In fiduciosa attesa di un rapido oltre Festival

Il festival delle ore piccole, di là dalla mediocrità generale delle canzoni in competizione, che dimostra la palma d’oro conquistata dagli scatenati rockettari del clan Maneskin, del tutto estranei alla tipologia dell’evento, è difeso dagli irriducibili fan con tenace patriottismo “perché simbolo della buona tradizione musicale italica”. Che la kermesse ligure non rappresenti più il patrimonio della melodia e se ne stia in piedi dopo 71 anni perché pressato dai discografici impegnati nell’agevolare le vendite al popolo dei giovani delle cosiddette nuove proposte, riceve due conferme (escluse poche e non significative eccezioni), dall’assenza di artisti davvero big per storia e rappresentatività nel panorama nazionale e internazionale e non meno dalla scarsa competitività del cast sanremese nel  confronto con le star della gara per vincitori di tutte le rassegne europee. Il Sanremo numero 71 ha ribaltato via Tim e di altri gestori telefonici, il giudizio professionale delle prime serate, per nulla convinte dallo sfrenato rock dei Maneskin e tanto meno dell’ingessata banalità di Fedez-Michielin. La definizione finale del podio l’hanno decisa i social, parallelo anagrafico degli ascoltatoridi questa edizione, in netta prevalenza giovani e il numero stratosferico di follower che idolatrano Fedez. A colmare il ‘grave vuoto’ (ma chi lo rimpiange?) del dopofestival hanno contribuito il pre-festival, che ha mandato tre dilettanti allo sbaraglio a fingere motivi di interesse per il via della competizione e ha malamente mascherato l’intenzione vera  di pagare con un mega spot pubblicitario la sponsorizzazione della Tim, per di più gratificata da una serie infinita di break nel corso del programma e dall’entusiastica performance di Amadeus in veste di testimonial. Ma la Rai ha fatto di meglio (?) e di più: Tg, Gr, spot a ripetizione, insomma l’insieme del palinsesto, hanno proposto molteplici bis del Festival, culminato con gli urletti di gioiosa lode erga omnes dell’eterna Mara Vernier, specialista nell’adulare i suoi ospiti e protagonista di una coda avvelenata di ‘Domenica In’. Il rito del programma prevedeva di riproporre le 26 canzoni in gara, ma chiacchiere e salamelecchi hanno esaurito il tempo dello show, con il risultato di escludere la performance canora degli ‘Extraliscio’. Di qui le proteste del gruppo, della produttrice Sgarbi, coautrice della canzone, che contro la soppressione ha tuonato: “La scortesia e la mancanza di attenzione degli autori e della conduttrice di ‘Domenica In’ è senza scuse. Invitano settimane prima gli Extraliscio, li fanno fermare un giorno in più a Sanremo, li convocano prima alle 16.30, poi alle 15.30, li sottopongono ai tamponi, poi li rimandano a casa, senza farli esibire e senza fargli dire una parola sulla loro presenza a Sanremo. Sarebbe bastato accorciare le esibizioni di tutti, per evitare selezioni arbitrarie e offensive”.

La replica della Venier: “Non ho mandato via nessuno. Forse lei dovrebbe avere un po’ di rispetto per il Papa, perché noi abbiamo cominciato il nostro programma molto in ritardo per la diretta con Papa Francesco. Per cui, prima di insultare i miei autori e la sottoscritta si informi bene, perché non abbiamo avuto la possibilità. Per cui, signora, si dia una calmata, che è meglio” (? ! ? !). Anche questo è il vetusto Sanremo canoro, che i patiti del calcio hanno ritenuto esente da noia mortale solo grazie alla presenza di Ibrahimovic, autore di poche, ma pungenti battute (imparate a memoria). Lo è anche l’esibizione di un mito qual è Ornella Vanoni, probabilmente l’ultima della novantenne, sorretta dai conduttori per problemi di deambulazione. Detto tra noi, la riconosciuta creatività italiana può e deve fare di meglio


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