IL RICCO PARASTATO / DOMENICO ARCURI E MAURIZIO PERNICE, ATTENTI A QUEI DUE

Un caso di monarchia assoluta nella repubblica italiana, un’anomalia che più stridente non si può in un ente alle dirette dipendenze dello Stato.

Così viene etichettato da ‘DirPubblica’, una delle sigle più battagliere (o meglio, meno assonnate) del nostro panorama sindacale, l’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione, ISIN per i suoi fans.

Un organismo di non poco conto, visto che il nostro Paese è sciaguratamente ancora alle prese con il famigerato ‘decommissioning’, vale a dire lo smantellamento delle nostre centrali nucleari, o di quello che, purtroppo, ancor oggi ne resta in piedi.

Mentre a livello internazionale si sente parlare di ritorno al nucleare di nuova generazione, ‘sicuro’ (sic), come sta infatti progettando nientemeno che Bill Gates nel cuore degli Stati Uniti, nel Wyoming.

La ‘monarchia’, per la precisione, riguarda l’ultima gestione, iniziata cinque anni fa, a novembre 2016, con l’ascesa al ‘trono’ – è proprio il caso di dirlo – di Maurizio Pernice, avvocato 56enne e un’intera vita professionale nel ricco parastato, in un continuo valzer di poltrone spesso e volentieri dorate.

Un curriculum che si è in prevalenza svolto tra le ovattate stanze del Ministero dell’Ambiente, dove nel 2015 è stato nominato dal ministro dell’epoca, Gian Luca Galletti, al vertice della ‘Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque’ con un appannaggio annuo da 240 mila euro (c’è da augurarsi lordi). ‘Salario’ che con ogni probabilità percepisce anche oggi, al timone di ISIN.

Un timone davvero tentacolare, visto che cumula una smisurata serie di funzioni, e forse così si spiega il perché di una busta paga di tal peso.

Denuncia ‘DirPubblica’: “All’ISIN esiste una totale mancanza di separazione dei poteri di indirizzo politico e di gestione amministrativa. Tutte le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro. Ed invece, nel predisporre ed approvare il regolamento di organizzazione dell’ISIN si è operato in senso addirittura contrario, facendo assumere al Direttore compiti di gestione, con tutta una serie di funzioni che non competano nel modo più assoluto al Direttore. Ma non è finita qui: perché è stato omesso di individuare nell’organizzazione dell’ente un organo di controllo interno, accentrando invece presso il Direttore stesso, attraverso l’istituzione di un ‘ufficio del direttore’, le funzioni di controllo sia dell’audit interno, sia sulla gestione e sulla verifica del ciclo delle performance. Insomma, il caos più totale, senza che nessuno, a livello politico o governativo, prenda un provvedimento e ripristini una situazione di trasparenza e legalità”.

E veniamo al pedigree dell’avvocato tuttofare, perfino di ‘controllore di se stesso’.

Domenico Arcuri. Sopra, Maurizio Pernice

A dicembre 2014 viene nominato dal Ministero per l’Ambiente anche custode giudiziario dell’area SIN di Bagnoli, al centro di ultradecennali polemiche e dopo tante tribolazioni sequestrata dal tribunale di Napoli. La Procura partenopea, infatti, ha condotto una lunga inchiesta sulle acrobazie – finanziare e ambientali – di ‘BagnoliFutura’, la società partecipata dal Comune di Napoli e finita in crac, con un buco da 250 milioni di euro circa, soldi finiti nelle tasche di ‘consulenti’ e ‘amici degli anni’. Con l’incredibile risultato che in trent’anni non solo, a Bagnoli, sono state sperperate vagonate di danari pubblici, ma addirittura i livelli di inquinamento sono aumentati a dismisura: alla faccia della bonifica sbandierata ai quattro venti!

Ma torniamo all’avvocato Pernice. Il quale, sempre nel 2015, diventa consigliere giuridico del commissario straordinario per Bagnoli, nominato dal governo guidato da Matteo Renzi: si tratta di Salvatore Nastasi, uno dei rampanti brasseur di Stato; pochi anni prima, infatti, era stato commissario straordinario al Teatro di San Carlo, scelto dal presidente della Regione all’epoca, Antonio Bassolino.

A marzo 2015 è proprio l’avvocato-consulente Pernice a presentare al Comune di Napoli, sotto la sindacatura di Luigi de Magistris, l’ennesimo piano per la bonifica di Bagnoli, prevedendo di avvalersi della collaborazione di Sogesid (un altro carrozzone di Stato, anch’esso impegnato sul fronte del nucleare) e di ISPRA.

Nello stesso periodo ‘INVITALIA’, l’ennesimo carrozzone pubblico diretto   da Domenico Arcuri (il poi famigerato commissario straordinario per l’emergenza pandemica, prima dell’arrivo del generale Figliuolo), viene scelta come soggetto attuatore della bonifica, prevedendo di investire 4 miliardi stanziati dall’Italia oltre a 180 milioni di provenienza UE. Ma il programma del tandem Arcuri-Pernice resta miseramente solo sulla carta, mai attuato. A quanto pare il neo sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, intende estromettere Invitalia dalla gestione della bonifica, peraltro mai partita.

Gli incroci fra Arcuri e Pernice, comunque, non finiscono qui. Perché è stato firmato dall’avvocato tuttofare l’ok per l’affidamento di ISIN ad Invitalia dell’appalto per la fornitura e posa in opera delle centraline di rilevazione delle radiazioni, centraline da localizzare lungo tutta la nostra penisola, per un importo totale da 1 milione e mezzo di euro.

Dio li fa e poi li accoppia.


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