Un uomo vero, un medico autentico che ha salvato moltissime vite nella prima ondata del Covid, grazie alla terapia del ‘plasma iperimmune’.
Una presenza scomoda, pericolosa, la sua, soprattutto per gli stramiliardari interessi delle case farmaceutiche, della piovra chiamata Big Pharma.
Forse per questo la vita di Giuseppe De Donno doveva finire e lui ‘doveva morire’, come hanno titolato – a proposito del delitto Moro – Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato.
Secondo altri, era molto depresso, estenuato dalle battaglie di un piccolo Davide contro Golia, sfinito per il suo sforzo quasi solitario, attaccato dai soloni in camice bianco, i virologi che impazzano in tivvù, dai media in un frastornante e belante coro, mai difeso dalla politica.
A botta calda sorge spontanea la domanda. Poteva finire i suoi giorni così, impiccato nella sua casetta di campagna ad Eremo (un nome profetico), la minuscola frazione di Curtatone, nel mantovano? Una scena raccapricciante per i suoi, la moglie Laura e i figli Martina (consigliere comunale a Curtatone) e Eduardo.
Può mai un medico esperto come lui cercare la morte in un modo così atroce e difficile da organizzare, e anche dall’esito non certo? Quando, proprio per un medico, esistono agevoli vie per andare al creatore impasticcandosi a dovere oppure iniettandosi la dose fatale?
Non c’è forse un ‘segno’ in quella tragica esecuzione, pardòn, fine? Un avvertimento forte e deciso: guai a toccare certi ‘fili’, attenti, in futuro, a sfiorare certi interessi, a intaccare alcuni equilibri, a disturbare i manovratori.
Saprà una seria inchiesta far luce sulla tragica fine? C’è solo da augurarselo, anche se siamo molto scettici, visto che in altri clamorosi casi la ‘giustizia’ (sic) s’è arenata, totalmente spiaggiata: come, per fare solo due esempi, nel caso dei ‘suicidi’ di David Rossi e Marco Pantani, dove non sono bastate le infinite ‘anomalie’ per far aprire gli occhi agli inquirenti, che hanno piombato tutto sotto una tombale archiviazione.
Vergogna.
Ma anche restando entro il perimetro del pur improbabile suicidio, e motivandolo con la depressione fortissima causata da tutti i tentativi di emarginazione professionale e delegittimazione a tutto campo, vediamo le ultime notizie e cerchiamo di ricostruire la ‘scena’.
ERA APPENA TORNATO A FARE IL MEDICO DI CAMPAGNA
Era appena tornato, il 5 luglio, a fare il medico di base, il ‘dottore di campagna’ come lui stesso amava definirsi.
Sì, perché ai primi di giugno aveva lasciato l’incarico per il quale aveva speso tutta la sua vita: dopo lunghe fatiche professionali, infatti, era diventa primario pneumologo all’ospedale ‘Carlo Poma’ di Mantova.
Lì il suo percorso ha una svolta otto anni fa, nel 2013, quando diventa dirigente medico della struttura complessa di Pneumologia e dell’Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (Utir). A settembre 2018 viene nominato primario facente funzione, vince il concorso e diventa primario a pieno titolo ad inizio 2019.
E, dopo un anno esatto, arriviamo ai drammatici giorni del coronavirus. Dove il suo nome balza ben presto agli onori delle cronache, perché con il collega Cesare Perotti del policlinico ‘San Matteo’ di Pavia mette a punto la tecnica del ‘plasma iperimmune’. Una tecnica ‘storica’ e ‘innovativa’ al tempo stesso. Perché terapie a base di plasma vennero utilizzate fin dal 1901 per curare la difterite, quindi impiegate per fronteggiare l’ultima grande pandemia del 1918, poi per contenere negli anni seguenti i focolai di morbillo, poliomielite e parotite.
