prestigio” di un magistrato nel corso del processo per la strage del sangue infetto che si è svolto al tribunale di Napoli dal 2016 al 2019.
Titola ‘The Guardian’, il prestigioso quotidiano inglese: “Regista statunitense processato in Italia con l’accusa di epoca fascista per una testimonianza sul sangue contaminato”.
La notizia, data dal Guardian in prima internazionale, è poi rimbalzata tra le principali testate europee e non solo, visto che è stata ripresa in diversi paesi dell’est e asiatici, nonché ovviamente negli Usa (tra i giornali, anche l’Arkansas Times). Basta fare su internet, via google, la ricerca su ‘Kelly Duda’ – ossia il nome del regista incriminato – per rendersene conto e leggerne delle belle.
La Voce – che ha seguito i tre anni di processo, con inchieste e servizi dopo ogni udienza – a suo tempo riportò quanto successe in quella fatidica udienza del 4 dicembre 2017, quando Duda rese la lunga e articolata testimonianza, dettagliando anche quanto successe al termine, con il ‘parapiglia’ finale.
Potete leggere quella cronaca linkando in basso, dove trovate una serie di articoli sia su Duda che sulle fasi salienti del processo per la strage del sangue infetto; con riferimento anche al pm Lucio Giugliano, che ha denunciato il regista americano, ritenendosi oltraggiato dal suo comportamento.
Un pm, Giugliano, che fin dalla seconda udienza del processo partenopeo chiese il proscioglimento di tre imputati e al termine ha chiesto (e ottenuto dal giudice Antonio Palumbo) l’assoluzione di tutti gli imputati, perché “il fatto non sussiste”.
E troverete anche il reportage sulla prima, basilare testimonianza di tutto il processo, quella dell’ematologo Piermannuccio Mannucci, in palese conflitto d’interessi, perché già consulente di ‘Kedrion’, la corazzata di casa Marcucci, i cui ex dirigenti erano i principali imputati (con Duilio Poggiolini) al processo partenopeo.
TUTTO ‘GUARDIAN’ PASSAGGIO PER PASSAGGIO
Ma procediamo con ordine. E leggiamo cosa ha scritto, per il Guardian, la corrispondente da Roma, Angela Giuffrida, il 20 gennaio.
“Un cineasta americano è processato in Italia per ‘offesa all’onore e al prestigio’ di un pubblico ministero italiano dopo aver testimoniato in un procedimento penale contro un ex capo del ministero della Salute e rappresentanti di una società farmaceutica accusati di aver fornito agli italiani emoderivati contaminati”.
Continuiamo con i passaggi salienti del reportage.
“Kelly Duda, che ha rivelato come il sangue contaminato prelevato dai
detenuti in Arkansas sia stato venduto in tutto il mondo, rischia fino a tre anni di carcere se ritenuto colpevole di un reato che risale al periodo fascista italiano”.
“Duda, che ha anche testimoniato al processo sul sangue contaminato nel Regno Unito nel 2007, è stato contattato da avvocati italiani dopo che il suo documentario del 2005 sullo scandalo dell’Arkansas, ‘Fattore 8’, ha rivelato che migliaia di vittime inconsapevoli in diversi paesi, tra cui l’Italia, erano morte dopo ricevuto contaminazioni da prodotti importati dagli Stati Uniti. I casi in Italia risalgono agli anni ’80 e ’90, quando 2.605 emofiliaci sono stati infettati da HIV ed epatite attraverso il plasma prelevato dal sangue dei detenuti in Arkansas”.
“Per me l’Italia è emersa per la prima volta nel 1999, quando ho scoperto che la FDA(Food and Drug Administration, ndr) statunitense aveva emanato due richiami internazionali di sangue contaminato dal sistema carcerario dell’Arkansas, e uno dei paesi in cui questo sangue era andato era l’Italia”, ha detto Duda. “Quando mi è stato chiesto di testimoniare, ho discusso se farlo e alla fine ho pensato che stavo facendo qualcosa di buono poiché così tante persone avevano sofferto. Ma sono finito in un vespaio”.
DA POGGIOLINI AI MARCUCCI
Prosegue la corrispondente del Guardian nella ricostruzione dei fatti. “Nel dicembre 2017 Duda si è recato a Napoli per testimoniare in un processo per omicidio colposo contro Duilio Poggiolini, ex capo della divisione farmaceutica del ministero della salute, e 10 rappresentanti del gruppo Marcucci, azienda farmaceutica che produceva e commercializzava emoderivati. Gli imputati sono stati assolti nel 2019”.
“Durante quella che Duda ha descritto come un’udienza caotica e confusa, il pubblico ministero Lucio Giugliano avrebbe tentato di bloccare e screditare la sua testimonianza – anche se era un testimone dell’accusa – inclusa la prova di un legame tra il sangue contaminato dalla prigione dell’Arkansas e il gruppo Marcucci”.
“Dopo l’udienza, mentre Duda ha stretto la mano a Giugliano, gli ha detto: ‘Nel mio Paese, quello che hai fatto oggi da pubblico ministero sarebbe vergognoso”.
“Giugliano ha poi detto al giudice (Antonio Palumbo, ndr) che Duda aveva appena commesso un reato e l’americano è stato brevemente trattenuto”.
