Non solo petrolio quale maxi business da coltivare, spesso e volentieri con il nostro colosso energetico ENI, come abbiamo visto nell’inchiesta del 9 gennaio.
Ma adesso anche oro, montagne di oro. Un oro, spesso, intriso di sangue. Vediamo cosa hanno scoperto il giornalista e scrittore Peter Koenig e un centro investigativo britannico, ‘Sentry Investigations.
Si parla di ‘Dubai Gold Suck’, con gli Emirati Arabi Uniti che non pensano solo alle grandi operazioni petrolifere ma “si sforzano di espandere la propria posizione di strategico hub dell’oro”.
“Senza oro locale da attingere – viene sottolineato – a differenza della vicina Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti devono importare oro da qualsiasi luogo possibile, sia in modo legittimo, sia contrabbandato senza troppe domande, proveniente da zone di conflitto o collegate alla criminalità organizzata”.
L’indagine di ‘Sentry’ ha rilevato che il 95 per cento dell’oro ufficialmente esportato dall’Africa centrale e orientale, per la maggior parte estratto in Sudan, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo, finisce negli Emirati”.
L’oro è diventato così importante per l’economia di Dubai da essere il prodotto di commercio estero di maggior valore dell’emirato, prima di telefoni cellulari, gioielli, diamanti e petrolio: così viene stimato dalla stessa Dogana di Dubai.
La cifra dell’export è da brividi: 18 miliardi in dollari nel 2019, appena alle spalle del trade petrolifero.
Un tassello fondamentale di tutta la strategia dell’oro passa per la Svizzera, realizzando una perfetta triangolazione.
Così descrive la situazione Lakshmin Kumar, direttore delle politiche presso il Global Financial Integrity (GFI) di Washington: “Gli svizzeri ottengono grandi quantità di oro da Dubai, che lo riceve in buona parte dei paesi africani. Dubai è complice, ma le mani svizzere sono altrettanto sporche”.
C’è anche il gruppo anticorruzione Global Witness a puntare l’indice: “La Svizzera è la più grande raffineria del mondo, mentre più della metà di tutto l’oro passa attraverso il paese. Il commercio della Svizzera è legato al Regno Unito, che importa circa un terzo di tutto l’oro”.
Siamo quindi ad una quadri-angolazione: la materia prima parte dai paesi africani, viene stoccata nell’hub emiratino, poi raffinata in Svizzera, quindi smerciata soprattutto nel Regno Unito. Una trama perfetta, tutta d’oro.
Un rapporto del ministero dell’Interno e del Tesoro britannico definisce gli Emirati Arabi Uniti come “una giurisdizione vulnerabile al riciclaggio di danaro da parte di reti criminali a causa della facilità con cui l’oro e il denaro possono essere spostati attraverso il paese”.
Secondo Peter Koenig, “il riciclaggio internazionale dell’oro è un gigantesco abuso dei diritti umani, soprattutto perché l’oro riciclato proviene da molti paesi dell’Africa e del Sud America dove viene praticato un massiccio e massacrante lavoro minorile”.
Torniamo alla Svizzera e alle indagini di ‘Sentry’: “Con una produzione mondiale di circa 3.500 tonnellate, ci sono momenti in cui la Svizzera importa piò oro della produzione mondiale annuale, la maggior parte proveniente dal Regno Unito, per ulteriore raffinazione o ri-raffinazione, per effettuare un migliore o doppio riciclaggio, cancellando così le origini dell’oro”.
Incredibile ma vero. Da un riciclaggio criminale all’altro.
Prosegue il report: “Dalla raffineria svizzera entra principalmente nel sistema bancario o viene riesportato come ‘oro pulito’. E le sue origini non sono più rintracciabili”.
Metalor è la più grande raffineria d’oro mondiale ed ha sede, of course, in Svizzera. E i dettagli ‘commerciali’ sono assolutamente top secret: del resto il governo elvetico non obbliga a rivelare le origini di quell’oro…
“Una volta raffinato, la sua origine non può più essere determinata, perché l’oro non ha un suo DNA”.
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9 Gennaio 2021 di Andrea Cinquegrani
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