Quell’approccio terapeutico – nota subito De Donno – è utilissimo per combattere immediatamente il virus al suo primo insorgere: un po’ come succede con le cure, i farmaci di cui spesso la ‘Voce’ ha scritto (idrossiclorochina, invermectina, lattoferrina etc.) e regolarmente boicottati dal governo e dalle autorità (sic) scientifiche, come Ema a livello europeo e AIFA a livello nazionale.
Al plasma iperimmune viene riservato un trattamento ‘speciale’: emarginato, oscurato, messo da parte, quasi desse fastidio. Con ogni probabilità anche perché si trattava (e si tratta) di una terapia molto economica – come ha più volte sottolineato De Donno – appena 80 euro per la sacca di plasma che consente la rivitalizzazione, in parole povere, del sangue aggredito dal virus.
‘IENE’ ALL’ATTACCO
Ma c’è un improvviso momento di gloria, per il metodo-De Donno. Quando cioè le ‘Iene’, a maggio 2020, realizzano alcune inchieste choc capaci di catalizzare l’attenzione di un pubblico sempre più distratto, di cittadini cloroformizzati dal ritornello “tachipirina e vigile attesa” impartito – anzi letteralmente imposto – dal governo, che è il vero responsabile (con il Comitato Tecnico Scientifico) per migliaia e migliaia di vite perse in attesa del miracoloso vaccino, mai curate in modo adeguato (con i farmaci ad hoc e la terapia del plasma iperimmune) e invece inviati al massacro nelle corsie ospedaliere per l’intubazione e poi quasi sempre la morte.
I reportage delle ‘Iene’ (autori Alessandro Politi e Marco Fubini) svelano un’altra terapia possibile, e perfino economica. Viene intervistato De Donno. Un vero scoop: perché il medico di campagna scopre quanto il re sia nudo, come sia possibile fronteggiare il Covid prima dell’arrivo dei vaccini, quali siano i reali interessi di Big Pharma.
Scorriamo alcune frasi pronunciate da De Donno, il cui senso adesso – dopo la sua tragica fine – possiamo capire ancora meglio.
“Ho passato 25 giorni senza dormire. E anche ora quando arrivo a casa non riesco a smettere di pensare agli occhi dei nostri pazienti. Gli occhi dei morti, quelli che non siamo riusciti a salvare, mi accompagnano tutte le notti. Questo è un virus maledetto, in 36 ore ti distrugge. Dobbiamo imparare a conviverci. Ma proprio perché è un virus che ti colpisce duro, alle spalle, non capisco questo accanimento contro la cura al plasma”.
Con questa terapia praticata al Carlo Poma “nessuno si è aggravato, non abbiamo registrato alcun effetto collaterale. Il plasma è sicuro. Non stiamo parlando di una pozione magica. I risultati dello studio stanno per essere pubblicati. A questo punto sarà la letteratura a parlare”.
Sui motivi del boicottaggio contro la plasmaterapia, osserva: “Non lo so, forse perché sono un uomo libero, un medico di campagna che pensa solo a salvare vite umane. Forse il mondo accademico soffre perché la scoperta arriva da un piccolo ospedale e non da qualche rinomato laboratorio. Negli Stati Uniti stanno pensando di fare dei cicli di plasmaferesi per proteggere il personale medico. Di certo abbiamo aperto una nuova era. Questo è un nuovo modello che potremo utilizzare anche in futuro. A costi estremamente bassi”.
Sui vaccini: “Io sono un sostenitore dei vaccini, ma sarà un lavoro lungo. Questo virus muta (le parole sono state pronunciate ben prima dell’arrivo delle varianti, ndr), ha diversi ceppi. Quello che ha colpito l’Italia non è lo stesso della Cina e nella stessa Lombardia ci sono diversi ceppi. A noi serve oggi subito un proiettile da usare per la fase acuta: una cura capace di seguire le mutazioni del virus. Il plasma lo fa”.
“Era difficile reggere all’urto di un virus così terribile. Ma forse avremmo salvato qualche vita in più se la politica avesse ascoltato di meno gli accademici in televisione e di più gli ospedalieri che facevano le notti in bianco inseguiti dagli occhi dei morti”.
