ALEX SCHWAZER / L’ORDINANZA CHE LO SCAGIONA E INCHIODA I SUOI ACCUSATORI, WADA & IAAF

Assolto dopo 5 anni di calvario il campione di marcia Alex Schwazer.

Adesso sotto accusa possono finire proprio quei potenti organismi internazionali che lo hanno accusato, IAAF e WADA, rispettivamente l’Associazione internazionale di atletica leggera e la World Anti Doping Agency.

WADA reagisce subito in modo rabbioso: il giudice di Bolzano ci ha pesantemente oltraggiati, ha leso la nostra onorabilità, ha messo in dubbio tutte le prove che abbiamo fornito. Prenderemo le decisioni legali del caso.

Le stesse accuse che un anno e mezzo fa la WADA ha lanciato contro di noi, accusandoci di lesa maestà e querelandoci per diffamazione (19 gli articoli ‘incriminati’ e scritti nell’arco di una quindicina di mesi) attraverso uno studio legale di Lugano. La prima udienza a carico della Voce si svolgerà al tribunale di Napoli nel mese di maggio.

Alex Schwazer. Sopra lo vediamo nel corso di un’udienza

Di seguito potete leggere il testo integrale dell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bolzano, Walter Pelino, con la quale viene disposta l’archiviazione del procedimento penale a carico del campione altoatesino: lo strumento migliore per rendersi conto, fino in fondo, di tutta la incredibile story che si è dipanata a partire dal 1 gennaio 2016, quando venne prelevato, a Racine, il campione di urine che ha dato origine a tutta la querelle.

Potete poi leggere, cliccando in basso, l’ultima inchiesta della Voce. E cercando nell’archivio della Voce, digitando nell’apposita casella “Alex Schwazer” oppure “Wada”, potete trovare i 19 articoli che tanto profondamente hanno turbato i sonni dei vertici WADA.

Adesso, a seguire, alcuni tra i passaggi salienti dell’ordinanza appena firmata dal gip Pelino.

 

 

QUEL TESTE DOVEVA ESSERE DELEGITTIMATO

Partiamo dalla coda, ossia dalle conclusioni.

Che più chiare non si può.

“Il Giudice per le indagini preliminari ritiene accertato con altro grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati. Ritiene sussistano forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento del predetto reato siano stati commessi una serie di reati che di seguito si elencano”.

Sandro Donati

Si tratta di imputazioni non da poco, che potete leggere a pagina 85 dell’ordinanza in modo molto articolato: falso ideologico (per tre vicende), frode processuale (per due vicende) e diffamazione (per una vicenda).

Perché colpire il campione altoatesino? Per delegittimarlo totalmente, per screditarlo sotto ogni profilo. Tenuto conto che solo pochi giorni prima del più che anomalo prelievo (il famigerato 1 gennaio), ossia il 16 dicembre 2015, Schwazer aveva testimoniato contro i medici della federazione di atletica che avrebbero spinto gli atleti a doparsi. Un teste, dunque, molto pericoloso, che di tutta evidenza andava fermato a qualunque costo.

Scrive Pelino: “Doping di Stato, dunque, e una testimonianza pericolosa che non solo veniva dall’interno di quel mondo, ma anche da un atleta che aveva scelto come proprio allenatore il paladino dell’antidoping: Sandro Donati. Colpire Schwazer significava, dunque, neutralizzare quella pericolosa testimonianza e, al tempo stesso, neutralizzare Sandro Donati, da quel momento l’allenatore di un dopato”.

La chiave sta tutta nella falsificazione delle provette contenenti i campioni di urina.

Scrive Pelino: “il fenomeno della falsificazione delle prove è vecchio quanto l’umanità. Ma venendo a tempi più recenti basti ricordare la lunga vicenda che ha portato alla condanna a 4 anni di reclusione di Lamine Diack, a lungo vicepresidente e poi per ben 16 anni presidente della IAAF, per concussione, corruzione, riciclaggio e altri reati. La Corte d’Appello di Parigi, con sentenza del 16 settembre 2020, ha accertato che Diack era al vertice di un sistema di corruttela che ha visto coinvolti vari altri personaggi (tra cui il figlio di Lamine Diack), sostanzialmente finalizzato a ‘chiudere un occhio’, dietro lauto compenso, sulle positività accertate. In un mondo in cui la fama e la gloria sono in larga parte relegate alle vittorie sportive, avere l’accesso alle Olimpiadi vale qualsiasi prezzo e l’assoluta autoreferenzialità di questi enti, ove è estremamente difficile ‘mettere il naso’, ha consentito al malaffare di prosperare a lungo e di arrivare ai vertici più alti, come la predetta sentenza eloquentemente dimostra”.

Ma scorriamo rapidamente il testo dell’ordinanza.

 

FALSI & FRODI, PAGINA PER PAGINA

Pagina 3. Viene scritto di “atti falsi e decettivi con cui i consulenti nominati da WADA, a contraddittorio già chiuso, hanno tentato di inficiare i dati emersi dalla perizia”. E di “dichiarazioni mendaci” a proposito dei campioni di urina prelevati il 1 gennaio 2016.

Pagina 4. Si fa ancora riferimento a “dichiarazioni mendaci” rese sia all’autorità italiana che a quella tedesca (perché si trovava a Colonia il laboratorio accreditato dalla WADA per i test dei campioni).

