COVID / IL GIGANTESCO BUSINESS DEI “CONTAGIATI”

Nella quotidiana lotteria sul numero dei contagiati, che dilaga sui media, c’è sempre chi la spara più grossa. Ma nessuno, o pochissimi, dà notizie ai lettori sul reale significato del termine “contagiato”. O, meglio ancora, “asintomatici”. Lo ha dovuto fare ancora una volta un “Eretico”,  il dottor Pasquale Bacco: un medico ricercatore che, unitosi al gruppo del professor Giulio Tarro, del magistrato Angelo Giorgianni e di altre personalità, in una conferenza stampa alla Camera pochi giorni fa ha dichiarato: «In medicina il termine “asintomatico” non ha senso. Se un soggetto non presenta sintomi, per la medicina è sano, se ha i sintomi è malato. Punto».

Un concetto lineare, che cozza però contro gli interessi miliardari in gioco.

 

 

La conferenza stampa alla Camera di Pasquale Bacco (a destra) e del virologo Giulio Tarro, alla sinistra del tavolo. Sopra, il governatore della Campania Vincenzo De Luca inaugura un nuovo reparto Covid

A fare due (si fa per dire) conti in tasca alle Regioni sul business dei cosiddetti “contagiati”, cioè soggetti che risultano “positivi” al tampone, ma nel 94% dei casi stanno benissimo (altro dato ufficiale), è stata l’Autorità Anticorruzione, che poche ore fa ha fornito i dati sulla spesa degli Enti locali suddivisa secondo questi parametri. E si scopre che nei mesi della massima emergenza, cioè tra marzo e aprile, in pieno lockdown, il triste primato spetta, come sempre, alla Campania: sì, proprio la Regione che in quel periodo gonfiava il petto per la sua quasi “immunità”: «la Campania – si legge nel rapporto Anac – è la regione che fa registrare il valore più elevato di spesa rispetto al numero di contagiati. Il valore rappresentato dalla Campania è pari al 610% del valore medio della spesa regionale per contagiato e pari al 270% del valore medio della spesa nazionale per contagiato». A rincarare la dose ci si mette poi il dato specifico: «A fronte di un numero di circa 4.420 contagi, la Regione Campania ha infatti speso circa 337 milioni di euro. Si noti che la Lombardia, che ha registrato circa 75.700 contagi, ha sostenuto una spesa complessiva di 392 milioni di euro».

 

 

I dati recentemente forniti dalla Protezione civile

Un secondo gap che penalizza la Campania arriva dalle fonti di spesa, in particolare dagli appalti per forniture sanitarie, drenati a piene mani dalle casse statali. «La spesa centralizzata, sostenuta dallo Stato anche attraverso le procedure avviate dal Commissario straordinario all’emergenza e dal Dipartimento della Protezione Civile – leggiamo ancora nel dossier dell’Anac – arriva al 78,4% del totale e solo il restante è rappresentato da spese di cui si sono fatte carico direttamente le Regioni interessate». Ma «anche sotto questo profilo emerge una disomogeneità tra le Regioni: la Toscana ha fatto ricorso agli approvvigionamenti centrali per oltre il 90% della spesa complessiva, la Lombardia per il 75%, la Campania per il 71% mentre l’Emilia Romagna solo per lo 0,4%, la Puglia e la Calabria appena per lo 0,1%» e, attenzione, le più virtuose sono state la Sicilia e l’Umbria, che «hanno fronteggiato i costi esclusivamente con le proprie risorse».

 

 

 

 

 

 

 

 

LE VERE RAGIONI DELL’IMPENNATA

Fatto questo quadro, non dobbiamo stupirci poi tanto dei dati che emergono, nero su bianco, da un altro recentissimo rapporto, quello della Protezione civile sulla “spesa per contagiato”. Il dossier vede ancora una volta in testa la Campania del governatore Vincenzo De Luca, con 76.308 euro spesi per ciascun individuo risultato “contagiato” ed una spesa complessiva pari a 337.512.245 euro, contro – per fare un solo esempio, una spesa media del Veneto pari a 10.212 euro, che fa segnare, per la Regione governata da Luca Zaia, un totale di spesa pari a 183.402.861 euro. Ancor più da brividi il confronto con la Lombardia di Attilio Fontana che, pur martoriata dal virus, fa segnare una spesa per “contagiato” pari a soli 5.178 euro. In sostanza, nella Campania “Felix” un contagiato costa 12 volte di più che in Lombardia.

