Un potentissimo j’accuse contro i poteri forti che regnano incontrastati nello sport a livello internazionale. Quei poteri, quelle autorità e quegli organismi che sulla carta dovrebbero assicurare integrità e legalità, ad esempio combattendo l’uso del doping, e invece fanno letteralmente il contrario, calpestando i principi statutari per i quali sono stati creati.
In prima fila la ‘Federazione internazionale dell’atletica’ (IAAF) e l’‘Agenzia mondiale antidoping’ (WADA) che agiscono in modo del tutto autoreferenziale, facendo il bello e cattivo tempo in un campo così delicato e, soprattutto, popolato da giganteschi interessi economici.
E’ il fil rouge che lega le 450 appassionanti pagine de “I Signori del Doping”, edito da Rizzoli e firmato da Sandro Donati, il preparatore atletico che ha dedicato tutta la sua vita e profuso ogni sua energia per la trasparenza e la legalità nel mondo sportivo e, in particolare, per combattere la piaga del doping, smascherando – come fa in modo esemplare e superdocumentato nel fresco di stampa – tutte le trame, le connection, le collusioni e le corruzioni che la fanno da padrone, senza che né le autorità politiche né la giustizia ordinaria siano mai riuscite, fino ad oggi, ad intervenire in modo efficace per mettere fine ad una tanto selvaggia, incontrollata ed illegale deregulation.
IL GIALLO DI ALEX SCHWAZER
Tutto il volume ruota intorno alla drammatica vicenda, all’autentico calvario al quale è stato sottoposto per oltre cinque anni il campione altoatesino di marcia Alex Schwazer, finalmente assolto dalla giustizia penale solo pochi mesi fa, ma ‘eternamente’ condannato da quella sportiva che, incredibilmente, gli ha impedito di partecipare alla Olimpiadi di Tokyo che si aprono fra tre giorni, il 24 luglio. Così come gli avevano impedito di prender parte a quelle di Rio de Janeiro.
Una story, quella di Alex, che la Voce ha avuto modo di raccontare in decine di articoli e inchieste, realizzati e pubblicati soprattutto nel corso del 2017, quando la gran parte dei media di regime attaccavano all’arma bianca il campione, seguendo la grancassa delle accuse orchestrate in modo fraudolento da WADA e IAAF, come ha dimostrato in modo palese l’ordinanza emessa dal GIP del tribunale di Bolzano, Walter Pelino, il quale ha descritto per filo e per segno tutto l’intrigo e ora chiede che venga fatta luce su quelle pesantissime responsabilità di cui i due Moloch (la “Premiata Ditta”, la definisce Donati) dello sport dovranno rispondere in sede penale.
Per le sue denunce ‘anticipatorie’ (visto che sono state messe nero su bianco quattro anni fa) la Voce è stata querelata da WADA, i cui interessi vengono curati da uno dei più accorsati studi legali di Ginevra.
La prima udienza si terrà il 22 gennaio 2022.
Ci accusano, in sostanza, di aver infangato immagine & onore di WADA – una sorta di lesa maestà – per aver osato scrivere (e documentare) il modo in cui hanno del tutto calpestato gli scopi statutari previsti, operando cioè in modo del tutto opposto rispetto a quello sbandierato in tutte le sedi. Guarda caso, è la conclusione alla quale è arrivato proprio il gip di Bolzano, Pelino, che ha finalmente acceso i riflettori su un colossale castello non solo di ipocrisie, ma anche di falsità e menzogne, tanto che ora i capi d’accusa contro WADA eIAAF sono pesantissimi: si va, cioè, dalla frode processuale al falso ideologico (per due fattispecie) fino alla calunnia. Da brividi.
Ma veniamo a “I Signori del Doping”. Un libro da consigliare a tutti, soprattutto ai più giovani che si cimentano in discipline sportive: quindi molto adatto per l’adozione ad uso scolastico.
Di seguito, vi proponiamo in rapida carrellata i passaggi salienti che riguardano i due protagonisti della ‘Premiata Ditta’: WADA e IAAF.
LA “PREMIATA DITTA”
Scrive Attilio Bolzoni, storica firma di Repubblica sul fronte antimafia, nella prefazione. “Aspetto questo libro da quel giorno di luglio del 2016, quando sono scivolato su qualcosa che per mestiere a me era estranea e insieme molto familiare, l’atletica e la mafia, i diari di allenamento e le rappresaglie, i test ematici e i ricatti, la misurazione dei battiti cardiaci e l’inganno”.
E poi: “Era una trama di mafia, qualche puparo che tirava i fili e tanti pupi che si muovevano a comando”.
Da tener presente che tra le tante doglianze di WADA nei confronti della Voce, c’è il fatto di aver parlato, noi della Voce, di ‘metodi mafiosi’ usati da IAAF e WADA…
Scrive ancora Bolzoni su tutta la combine-doping: “Un gigantesco suq camuffato da regole che non sono regole e governato da patti inconfessabili, cordate, combine, protezioni. Troppo pericoloso Alex Schwazer che avrebbe potuto vincere e vincere di più anche senza doping, troppo insopportabile che a riportarlo in alto fosse proprio Sandro Donati, troppo contagiosa quell’‘idea’ di sport per i boss dell’atletica mondiale. Troppo tutto per stare inerti a guardare, meglio giustiziarli, mandarli al rogo quei due, il campione ritrovato e l’eretico di sempre”.
