Tutti la vogliono, tutti la cercano. Le tivvù se la contendono a botte di share, firma libri, un film appena presentato a Torino e al debutto su ‘Prime Video’ la vede al centro della scena. E, ciliegina sulla torta, si fa il suo nome per la corsa al Quirinale.
Si tratta di Ilaria Capua, una vita e una storia che potrebbero condurre, in modo clamoroso, a quel Colle più alto.
Partiamo dalle news.
Le ultime vanno attribuite all’ex premier e ora leader 5 Stelle Giuseppe Conte, che nel corso della trasmissione di Myrta Merlino ‘L’aria che tira’ ha commentato: “Vedrei bene una donna al Quirinale e in testa ho un profilo di cui poter essere tutti orgogliosi”.
‘Affari italiani’ la individua nella ricercatrice volata in Florida: “se si parla di una donna conosciuta ed apprezzata dall’establishment, anche per i suoi modi sobri, con esperienza da parlamentare e, cosa da non trascurare, con un background professionale di caratura internazionale che contribuisce a conferirle autorevolezza, specialmente in una fase storica ancora profondamente segnata dall’emergenza pandemica, allora tale ritratto calzerebbe perfettamente a Ilaria Capua”.
Davvero sulla cresta dell’onda, la nostra ricercatrice, laureata in Veterinaria, per tre anni (dal 2005 al 2007) responsabile del ‘Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria’di Padova, eletta nel 2013 alla Camera tra le fila della montiana ‘Scelta Civica’; poltrona abbandonata nel 2016 per l’inchiesta della procura di Roma che la tirava in ballo, insieme al marito 11 imputati, per un presunto traffico di virus dell’aviaria.
E proprio quel pesantissimo capo d’accusa dà il titolo al libro scritto nel 2017, “Io, trafficante di virus”, che si è appena trasformato in un film praticamente dallo stesso titolo (manca solo l’io, ‘Trafficante di virus’), per la regia di Costanza Quatriglio e l’interpretazione da protagonista di Anna Foglietta che incarna, appunta, la Capua.
L’inchiesta capitolina durò un paio d’anni, poi il fascicolo venne trasmesso per competenza territoriale alla procura di Venezia, quindi smistato a Verona (visto che i fatti si sarebbero svolti a Padova, presso il centro di ricerca), dove il gip, Laura Donati, ha ordinato il “non luogo a procedere”.
Tutto, dunque, finito in un clamoroso flop.
Nel frattempo Lirio Abbate aveva pubblicato per ‘l’Espresso’ una grossa inchiesta (subito querelata dalla Capua), in cui venivano tra l’altro pubblicati stralci delle intercettazioni telefoniche ‘bollenti’ raccolte dai pm romani.
Il procedimento penale a carico di Abbate, imputato di diffamazione a mezzo stampa, si è svolto al tribunale di Velletri e ha visto l’assoluzione del giornalista, perché, scrive il giudice, “il testo dell’articolo è una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma. Inoltre, c’era il concreto interesse della collettività a conoscere tale vicenda ad alto impatto sociale”.
E allora? E’ stato leso o no l’onore, infangatala oppure no la reputazione della nostra oggi più acclamata ricercatrice?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Ci limitiamo a rileggere un paio di passaggi tratti dai fascicoli della procura di Roma, proprio su quelle intercettazioni effettuate dal NAS dei carabinieri.
“Quando uno mi sta sul cazzo deve crepare!”, diceva la veterinaria parlando di una ditta farmaceutica che criticava la sua invenzione, il ‘Diva’, la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria.
Ilaria Capua parla con un manager della ‘Intervet’ e afferma che le è “venuto in mente un modo per salvare la faccia a quelli della Intervet”, in modo tale “da prenderli per le palle”.
Di questioni economiche la Capua parla con la madre, illustrandole una proposta di lavoro che le è arrivata da una Fondazione della Florida.
E dice: “sarebbe un problema, perché la fondazione non ha finalità commerciali”, mentre in quel periodo sta portando avanti “una buona attività commerciale per la vendita di reagenti diagnostici” che le consentono di guadagnare 700 mila euro all’anno.
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16 Aprile 2018
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