Contro gli attacchi scatenati dall’allergologo di tutti i salotti tivvù, Roberto Burioni, osservava: “Burioni si comporta come se avesse la verità in tasca, dicendo che è meglio un farmaco sintetizzato che il plasma iperimmune. Non credo che sintetizzare il farmaco in laboratorio sia più economico. Questa è una cura democratica: arriva dal sangue donato dai guariti”.
In un’altra puntata al calor bianco, le ‘Iene’ attaccano frontalmente ‘Kedrion Biopharma’, la corazzata del gruppo Marcucci che si è autoproposta come azienda in grado di lavorare e produrre industrialmente il plasma iperimmune. Il reportage è al calor bianco: vengono ricostruite tutte le fasi ‘parlamentari’ dell’operazione, che ha il suo clou in un’audizione che si svolge al Senato e alla quale prende parte un ‘non invitato’ Paolo Marcucci, ceo di Kedrion e fratello di Andrea Marcucci, all’epoca capogruppo del Pd in Senato. In perfetto conflitto di interessi.
Kedrion parte lancia in resta e querela le ‘Iene’.
Ed anche la Voce, rea di aver osato parlare del mini golpe dei Marcucci a palazzo Madama e di aver ripreso il servizio delle Iene. La nostra querela viene ‘allargata’ anche ad un’altra inchiesta, relativa ai rapporti di collaborazione fra Kedrion e un laboratorio cinese che opera nell’area di Wuhan, come aveva candidamente dichiarato Paolo Marcucci in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera. La querela firmata da Paolo Marcucci contro la Voce è stata archiviata appena un mese fa, dopo l’ordinanza del gip del tribunale di Napoli, Valentina Gallo, che ha considerato pienamente legittimi gli articoli della Voce e assolutamente non diffamatori ma rispecchianti la realtà dei fatti.
IL PLAUSO INTERNAZIONALE AL METODO DE DONNO
Ma torniamo al giallo De Donno. La cui tecnica del plasma iperimmune con il passar dei mesi miete continui riconoscimenti a livello internazionale. Uno studio realizzato da un’equipe di Calcutta, condotto sui pazienti dell’ID&BG Hospital, ha fatto registrare un anno fa risultati sorprendenti: “una significativa mitigazione immediata dell’ipossia – scrivono i ricercatori – una riduzione della degenza ospedaliera e benefici di sopravvivenza” in pazienti covid-19.
Proprio sull’efficacia immediata nella fase iniziale della malattia si è concentrato uno studio della ‘Johns Hopkins University’, dal quale sono scaturiti risultati altrettanto confortanti, soprattutto per evitare le ospedalizzazioni (e/o ridurre i tempi di degenza), e attenuare sensibilmente gli effetti del virus.
Ancora. Sono di appena tre mesi fa i risultati di uno studio di Fase 2 condotto presso un importante centro di ricerca statunitense, l’‘Hackensack University Medical Center’ del New Yersey. Sono stati pubblicati dalla rivista scientifica ‘JCI Insights’ e indicano con estrema chiarezza i vantaggi che derivano dalla terapia, nonché la sua sicurezza ed efficacia. I pazienti sono stati divisi in due gruppi – viene descritto – a seconda della necessità di assistenza respiratoria e hanno ricevuto un’infusione di plasma ad alto titolo anticorpale. I promettenti risultati dell’intervento precoce – aggiungono – hanno portato all’avvio di un programma ambulatoriale attualmente in corso presso il Medical Centeruniversitario, con l’obiettivo di “trattare i pazienti nelle prime 96 ore dalla comparsa dei sintomi di covid-19 e dunque prevenire il ricovero in ospedale”.
