Una bomba ad orologeria nel cuore di Napoli. Il concreto rischio di vita corso da tanti partenopei che per anni hanno traversato la città passando per la Galleria della Vittoria che collega il centro storico con la zona di Mergellina.
Lo svela “in modo scientifico” un pesantissimo j’accuse, “La Metrocricca”, un volume promosso dalla battagliera Assise di Palazzo Marigliano, curato da Antonio Polichetti e che potete leggere integralmente linkando sullo spazio dedicato scorrendo la barra di lato a destra della nostra home page.
Un volume che ruota intorno alla ormai ultraquarantennale story della Linea 6 della Metropolitana di Napoli, l’esempio più sconvolgente ed emblematico di come la classe politica (e certo non solo) abbia usato il territorio cittadino per mettere a segno un affare colossale, cominciato addirittura nel 1976 e che continua ancora oggi senza fine, saccheggiando le casse dell’erario, mettendo a repentaglio l’incolumità dei cittadini, scempiando l’ambiente, foraggiando una classe mattonara senza scrupoli e addirittura la camorra, con il propellente iniziale fornito al nascente clan dei Casalesi.
Insomma, di tutto e di più in un calderone senza fine, più volte denunciato, proprio a partire dalla classica ‘posa della prima pietra’ in quel ’76, dalla Voce, fin dalla sua vecchia edizione diretta da Michele Santoro.
E soprattutto da un geologo coraggioso, una mosca bianca in un deserto di professionisti allineati e coperti: Riccardo Caniparoli, da lorsignori tacciato come un profeta di sventura, addirittura uno iettatore e invece l’unico in grado di prevedere quel che poi, drammaticamente, sarebbe successo nel corso degli anni. Caniparoli è l’autore del corpus-base della ‘Metrocricca’, 66 pagine (più una appendice di 130 pagine) che sono un vero pugno nello stomaco e dalle quali emergono le clamorose responsabilità di una rouling class che, nel migliore dei casi, è stata letteralmente a guardare lo scempio che avveniva sotto i suoi occhi.
UN GIGANTESCO RISCHIO COLLETTIVO MAI CALCOLATO
Ma partiamo dalle news, e soprattutto dalla patata bollente del tunnel della Vittoria, chiuso il 23 settembre 2020 per la caduta di alcuni calcinacci e dopo una ventina di giorni sequestrato dalla Procura di Napoli, per il sospetto di alcune infiltrazioni d’acqua.
Il Comune ha cercato di piazzare alcune pezze a colori, con indagini, sopralluoghi, ispezioni e presentando anche un progetto di ristrutturazione da 600 milioni di euro: ma senza ottenerne in dissequestro.
Da pochi giorni è al lavoro una task force composta da sei geologi (tra cui, ovviamente, non figura quel rompiscatole e visionario di Caniparoli) che dovrà elaborare un piano ben più efficace per ottenere il certificato di eliminato pericolo.
Ma saranno necessari – a questo punto – colossali lavori che porteranno via chissà quanti mesi e forse anni.
Intanto la città resta spezzata in due: anzi in tre, visto che anche nella Galleria della Laziale che collega l’area di Mergellina con quella di Fuorigrotta sono in corso da un anno lavori del tutto inutili, che però – di fatto – consentono di transitare su una sola minuscola carreggiata, con un effetto tampone-caos quotidianamente assicurato, per la disperazione dei cittadini.
Sorgono subito spontanee alcune domande. Come è stato possibile non accorgersi di niente in tutti questi anni e si è dovuta sfiorare la tragedia, con il collasso della struttura, caso mai zeppa di auto in transito?
Possibile che nessuno si sia mai accorto di niente a palazzo San Giacomo?
Così come nessuno si era accorto di niente otto anni fa, quando è crollata un’intera ala dello storico Palazzo Guevara lungo la celebre Riviera di Chiaia, senza causare morti solo per miracolo.
E così come nessuno si era accorto di nulla alla Galleria Umberto, vis a vis col Teatro di San Carlo, dove quattro anni fa è caduto un cornicione che ha ucciso uno studente. E in questo caso il Comune ha addirittura avuto la faccia di bronzo di costituirsi parte civile!
QUELLA LINEA KILLER
Tutti fenomeni che – ormai è lampante, e nella ‘Metrocricca’ viene dimostrato in modo scientifico – derivano dai lavori killer per la realizzazione della eterna Linea 6 della metropolitana di Napoli.
Che, lungo il percorso, ha fatto un autentico scempio di preesistenze storiche e soprattutto archeologiche di inestimabile valore. Non si contano ormai le chiese dissestate, i palazzi lesionati, le ferite in tutto il martoriato sottosuolo: tutto ciò solo per i lavori e figuriamoci cosa potrà mai succedere quando nel ventre di Napoli sfrecceranno a tutta velocità i vagoni ferroviari! L’Apocalisse futura…
Leggiamo un paio di passaggi dal paragrafo “Infiltrazioni e crolli nella Galleria Vittoria”, firmato da Caniparoli.
“I danni e i crolli alla Galleria della Vittoria sono stati causati con ogni probabilità dal dissesto del Monte Echia. La Galleria della Vittoria, infatti, passa sotto Monte Echia e dove, nella parte alta, prossima al Ponte di Chiaia, è stato interessato sia dalla stazione di Chiaia sia dalla galleria della metropolitana che hanno modificato profondamente la struttura morfologica della massa del tufo e la circolazione idrica del Beverello e del Chiatamone”.
“Il dissesto idrogeologico che ha interessato la Galleria della Vittoria si estende fino alle fondamenta di Palazzo Reale e del Castel Nuovo (più noto come il Maschio Angioino, ndr). Per questo motivo sarebbe necessaria un’indagine dello stato del sottosuolo per capire quanto i lavori della metropolitana abbiano intaccato il delicatissimo equilibrio delle falde acquifere che caratterizzano anche i nostri monumenti più simbolici”.
Un’indagine che solo adesso il Comune fa partire, per mesi invece invocata da Caniparoli.
DUE INCHIESTE DOVUTE
E fa bene Polichetti ad invocare finalmente un’inchiesta della magistratura non solo su un episodio singolo (come il crollo dell’ala a Palazzo Guevara) ma su tutta l’opera, fin dai suoi esordi, quando a fare il movimento terra provvedevano le ruspe del ‘ruspante’ Michele Zagaria, che dopo anni diventerà il super boss dei Casalesi.
“I tempi sembrano ormai maturi – sottolinea Polichetti – affinchè un’indagine della magistratura inizi ad accertare tutte le irregolarità nella, ormai, trentennale storia della Linea 6. Sarebbe di grande importanza anche l’apertura di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla lunga storia della progettazione e conduzione dei lavori della Linea 6, così impattanti sull’ambiente e sulla storia della città oltre che sulla vita dei cittadini. Lo si deve ai cittadini, che hanno il diritto di sapere, perché questi lavori sono stati finanziati con i loro soldi”.
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