Nel pregevolissimo “Manifesto della libertà” scritto dal filosofo Luciano Canfora nel 1994 e pubblicato da Sellerio, c’è un piccolo gioiello. Ovvero quanto scritto da Antonio Gramsci “nel momento più tragico della detenzione, nel marzo del 1933, in forma di lettera alla sua vera interlocutrice e amicaTatiana Schucht”.
Prosegue Canfora: “Gramsci scrive rinchiuso, a seguito di un processo mostruoso, nel carcere fascista, ed osserva, anche lui, innanzi tutto se stesso, e vede, con occhio lucido, le modificazioni irreparabili che la detenzione sta causando in lui, tali da determinare la nascita di un’altra persona, totalmente plasmata dalla situazione materiale di costrizione e di privazione della libertà. E’ la celebre pagina in cui, per farsi intendere, Gramsci ricorre all’esempio del naufrago che, sospinto e come disfatto dalle circostanze in cui è venuto a trovarsi, diviene, per sopravvivere, man mano cannibale”.
Scrive Gramsci: “(…) Ognuno di costoro, se interrogato a freddo su cosa avrebbe fatto nell’alternativa di morire o diventare cannibale, avrebbe risposto, con la massima buona fede, che, data l’alternativa, avrebbe scelto certamente di morire. Avviene il naufragio, il rifugio nella scialuppa. Dopo qualche giorno, essendo mancati i viveri, l’idea del cannibalismo si presenta in una luce diversa, finchè ad un certo punto, di quelle persone date, un certo numero diviene davvero cannibale. Ma in realtà si tratta delle stesse persone? Tra due momenti, quello in cui l’alternativa si presentava come pura ipotesi teorica e quello in cui l’alternativa si presenta in tutta la sua forza dell’immediata necessità, è avvenuto un processo di trasformazione ‘molecolare’ per quanto rapido, nel quale le persone di prima non sono più le persone di poi, e non si può dire, altro che dal punto di vista dello stato civile e della legge, che si tratti delle stesse persone”.
Continua Gramsci: “Ebbene, un simile mutamento sta avvenendo in me (cannibalismo a parte). Il più grave è che in questi casi la personalità si sdoppia: una parte osserva il processo, l’altra parte lo subisce, ma la parte osservatrice sente la precarietà della propria posizione, cioè prevede che giungerà un punto in cui la sua funzione sparirà, cioè non ci sarà più autocontrollo, ma l’intera personalità sarà inghiottita da un nuovo ‘individuo’ con impulsi, iniziative, modi di pensare diversi da quelli precedenti. Ebbene, io mi trovo in questa situazione. Non so cosa potrà rimanere di me dopo la fine del processo di mutazione che sento in via di sviluppo”.
Commenta Canfora. “La superiorità della diagnosi offerta da Gramsci rispetto alla dogmatica proclamazione crociana sta nella intuizione di quella che Gramsci chiama ‘trasformazione molecolare’, nella comprensione cioè della base materiale, del fondamento materiale, anche della volontà e del pensiero: volontà e pensiero di cui Gramsci descrive con efficacia quasi clinica lo sdoppiamento, quale si verifica nella lotta tra la parte di io che osserva e la parte di io che subisce il processo di mutazione molecolare”.
Non vi sembra che in tutti noi stia avvenendo una tale ‘mutazione molecolare’ con il nuovo regime di vita imposto per via della pandemia?
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