Giallo Manca, la svolta.
La terza sezione penale della Corte d’Appello di Roma ha appena assolto la donna accusata di aver fornito l’eroina killer all’urologo siciliano Attilio Manca.
Si tratta di Monica Mileti, condannata in primo grado dal tribunale di Viterbo con una sentenza che faceva acqua da tutte le parti e, soprattutto, non prendeva in alcuna considerazione la pista mafiosa, addirittura indicata da alcuni collaboratori di giustizia.
Partiamo dalle news per ricostruire il caso, già altre volte passato ai raggi x dalla Voce.
La terza sezione penale presieduta da Gianfranco Garofoli, dunque, fa piazza pulita della cervellotica sentenza viterbese, un vero processo farsa che si era concluso con la condanna della Mileti a 5 anni e 4 mesi per aver ceduto le dosi di eroina che hanno ucciso Manca, 17 anni fa.
A questo punto il processo deve ricominciare da zero, come chiedono con forza i genitori dell’urologo e il loro legale, Fabio Repici.
La pista Mileti è tramontata, quella del suicidio è del tutto campata per aria. Non resta che la pista mafiosa, subito parsa – per chi aveva gli occhi per vedere – l’unica percorribile.
Tenuto conto del fatto base: Attilio Manca venne portato a Marsiglia da manine di ‘rispetto’ per operare nel 2003 il super latitante Bernardo Provenzano, che aveva gravi problemi di prostata.
Una volta compiuto il suo lavoro, Manca diventava troppo ingombrante, e per questo andava eliminato: con una bella overdose di eroina. Che lui mai avrebbe utilizzato, non essendovi alcun precedente di droghe nella sua vita; tantomeno con la mano sbagliata, visto che nessun mancino sarebbe in grado di siringarsi al braccio sinistro.
Molti pentiti hanno raccontato in varie procure, come quelle di Messina, Palermo, Caltanissetta e Roma, la vera storia dell’omicidio Manca: si tratta, per la precisione, di Carmelo D’Amico, Giuseppe Setola (il boss casertano),Giuseppe Campo, Stefano Lo Verso, Antonino Lo Giudice, Biagio Grasso.
Incredibile ma vero, però, i magistrati del tribunale di Viterbo non hanno mai voluto raccogliere le loro verbalizzazioni né tantomeno farli testimoniare al processo.
A questo punto ora la palla passa a Roma, visto che proprio alla procura capitolina i genitori di Attilio hanno chiesto di riaprire il caso. “Mi auguro – dichiara la madre, Angelina Manca – che la procura di Roma capisca che, da questo momento, ha l’obbligo giuridico e morale di interrompere il colpevole negazionismo mantenuto fino a poco tempo fa e dedicarsi, come è suo dovere, a individuare e perseguire gli assassini di mio figlio Attilio”.
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