“Non ci sono mandanti a volto coperto e non ci sono moventi misteriosi in questo ‘delitto imperfetto’ che è stata la crocefissione di Alex Schwazer e l’estremo tentativo di insudiciare il suo allenatore Sandro Donati. Gli avvenimenti s’incastrano uno con l’altro, implacabilmente”.
Eccoci alla premessa di Donati. “L’attività antidoping, con il trascorrere degli anni, ha finito per costituire per il sistema sportivo un potentato che è entrato in evidente contrasto con gli interessi e gli obblighi sociali di protezione della salute e di lotta alla diffusione del doping. Per fare un esempio significativo, l’Agenzia mondiale antidoping (la WADA), a nome dell’intero sistema sportivo internazionale, si è battuta affinchè, nei diversi Paesi europei, operasse un solo laboratorio antidoping. E’ accaduto così che in Italia venissero chiusi due laboratori attivi e non ne venissero mai aperti altri regionali, come sarebbe stato invece previsto dalla Legge 376 del 2000. In parole, povere, il sistema sportivo internazionale ha agito per avere l’esclusiva dei controlli antidoping e quindi la disponibilità assoluta di un’arma letale con la quale, secondo le convenienze politiche, scoprire o coprire gli atleti dopati”.
Passiamo ad un capitolo fondamentale, che Donati chiamo ‘Intermezzo’, perché è finalizzato a delineare meglio, per i lettori, gli identikit dei due Moloch in campo, WADA e IAAF.
Nel 2012 la lanciatrice di disco russa, Dar’ja Piscalnikova, “inviò una mail alla WADA e alla IAAF e perfino al CIO per denunciare il doping sistematico che le veniva somministrato dai dirigenti del suo Paese, che poi provvedevano anche a ripulire le sue urine nelle analisi antidoping. Ebbene, cosa fece la WADA? Proprio in nome dei rapporti di forza, girò la mail dell’atleta alle autorità russe! E cosa fece invece la IAAF? La stessa identica mossa”.
“La IAAF e la WADA erano accomunate da un identico interesse politico ed economico, coordinate tra loro perfino nella scelta della delazione. Questi fatti consentono di capire come la complice compattezza con la quale le due istituzioni sportive si sarebbero difese nel processo di Bolzano venga da lontano…”.
E’ poi la volta de “Il database della vergogna”, dove “erano custoditi i dati del passaporto biologico che poi servivano ai responsabili della IAAF per porre in atto i propri accordi illeciti, le estorsioni, i ricatti nei casi di sospetto doping degli atleti russi, o turchi e di chissà quanti altri Paesi”.
“Dal database del 2009 emergevano già numerosi casi anomali, peraltro con forte prevalenza di atleti russi, su cui la IAAF operò una precisa scelta politica, ammantata di scientificità”.
“La WADA sapeva almeno dal 2009 delle porcherie che si nascondevano in quel database della IAAF, ma non intervenne”.
“Quello della IAAF era un bubbone che la WADA non si impegnò mai ad estirpare, salvo intervenire parzialmente dopo la denuncia televisiva del giornalista tedesco Hajo Seppelt”.
Donati rammenta la figura di Jack Robertson, “già importante ufficiale investigativo dell’Agenzia antidroga statunitense (DEA) e poi per alcuni anni, fino al 2015, investigatore capo presso la WADA”. “Il 4 agosto 2016 rilasciò un’importante intervista alla testata ‘ProPublica’, nella quale osservò con amarezza che il risultato delle sue lunghe indagini era finito nelle mani sbagliate. Robertson proseguiva con altre pesantissime affermazioni riguardanti il gravissimo ritardo con cui la WADA, malgrado fosse pienamente a conoscenza della situazione, si era mossa, aspettando fino a maggio 2015 prima di nominare una Commissione indipendente per indagare su tutto lo sport russo e su quel laboratorio antidoping di Mosca”. “Tempo dopo tutti questi fatti, nel novembre 2018 Robertson dichiarò: ‘Mi rattrista ulteriormente vedere un’Agenzia una volta rispettata, diventare l’incarnazione di ciò che avrebbe dovuto invece contrastare. Dal momento che il presidente e il direttore generale della WADA, Olivier Niggli, si rifiutano di ascoltare e continuano a macchiare la già rovinata reputazione dell’Agenzia, presto il mio nome, con tutto il cuore e con orgoglio, a coloro che chiedono le mie dimissioni”.
Concludiamo tornando al giallo Schwazer.
Scrive Donati con amarezza. “Una breve riflessione: nell’ordinanza conclusiva, il GIP di Bolzano ha fatto esplicito riferimento agli altissimi interessi economici che si sono celati dietro questa vicenda. L’Agenzia mondiale antidoping e la Federazione internazionale di atletica, colte più volte in flagrante, hanno via via perso il loro aplomb istituzionale, palesando quello che realmente sono: organismi autoreferenziali che hanno fatto della lotta al doping un tornaconto economico ed un potentato politico”.
Link
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2 pensieri riguardo “SANDRO DONATI / GIALLO SCHWAZER – I SIGNORI DEL DOPING”