Tutti dati, quelli appena sfornati da Anac e Protezione Civile, che spiegano quanto sia redditizio il business dei contagiati e perché venga quotidianamente alimentato da una buona dose di terrorismo mediatico. Persino l’austero ed inflessibile Sole 24 Ore, sulla scia delle stoccate di Carlo Bonomi al governo, non ha potuto fare a meno di intervenire sul “business della paura”.

«Diffidate di chi usa i numeri assoluti», avverte Riccardo Saporiti nella documentata rubrica Infodata del Sole. E spiega: «I superdiffusori dell’infodemia restano i giornalisti e sui giornali la seconda ondata è ben presente (…) basta riconoscere il giornalista che utilizza numeri assoluti per raccontare il contagio. E diffidarne». Perché, incalza il Sole, «titolare che sabato 3 ottobre si sono registrati 2.844 positivi, oltretutto aggiungendo che non se ne vedevano così tanti da aprile, rappresenta il lato oscuro dell’informazione». Difatti, il 3 ottobre si è registrato un tampone positivo su 118mila test effettuati. Il 21 aprile i positivi erano 2.279, ma su un numero di tamponi effettuati pari alla metà, cioè appena 52.000.

Però oggi l’allarme sui media sale, si riprende le prime pagine e, senza tenere in alcun conto le statistiche reali, fa impennare il giro d’affari di Regioni, fornitori, case farmaceutiche e quant’altro ruota nella giostra del Covid.

 

 

 

L’ALTOLA’ DI FEDERTURISMO

Chi naturalmente non ci sta, a salire su quella giostra, ed anzi è già sceso da qualsiasi ipotesi di crescita o addirittura già precipitato nel baratro delle imprese chiuse, sono le battagliere associazioni delle categorie più flagellate dal terrorismo mediatico dei numeri assoluti.

Nella tabella qui accanto, appena pubblicata da Federturismo, il titolo, e poi i numeri, parlano chiaro: “Basta terrorismo psicologico”.

A fronte del 28% dei pazienti in terapia intensiva il 23 marzo, al 9 aprile ve ne erano, in tutta Italia, solo il 3,42 per cento. Ancor più eloquente il numero dei ricoverati: 20.692 il 23 marzo, contro i 4086 – in tutta Italia – del 9 ottobre.

Ed è stato lo stesso Istituto Superiore di Sanità a dover ammettere, due giorni fa, che sono 407 i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni, pari all’1% del totale di 36.008. In particolare, 89 avevano meno di 40 anni e, di questi, per 14 non erano state diagnosticate patologie di rilievo. Il Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-Cov-2 in Italia, aggiornato al 4 ottobre, mostra come nei tre mesi estivi sia anche aumentata l’età media dei decessi. «Il dato – scrive l’Iss in un tweet – può essere spiegato da maggiori conoscenze sull’infezione e maggiori capacità di cura». «L’età media dei pazienti deceduti e positivi a Sars-Cov-2 è 80 anni ed è più alta di oltre 25 anni rispetto a quella di coloro che hanno contratto l’infezione».

Dati destinati a rassicurare, ma ripresi solo dal sempre informato Dagospia e “regolarmente” ignorati dalla grancassa dei media, perché contrari all’avanzata di quel “virus della paura” (per parafrasare l’ultimo libro di Tarro) che sta facendo girare tanti miliardi.

E pazienza se sale l’allarme degli psichiatri sul lato oscuro del business, quella spaventosa statistica di suicidi, omicidi ed altre patologie mentali ben più pericolose ed insidiose del Covid. L’ennesimo dark side, questo, che “non fa gioco” ai tanti rimasti incollati alle poltrone del Governo o del Parlamento solo per il dilagare sui media della pandemia. Potranno gridarlo in coro (ma solo loro): “Grazie, virus!”.

 


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