FARMACI ANTI COVID / C’E’ ANCHE LA COLCHICINA

Non solo “idrossiclorochina” oppure “adenosina” tra i preziosi farmaci anti covid, snobbati da autorità e soloni di casa nostra.

Adesso c’è anche la “colchicina”, a dimostrazione che esiste – fra i prodotti già in commercio – un ampio ventaglio di possibilità terapeutiche per i nostri medici, tenuti ad intervenire SUBITO, al primo insorgere della patologia. Al contrario di quanto fanno (anzi non fanno) le autorità (sic) sanitarie, in prima fila l’AIFA, ossia l’Agenzia italiana del Farmaco, ridicolizzata in una fresca sentenza del Consiglio di Stato proprio sull’uso dell’idrossiclorochina.

Veniamo alla colchicina. Il cui proficuo utilizzo è stato accertato da un prestigioso centro cardiologico internazionale, ossia il Montreal Heart Institute, che ha dato vita una un mega studio randomizzato su circa 4.500 pazienti per testare l’efficacia della colchicina. E’ stato raggiunto – fanno sapere gli esperti – “un risultato rilevantissimo che mostra come si possa far crollare gli indici di contagio, che provocano le chiusure per lockdown di interi paesi, e ridurre drasticamente il numero di malati e deceduti della metà”.

Le ‘tempeste citochimiche’ – secondo i ricercatori canadesi – “sono una delle cause principali che portano i pazienti colpiti dal covid alla morte. Si tratta di reazioni esageratamente violente delle difese immunitarie che, anziché proteggere dal virus, attaccano tutti gli organi del paziente, fino ad ucciderlo”.

In sostanza, l’uso della colchicina riduce i ricoveri del 25 per cento, la necessità di ventilazione meccanica del 50 per cento e le morti del 44 per cento. Tutto ciò può far diventare la colchicina il primo farmaco orale al mondo per il trattamento dei pazienti non ospedalizzati.

Altri due elementi base: la colchicina costa poco – appena 8,7 euro per una confezione da 60 pastiglie e proprio per questo non è ben vista dalle autorità (sic) sanitarie – ed è facilmente reperibile sul mercato, perché la hanno, oggi, tutte le farmacie.

Il farmaco, infatti, viene attualmente utilizzato per curare la gotta, le pericarditi croniche e le malattie auto-infiammatorie caratterizzate da febbri periodiche, come la febbre mediterranea familiare.

Commenta il direttore del MHI Research Center e docente di Medicina all’Universitè de Montreal, Jean-Claude Tardif: “Siamo felici di offrire il primo farmaco orale al mondo il cui uso piò avere un impatto significativo sulla salute pubblica e potenzialmente prevenire le complicanze del Covid 19 per milioni di pazienti”.

Da noi, però, nessuno se ne frega. E poco si parla – e soprattutto ben poco si usa – di colchicina. Uno dei pochi a parlarne, a giugno 2020 – il dottor Moreno Tresoldi del San Raffaele di Milano, che aveva spiegato: “Sebbene siano necessari studi di dimensione maggiore per confermare questi risultati, la nostra esperienza solleva spunti di riflessione importanti in termini di strategie terapeutiche e di politiche sanitarie”.

Come il batter d’ali di un moscerino. Poi, il silenzio più totale.

Sorge spontanea la domanda: ma le nostre (sic) autorità scientifiche e politiche vogliono combattere il Covid o hanno optato per un armistizio? Ci sono o ci fanno?


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