Nonostante il blu di ordinanza da politico in ghingheri, il nobiluomo Berlusca come copia-incolla dell’inimitabile Arturo Brachetti dismette il doppio petto allargato di recente in sartoria per adeguarlo alla stazza di avido ghiottone e preso in prestito da una domestica il grembiule si reca al mercato romano dove convergono senatori e deputati. Ha il borsellino ricolmo di euro, sceglie frutta e verdura in scadenza, ovvero i soggetti a rischio di non essere rieletti e ne mette nel cesto della spesa. Gioco facile, basato sul calcolo delle probabilità: dall’inizio della legislatura in corso, a esibirsi nel ‘salto della quaglia’ e abiurare al partito che li ha eletti, per passare a un altro soggetto politico, lo hanno fatto duecento tra deputati e senatori, sì, gli stessi che non rinunciano a farsi citare abusivamente come ‘onorevoli’. Per dire, che l’etica di chi vince il terno al lotto di uno scanno a Montecitorio o a Palazzo Madama è un ‘dettaglio’ ignorato e che una proposta allettante non trova ostacoli, resistenza, opposizione. Domanda lecita: ma cosa garantisce che all’ ‘invito’ a cambiare casacca, corrisponda il conseguente voto, se è segreto? La fantasia ai ‘corruttori’ non fa difetto. La camorra che pagava cash i voti per i suoi candidati, chiedeva agli elettori di fotografare con il cellulare la scheda con la ‘x’ al posto giusto. Potrebbe accadere anche per l’elezione del prossimo Capo dello Stato? Nella ‘cabina’ dove ogni parlamentare è protetto da teli non trasparenti è concesso entrare con in tasca lo smartphone? La pandemia sembra sventare questa truffa elettorale per ragioni di sicurezza anti Covid: la variante omicron. se circolasse nel ‘seggio’ potrebbe infettare sentori e deputati. L’alternativa è votare allo scoperto, ma non esaurisce il pericolo di ‘voti riconoscibili’. L’elettore, sulla scheda, accanto al nome del candidato, potrebbe aggiungere un segno convenuto, anche impercettibile, a dimostrazione di aver votato come da ‘ordine di servizio’ del mandante. A contrastare questa immorale ipotesi di voto si è manifestato tempestivamente il pensiero del presidente della Camera Roberto Fico: “Le schede su cui non fosse riportato solo il nome del candidato, sarebbero annullate”. Bene, voce e tomo dell’ammonimento confortano, esaltano il ruolo istituzionale della terza più alta carica dello Stato, ma garantiscono in assoluto la legittimità dei voti? Un’esplorazione introspettiva, avvalorata da un rapido consulto familiare attiva l’allarme. Esempio: se scrivo Esposito staccando le lettere così, E s p o s i to, il voto è valido? E se lo scrivo così Es posito? Se la mia erre minuscola è da sempre uguale alla erre maiuscola, ma in formato pari alle altre lettere, diventa un caso di riconoscibilità? Eccetera, eccetera, eccetera. In tema: cosa nasconde la timidezza di Pd e 5Stelle che ‘sparacchia’ il ‘no’ a Berlusconi solo perché sarebbe divisivo? Facile replica della destra: ma allora Napolitano non era forse divisivo, e di più? L’impresentabilità dell’85enne che si fregia dell’appellativo ‘bunga, bunga’ è ovviamente ben altro e si devono di nuovo a Fico i perché del soggetto eticamente e giuridicamente ineleggibile. La coraggiosa ‘sentenza’ trova riscontro nel ‘no’ dell’Europa all’ indecente candidatura. Di colpo retrocederebbe a disistima il giudizio positivo di cui gode l’Italia. Intanto, Salvini e la borgatara Meloni gestiscono il famigerato gioco delle tre carte, destinato a disilludere il manipolo sempre più rinsecchito dei sudditi del ‘cavaliere’. La sua candidatura sarebbe un ballon l’essai da sgonfiare come ‘sacrificio’ della destra, compensato con un presidente gradito… “Che ci spetta, dopo tanti eletti dal centrosinistra”. Sarebbe ‘divertente’ opporre a questo machiavellismo un finto ‘like’di Letta a Berlusconi. Costringerebbe il ‘nemico’ a candidarlo davvero, con la quasi certezza di un clamoroso flop. Fantasie, certo, ma per ora, in pieno marasma dei partiti, altro non è concesso.
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