Così concludono: “La neutralizzazione virale precoce, con la conseguente prevenzione della risposta immunitaria dovuta al danno virale, costituisce la base per l’infusione del plasma dei convalescenti ad alto titolo. Poiché gli anticorpi provengono dai guariti che hanno sviluppato una risposta immunitaria anche contro le nuove varianti, la terapia potrebbe anche tenere il passo con l’aumento delle versioni mutate di Sars-Cov-2”. Le famigerate varianti.
Nemo propheta in patria. Mentre il metodo De Donno raccoglie successi e riconoscimenti all’estero, in Italia continua ad essere boicottato e del tutto sottovalutato.
Vediamo cosa succede, neanche un mese e mezzo fa, a metà giugno, in Emilia. Ecco cosa batte un’agenzia: “Decine e decine di unità di plasma iperimmune, più di 150, prelevato in provincia di Modena da donatori guariti dal Covid e pronte a diventare, attraverso trasfusione, cura per ammalati, giacciono inutilizzate presso il centro trasfusionale del Policlinico di Modena, a quanto pare senza prospettiva di essere utilizzate per la cura del covid”.
Ecco la pezza a colori piazzata dal direttore del centro trasfusionale presso il Policlinico locale, Giovanni Ceccherelli: “Dopo un primo momento di entusiasmo nel quale sembrava fosse l’unica cura possibile per il covid, studi ed articoli apparsi su prestigiose riviste scientifiche hanno dimostrato che il plasma iperimmune non serve per la cura dei pazienti gravi ma serve solo in caso di malattia iniziale, rendendo il suo utilizzo di fatto impraticabile”.
Chi ha mai detto si trattasse dell’unica cura possibile? Al contrario, sia De Donno che gli studi scientifici, come quelli appena citati, hanno sempre ribadito l’estrema utilità nella fase iniziale di aggressione del virus. Ed è evidente anche ad un bambino che in tutte le patologie vi sia sempre una ‘fase iniziale’: quindi il metodo può essere utilizzato in tutti i casi di insorgenza del covid. Con quale logica, quindi, l’utilizzo del plasma iper immune può rivelarsi ‘impraticabile’? Per quale arcano mistero?
Palese più che mai, quindi, il boicottaggio ‘scientifico’.
A tutto campo. A tutto spiano. Per screditare e delegittimare il metodo e il suo ‘autore’.
P.S. Abbiamo parlato, all’inizio, di un metodo comunque ‘storico’.
A tal proposito vi consigliamo la visione di un film ‘vintage’ (è del 1971) protagonista eccellente Charlton Heston, il mitico Ben Hur stavolta nei panni di un medico che salva l’umanità da una tremenda pandemia. Si tratta di “The Omega Man”, da noi circolato con il titolo “1975: occhi bianchi sul pianeta terra”, tratto dal romanzo ‘I am Legend’ di Richard Matheson. Il protagonista – rimasto miracolosamente, unico uomo sulla terra, indenne dal virus – non riesce a brevettare in tempi rapidi un vaccino e ricorre quindi ad un altro metodo: comincia a trarre dal suo sangue il siero per curare uno, due, dieci pazienti; i quali faranno altrettanto fino a salvare il mondo.
Rivedere per credere. O se preferite c’è un’altra pellicola ancor più datata, del ’64, ‘The Last Man on Earth’: lo scienziato protagonista, Vincent Price, “opera una trasfusione del suo sangue nel corpo della donna”: la sua Ruth guarisce e il miracolo comincia.
LINK
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Se ne parla pochissimo da noi, ma ancora prima del vaccino e di altri trattamenti, contro il Covid ci sarebbe un “antidoto” a costo zero efficace e sicuro
18 Dicembre 2020
https://quifinanza.it/info-utili/video/plasma-iperimmune-covid/443514/
LE IENE
Dal plasma iperimmune al giallo su Facebook: scomparso il profilo di De Donno | VIDEO
https://www.iene.mediaset.it/2020/news/plasma-iperimmune-facebook-profilo-de-donno_778962.shtml
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Un commento su “IL “SUICIDIO” DEL DOTTOR GIUSEPPE DE DONNO / SOLO CONTRO “BIG PHARMA””