TARRO – TUTTA LA VERITA’ SULLE VARIANTI

Giulio Tarro

La cosiddetta mutazione D614G della proteina virale “spike” non sembra causare casi più gravi di COVID-19, ma studi molteplici indicano che potrebbe essere più contagiosa.

Prima di marzo 2020 la maggior parte dei genomi SARS – CoV2 avevano codificato nella loro sequenza un acido aspartico al residuo 614 della proteina virale spike.

Da aprile in poi la maggior parte della sequenza virale contiene una mutazione singola del genoma che pone una glicina al posto dell’acido aspartico. La variante D614G si trasmette più facilmente di quella D614G.

I risultati dimostrano che la variante D614G rappresenta una soluzione positiva della trasmissibilità. Questa mutazione genetica è sorta ed ora è divenuta dominante per la sua migliore adattabilità alla specie umana. L’apparente maggiore contagiosità con la produzione di maggiori particelle virali durante l’infezione giustifica la sua maggiore carica nelle vie aeree superiori. Nei criceti è stato provato questo ragionamento senza che però venga implicato il polmone. Analogo risultato è stato raggiunto nell’infezione sperimentale del furetto. Tutto ciò prescinde dalla severità della infezione e pertanto da un farmaco o vaccino che possa proteggere meglio (Cell, August and November 18, 2020).

 

 

 

 

Attualmente esistono tre principali varianti genetiche del COVID-19. Queste mutazioni sorgono in genere quando il virus è sottoposto a pressione selettiva da parte degli anticorpi che limitano, ma non eliminano la replicazione virale.

Nell’agosto del 2020 un’altra variante è iniziata a propagarsi nel Regno Unito; spesso chiamata variante inglese, ma etichettata come B.1.1.7.

Questa variante viene ora isolata in molte nazioni, inclusi gli Stati Uniti; la sequenza della variazione della proteina S, chiamata N501Y,  sembra aumentare la trasmissibilità del COVID-19. Fortunatamente recenti dati hanno dimostrato che i vaccinati con RNA messaggero della Pfizer BioNtech e Moderna sono protetti da anticorpi neutralizzanti la nuova variante.

Un’altra variante adesso circola nella California del Sud è la CAL20C, con sequenza genica chiamata L452Y, che sembra agire in maniera molto simile alla variante inglese.

Purtroppo, vi è una nuova variante identificata in Sud Africa, N501Y.V2 (oppure B.1.351).

Infine è stata identificata in Brasile un’altra variante con le stesse proprietà di quella Sud Africana, di cui adesso cominciamo a conoscere la diffusione. A livello genetico la variante africana ha maggiori cambiamenti di sequenze sia della D614G di quella inglese.

Ovviamente il problema principale dell’esistenza di queste varianti virali riguarda la risposta vaccinale. Per esempio al National Institute of Health hanno dimostrato che gli anticorpi indotti dal vaccino a RNA messaggero della Moderna sono di un sesto attivi contro la variante Sud Africana. In compenso i vaccini a RNA messaggero sono in grado di indurre sia cellule T citotossiche che specifiche cellule T helper, che sono implicate nella protezione contro il virus.

In ogni caso, pur riconoscendo la sensibilità inferiore della variante Sud Africana e di quella Brasiliana nei riguardi della sensibilità agli anticorpi neutralizzanti, rimangono sempre validi i vaccini studiati. D’altra parte, la stessa osservazione è stata fatta con vaccini inattivati sviluppati in Cina ed in India.

Non ci sono dati sufficienti per conoscere l’efficacia dei vaccini con vettore adenovirale umano o da scimmia (AstaZeneca, Johnson e Johnson/Janssen e quello russo Sputnik vaccino), oppure per le proteine ricombinanti della Novavax (USA) e della Sanofi (GSK).

Penso sia importante sottolineare che le varianti diventano anche meno suscettibili agli anticorpi monoclonali neutralizzanti, prodotti in laboratorio ed usati farmacologicamente.

Infine vanno presi in considerazione i seguenti punti:

  1. Innanzitutto, l’immediato isolamento e caratterizzazione dei coronavirus dei soggetti vaccinati.
  2. Mantenere attiva la sorveglianza e l’identificazione di eventuali nuove varianti.
  3. Creare un deposito centrale dei sieri dei soggetti vaccinati per misurare la capacità neutralizzante dei vaccini in circolazione e di quelli nella fase tre delle prove cliniche.
  4. È importante limitare la propagazione globale delle nuove varianti, in particolare la Sud Africana e la Brasiliana.
  5. I vaccini sia a RNA messaggero che con vettore adenovirale, debbono essere prodotti in base ai cambiamenti di sequenza delle varianti virali.
  6. Infine, le nuove varianti non sono diffuse per aerosol, come per esempio il virus del morbillo, e non hanno una distribuzione sulle lunghe distanze. Pertanto la distanza fisica, le mascherine ed il buon senso possano prevenire il loro spargimento.

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