LIBIA / L’ITALIA LA ARMA PER POI FARSI SPARARE CONTRO !

Sapevate che le motovedette libiche che hanno preso a cannonate lo scorso 6 maggio tre pescherecci di Mazzara del Vallo ferendo il comandante dell’‘AliseoGiuseppe Giacalone, sono di produzione italiana, fornite dal governo italiano, equipaggiate con cannoni italiani e con personale addestrato sempre dagli italiani?

Incredibile ma vero.

A rivelarlo è il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo, sempre sul ‘chi va là’ per scoprire affari & connection non solo del nostro apparato industriale militare, ma anche dei governi di casa nostra che predicano bene (poi neanche tanto) e razzolano male.

Ha anche intervistato Giacalone, il blogger: “Puntavano sull’uomo, volevano uccidere solo me. I libici mi guardavano fisso negli occhi e con le dita mi facevano segno che mi avrebbero tagliato la gola. Poi siamo stati costretti a fermarci e hanno prelevato me e il nostromo, mentre tre militari libici sono saliti a bordo del peschereccio. Uno di loro era stato addestrato a Messina e parlava italiano e anche la motovedetta libica è quella della Guardia di Finanza che gli avevano dato noi”.

La motovedetta libica è la ‘Ubari 660’, consegnata dalla Guardia costiera italiana ai militari libici appena due anni e mezzo fa a Messina. Un evento immortalato dalle cronache del quotidiano online libyaobserver.it: “I comandanti e i membri della Guardia costiera libica della base navale di Tripoli hanno ricevuto domenica 25 novembre 2018 il nuovo pattugliatore Ubari. I membri della Guardia costiera erano stati in precedenza in Italia per un programma di addestramento di 4 settimane per prepararsi operativamente e tecnicamente all’uso dell’imbarcazione. In passato la Marina militare libica ha pure ricevuto l’unità ‘Fezzan’ come parte del sostegno e cooperazione della Guardia costiera italiana nella lotta all’immigrazione illegale”.

Alla faccia del contrasto all’immigrazione illegale. Quelle motovedette, ora, sono utilizzate per impallinare i pescherecci italiani!

Si chiede e chiede Mazzeo: “Chi, come e quando ha deciso in Italia di dotare i libici di imbarcazioni veloci per sparare sui migranti in fuga dai conflitti africani e mediorientali e oggi perfino agli equipaggi e pescherecci italiani nel Canale di Sicilia? La lettura dei documenti ufficiali e degli atti parlamentari rivelano che non c’è stato esecutivo a Roma – perlomeno negli ultimi 20 anni – a cui non è possibile non attribuire una responsabilità diretta o la copertura dei crimini commessi dalle autorità di Tripoli”.

Ecco una rapida cronistoria degli ultimi provvedimenti governativi.

10 luglio 2018. Da meno di 40 giorni è in carica l’inedito governo Lega-M5S. Tra i primi atti viene approvato un decreto-legge recante “disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della Difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell’Interno libico”. Si legge infatti all’articolo numero 1 del decreto: “Per incrementare le capacità operative dei libici nelle attività di controllo e di sicurezza rivolte al contrasto dell’immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, nonché alle attività di soccorso in mare, è autorizzata la cessione a titolo gratuito al Governo dello Stato di Libia del naviglio militare dello Stato, fino a un massimo di 10 unità navali CP, classe 500, in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera e di 2 unità navali, classe Corrubia, in dotazione alla Guardia di finanza”.

Non è finita. Perché il governo giallo-verde autorizza anche la spesa complessiva di 1.150.000 euro per il “ripristino in efficienza e il trasferimento delle unità navali” alla Libia, a cui si aggiungono anche 1.370.000 euro per la manutenzione delle imbarcazioni e per lo svolgimento di “attività addestrativa e di formazione del personale”.

Alla copertura finanziaria dell’operazione (complessivamente 2.520.000 euro per il 2018) vengono destinati per metà i fondi del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (all’epoca guidato da 5 Stelle Danilo Toninelli) e del ministero dell’Economia e delle Finanze (retto da Giovanni Tria), e per il restante 50 per cento gli accantonamenti relativi al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (al timone Enzo Moavero Milanesi).

Il decreto è stato convertito in legge il successivo 9 agosto 2018 con voto quasi plebiscitario del Parlamento.

Ma l’andazzo prosegue e quella logica perversa continua anche ai giorni nostri. Come documenta il direttore di ‘Altreconomie’, Duccio Facchini, l’equipaggiamento della Guardia costiera libica da parte italiana prosegue tranquillamente anche in questi mesi segnati dalla morte in mare di centinaia e centinaia di migranti in fuga dalla Libia.

Dalla fine del 2020 all’aprile 2021, solo la Guardia di finanza ha bandito gare d’appalto pro-Libia per oltre 7 milioni di euro. “Una risale a febbraio – scrive Facchini – e riguarda la manutenzione di due motovedette a Catania: è richiesto un ricovero discreto per due mezzi navali di grandi dimensioni per nasconderli alla vista di persone estranee. Unico operatore invitato alla procedura negoziata è il cantiere navale Marina di Riposto-Porto dell’Etna, in provincia di Catania”.

Un’altra procedura negoziata d’urgenza “in relazione alla recrudescenza dei flussi migratori provenienti dalla Libia” è quella relativa ai “servizi di rimorchio di tre unità navali in dotazione alla Guardia costiera libica”, affidata a sempre a febbraio dal Centro navale della Guardia di finanza all’Impresa Fratelli Barretta di Brindisi.

A questi – continua Facchini – “si aggiunge anche un recente affidamento della Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere in seno al ministero dell’Interno relativo a un training pratico a Gaeta per la conduzione della motovedetta P200 a favore di un equipaggio libico”.

 

 

Nella foto gli spari dalla nave libica al peschereccio italiano


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