Scrive il gip a proposito della concentrazione di DNA riscontrata nel campione: “è comprensibile che WADA e IAAF nel tentativo di ‘salvare la faccia’ neghino anche l’evidenza scientifica”.

Si tratta di mere ‘anomalie’, soltanto ‘opacità’ – si chiede il gip – o non siamo piuttosto in presenza di autentici reati? Lo dovrà accertare una inchiesta ad hoc a carico di WADA e IAAF.

Pagina 7. Il gip scrive senza mezzi termini di “Metodo Wada”, a proposito d’una serie di sviamenti operati dall’associazione internazionale antidoping in questi anni.

Pagina 15. Osserva Pelino. “Non abbiamo una prova diretta della manipolazione, ma abbiamo un dato, quello relativo alla concentrazione del DNA, che trova, allo stato, adeguata ed unica spiegazione proprio nell’ipotesi della manipolazione. L’assenza di una prova diretta, della ‘pistola fumante’, è indubbia, ma certo tale circostanza non consente di considerare irrilevante o addirittura insussistente, come asserisce la difesa WADA, il quadro di contesto che ha prodotto numerosi, gravi e convergenti elementi indiziari che tale ipotesi sostengono in modo coerente e notevolmente significativo”.

Pagina 66-67. Prosegue Pelino. “Nel presente procedimento abbiamo assistito ad una serie impressionante di artifici e dichiarazioni false finalizzati dapprima a non consegnare il campione B o a limitarne a 6 ml la quantità di urina da consegnare al perito, adducendone l’inutilità perché secondo la letteratura scientifica corrente sarebbero occorsi almeno 10 ml, poi a consegnare una provetta diversa, contenente guarda caso 6 ml, quindi a coprire il precedente falso, infine ad inficiare i dati emersi dalla perizia”.

“Si è dimostrato che non può essersi trattato di una svista e che la quantità indicata non era affatto casuale ma esattamente quella contenuta nella seconda provetta, non sigillata e già scongelata”.

“La falsa dichiarazione sulla quantità, che la perizia aveva incontrovertibilmente mostrato, veniva poi coperta da un’altra in cui si adduceva un errore, del tutto inverosimile, legato al fatto che il campione era scongelato”.

“Allorchè, nonostante il piccolo quantitativo di urina consegnato al perito attraverso le frodi di cui sopra, questi è riuscito ad effettuare l’analisi genetica ed incidentalmente è emerso il dato dell’enorme concentrazione di DNA nei predetti campioni, WADA si è incaricata di cercare di smontare detto dato attraverso ulteriori artifizi”.

Pagina 70. “Si è cercato di cancellare l’anomalia emersa in perizia, non già attraverso studi statistici che ne dimostrassero la non correttezza, ma attraverso una serie di dati falsi o artatamente prospettati, emersi da presunti studi che non sono stati mai documentati da WADA e dai suoi consulenti”.

 

POTERE ASSOLUTO & INTRALLAZZI

“Alla luce di tutto questo appare più che evidente che siamo in presenza di un castello di carte costruito ad arte per ingannare. Prima si è cercato di impedire la perizia sul campione B, poi si è cercato di consegnare una provetta diversa, quindi di inficiare i risultati della perizia e non si è esitato a ricorrere a dichiarazioni false, a dati falsi o artatamente presentati, e ad artifizi per trarre in inganno il giudicante, cioè a vere e proprie frodi processuali”.

Pagina 71. “L’impressionante serie di dati esaminati ed i reati che si sono evidenziati costituiscono altrettanti indizi, gravi, precisi e concordanti, a sostegno di quest’ipotesi per la quale sussiste anche un preciso e fortissimo movente. Solo una posta così alta, quale la necessità di celare la manipolazione commessa e di coprire quanti vi furono invischiati, può spiegare come enti che dovrebbero combattere e garantire il mondo dello sport, atleti compresi, siano ricorsi alle nefandezze sopra esaminate”.

Pagina 75. “La realtà è che gli atleti non hanno reali garanzie e il sistema è totalmente autoreferenziale. Il fatto di effettuare le controanalisi in presenza dell’atleta, infatti, non tutela da eventuali manipolazioni commesse a monte. Solo la consegna del campione ad un laboratorio terzo, del tutto indipendente da quelli del circuito WADA e possibilmente ubicato nello Stato di appartenenza dell’atleta potrà effettivamente impedire, in futuro, che fatti simili tornino a verificarsi”.

Pagina 76. Ribadisce Pelino: “Nell’odierno sistema WADA e IAAF operano in maniera totalmente autoreferenziale ed il presente procedimento ha eloquentemente dimostrato come esse non tollerino affatto controlli dall’esterno ed anzi siano pronte a tutto per impedirlo, al punto da produrre dichiarazioni false e porre in essere frodi processuali. Il controllante e il controllato finiscono per coincidere, anzi per invertirsi”.

“Questo meccanismo ha finito per conferire a questi enti un potere assoluto e per favorire i peggiori intrallazzi”.

Non c’è più bisogno di evocare il famoso giudice berlinese per avere giustizia. Adesso lavora a Bolzano.

 

 

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archiviazione Schwazer

 

 


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