Giuffrida riporta alcune parole raccolta da Duda: “Il pubblico ministero ha cercato di impedire al suo testimone – come me – di testimoniare e poi mi ha fatto solo domande volte a screditarmi. E per questo sono io adesso sotto processo? E’ sbalorditivo, ma non vedo l’ora di difendermi”.
Così commenta la corrispondente del Guardian: “Il Consiglio d’Europa (CoE) ha pubblicato un avviso sul caso Duda sulla sua piattaforma di protezione giornalistica, a cui l’Italia non ha ancora risposto. Duda è supportato da Ossigeno per l’Informazione, un’organizzazione nata per difendere i diritti dei giornalisti. Il delitto di cui è accusato Duda risale al 1930, durante il governo di Benito Mussolini. Diversi altri giornalisti hanno affrontato casi simili, tra cui Lorenzo Tondo del Guardian, che sta affrontando due denunce per diffamazione da parte di un pubblico ministero siciliano (Calogero Ferrara, ndr) per un post su Facebook e una serie di articoli pubblicati dal Guardian”.
“Negli ultimi anni in Italia sono aumentati i casi di diffamazione intentati dai pubblici ministeri contro i giornalisti”.
“Questo delitto è patrimonio di un’impostazione fascista ed è incomprensibile che esista ancora”, sostiene Andrea Di Pietro, avvocato di Duda. “Anche la corte suprema ha affermato in diversi casi che i magistrati, in particolare i pubblici ministeri, devono sottoporsi a critiche”.
GRAZIE, OSSIGENO
Qualche dettaglio in più, prima di passare alle ‘critiche’ a suo tempo sollevate dalla Voce, nei suoi articoli, circa l’anomalo comportamento tenuto dal pm Giugliano non solo nel caso-Duda, ma in tutti i tre anni di processo, fin dalla prima, pardon dalla seconda udienza.
Duda non ha preso parte all’udienza di qualche giorno fa al tribunale di Roma per un difetto di notifica, come è stato rilevato in aula. All’udienza non ha partecipato neanche il pm Giugliano. Il prossimo appuntamento è fissato per il 13 luglio.
Nel corso dell’udienza, comunque, sono stati ascoltati alcuni dipendenti del tribunale e componenti delle forze dell’ordine, i quali hanno descritto il clima che c’era in aula quel giorno. Un clima certo non teso, un’atmosfera non dissimile da quella che si respira ogni giorno in tante aule di giustizia.
Kelly Duda è difeso dall’avvocato Andrea Di Pietro, che fa parte del team legale organizzato per difendere i giornalisti da ‘Ossigeno per l’Informazione’, l’associazione fondata una quindicina d’anni fa da Alberto Spampinato, fratello del giovane cronista dell’Ora di Palermo, Giovanni Spampinato, ucciso dalla mafia. ‘Ossigeno’ svolge una meritoria azione in difesa della libertà di stampa e d’informazione e anche a concreta tutela dei giornalisti minacciati non solo in modo diretto dalle mafie, ma anche in guanti bianchi. Ossia attraverso le sempre più frequenti querele penali o citazioni civili per risarcimenti danni, veri revolver puntati alle tempie di tanti reporter, spesso free lance, senza editori alle spalle o con editori pronti a scaricarli al primo intoppo.
Per fronteggiare le spese legali (o di onerose trasferte, come nel caso di Duda dagli Stati Uniti), ‘Ossigeno’ può contare sulla collaborazione che arriva da due ong europee: l’olandese ‘Free Press Unlimited’ e la londinese ‘Media Defence’.
ANOMALIE DI UN PM
Chiudiamo con qualche nota sul pm Giugliano, che potete meglio ‘decodificare’ scorrendo gli articoli pubblicati dalla Voce nei tanti mesi del processo per la strage del sangue infetto.
Prima anomalia. Il pm, dopo aver ascoltato un solo teste, il primo su quasi un centinaio in totale, per di più in palese conflitto d’interessi, come Piermannuccio Mannucci, chiese immediatamente il proscioglimento di tre imputati. Un pm che invece di svolgere il ruolo di centravanti – scrisse la Voce – si trasforma in stopper per la difesa. Si va verso una precoce archiviazione?, si chiedeva la Voce.
Nel corso di tutto il processo e delle successive decine di testimonianze (nonché delle perizie), il pm si è contraddistinto per lo scarsissimo numero di domande, per la debolezza intrinseca degli interrogativi posti: insomma, per la palese, modesta incisività nello svolgimento dell’attività che giuridicamente gli compete.
Nessuna domanda ha mai cercato di porre in qualche difficoltà gli imputati. Tutti interrogativi alla camomilla.
Praticamente solo nel caso Duda (guarda caso uno dei più forti testi dell’accusa) ha messo i bastoni tra le ruote dell’avversario, pardon del teste.
Come chiamarlo, in gergo sempre calcistico, se non un autogol?
Scontata, anzi ovvia, quindi, la richiesta finale: proscioglimento da ogni accusa per tutti gli imputati dello storico e ultraventennale processo per la strage del sangue infetto, cominciato a Trento e finito a Napoli: “il fatto non sussiste”.
Il che fece commentare alla Voce: “Forse tutti suicidi i morti da emoderivati infetti”.
Anche stavolta è lesa maestà?
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