Ricordate 15 anni fa esatti il super giallo internazionale per l’avvelenamento della spia russa, Alexander Litvinenko?
Bene. Adesso torna alla ribalta, storia ottima e abbondante da riesumare per attaccare, tanto per cambiare, Vladimir Putin, il principale obiettivo degli Usa sotto la presidenza di un Joe Biden che, a soli otto mesi dalla conquista della Casa Bianca, sembra già alla frutta, con la vice Kamala Harris che ormai scalpita per la leadership.
Ecco le news. La sempre dormiente ‘Corte europea dei diritti umani’ una volta tanto ha deciso di destarsi dal suo storico letargo. E lo fa in occasione di un ricorso della vedova Litvinenko rivolto contro la Russia. Il Cremlino in sostanza, viene accusato per non aver fornito alcuni documenti sul caso e di non essere stato in grado – secondo lady Litvinenko – di dimostrare la propria estraneità all’omicidio.
Ciò è bastato, alla Corte Ue, non tanto per riaprire il caso (rimasto avvolto nel mistero), ma per puntare l’indice contro la Russia e, quindi, per fornire un ottimo assist agli Stati Uniti impegnati con tutti i mezzi contro il nemico storico, proprio Putin, definito appena pochi mesi fa “un criminale” da Biden, con riferimento ad un altro giallo, quello di Alexey Navalny. Come si vede, un giallo (farlocco) tira l’altro: ma tutto fa brodo, oggi, in una Casa Bianca sempre più ‘sgarrupata’.
La Voce si è diverse volte occupata del caso Litvinenko, a cominciare da un’inchiesta ‘a caldo’, pubblicata a dicembre 2006, ossia un mese dopo quel fatale ‘tè al polonio’ che costò la vita alla spia sovietica. Quell’inchiesta è valsa alla Voce il ‘Premio Saint Vincent’ di giornalismo per il 2007.
Nel reportage ricostruivamo, in particolare, i rapporti intercorsi tra Litvinenko e il faccendiere napoletano Mario Scaramella, a partire proprio dall’ultimo incontro tra i due, all’Hotel Millennium di Londra. Fu con ogni probabilità l’ultima (o penultima) persona che la spia russa ebbe occasione di incontrare. E proprio per questo motivo la cosa incuriosì non poco noi della Voce.
Ma vediamo alcuni altri avvenimenti.
A quanto pare, poco prima dell’incontro con Scaramella, Litvinenko aveva visto due ex agenti del KGB, Dmitry Kovtuv e Andrey Lugovoy. Secondo alcune fonti, dopo Scaramella avrebbe incontrato anche il miliardario esule Boris Berezovsky. Torna a casa, comincia a sentirsi male, dopo tre giorni (perché tanto ritardo?) il ricovero al ‘London University College Hospital’ dove il 21 novembre muore.
Un’inchiesta aperta dai magistrati britannici non porta a niente. Zero assoluto.
Otto anni dopo il governo inglese istituisce una Commissione parlamentare d’inchiesta, guidata dal giudice sir Robert Owen. Ci mette due anni, la commissione, per preparare un dossier, secondo cui “sarebbero” stati i due ex agenti del Kgb Kovtuv e Lugovoy a ‘correggere’ il tè, con una abbondante dose di polonio: a quanto pare 10 microgrammi.
Nel rapporto fanno capolino alcune accuse al Cremlino: ma a formularle c’è solo da un ‘autonominato’ portavoce di Litvinenko, vale a dire il microbiologo Alex Goldfarb, che a New York dirigeva l’International Foundation for Civil Liberties di Berezovsky e collaborava con il magnate anti Putin George Soros e la sua ‘Open Society Foundation’. Accuse alle quali non crede affatto, per fare un solo nome, il fratello della spia uccisa, Maksim Litvinenko.
Non poco sospetta un’altra prova riportata nel Rapporto Owen: tracce dei raggi Alfaemessi dal polonio, infatti, sarebbero state rintracciate da Scotland Yard non solo sulla teiera fatale ma anche nella camera d’albergo dove alloggiavano i due presunti killer; e perfino allo ‘Emirates Stadium’, dove Lugovoy era andato per vedere una partita dell’Arsenal!
Per la serie: quanto sono incapaci ed inetti gli agenti (o ex agenti) dei servizi segreti russi, tanto da incappare in errori così madornali e lasciare tracce che anche uno scolaretto avrebbe ‘ripulito’.
Come del resto è successo per il caso Skripal (altro avvelenamento approssimativo, l’ex spia Sergej Skripal con la figlia Julia che scampa al tentativo) e ancor più per il caso Navalny, un avvelenamento che sarebbe stato realizzato certo meglio da uno studente al primo anno di chimica.
Possibile – sorge spontaneo l’interrogativo – che Putin sia così sprovveduto da cercare di avvelenare in modo così maldestro l’oggi eroe Navalny, facendogli solo la bua, e rendendo possibile il suo ricovero in Germania dove torna sano come un pesce?
Nella foto Alexander Litvinenko
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.