Dalla padella alla brace: con il personale divorzio dalla testata ‘la Repubblica’, divenuta quotidiano confindustriale con la vendita alla Fiat ho dimenticato la discriminante operata sistematicamente dalla redazione sportiva che con paginoni, mega fotografie, interviste, commenti delle sue firme più ‘in’ e perfino con incursioni nel gossip privilegia Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio; confina in posizione quasi invisibile le sette, otto righe per il Napoli nel giorno del prepartita, mini spazi per il resoconto dei suoi incontri. Capisco ora che non è un peccato di i antimeridionalismo esclusivo di quel quotidiano. Trattamento analogo è nelle scelte di chi redige le pagine sportive del Corriere della Sera. Basta sfogliare il giornale di questa domenica calcistica per averne consapevolezza. Al Napoli la testata di via Solferino dedica lo spazio miserrimo di poche righe, nella colonna dove sono collocate le notizie sulle probabili formazioni delle squadre di ‘minore importanza’. Il Corriere potrebbe obiettare che il Napoli è oggetto di attenzione nel suo inserto “Corriere del Mezzogiorno”, ma è obiezione da confutare perché anche Milano e Roma hanno le loro pagine locali. In definitiva, di che sorprendersi se l’antimeridionalismo è un diffuso peccato italiano e per nulla veniale?
Un osservatore dotato di acume, alle prese con il delicato esercizio di comprendere la complessità degli umani, ha intuito che per indagare le caratteristiche dei grandi eventi è utile, forse indispensabile, partire dalla conoscenza del loro input minimale. Lo confermano le grandi scoperte della scienza medica, che ha la meglio su gravi patologie partendo dall’indagine microbiologica di una cellula.
Non è poca cosa il contenuto xenofobo proposto a maestre e scolari delle elementari dalle seguenti righe tratte dal ‘sussidiario ‘Rossofuoco’. Citano la frase di un bambino rivolta a una bimba, presumibilmente di origini africane: “Sei sporca e sei tutta nera”. Ecco un caso ‘minimale’ di xenofobia, che sottende alla diffusione del virus ‘Razzismo-2020’. Si può, si deve ricavarne un’osservazione articolata. Il sì quasi plenario, che ghigliottina il Parlamento, ha origini minimali, ma ben radicate, nell’idea che sostiene il sentimento populista dell’antipolitica, vissuto a pelle, alimentato dalla quota meno nobile di deputati e senatori, che disonorano il ruolo di eletti del popolo per negligenza o peggio per il loro coinvolgimento in casi di corruzione, di malaffare. Il sentimento di ostilità per la ‘casta’ ha così solleticato il qualunquismo silente, ma radicato nella società italiana, che sfrutta inadeguatezze e comportamenti indegni dei parlamentari per mettere in carniere la preda del consenso elettorale. A gettare le reti per una buona pesca è stata la furbizia politica fondante del Movimento 5 Stelle, che si è procurata gratuitamente un punto programmatico di sicura presa, così attraente da trascinare nel sì del referendum anche alleati in disaccordo sui ‘tagli’, pur di non lasciare l’esclusiva del successo referendario al grillismo. Il punto politico del caso in questione non è l’efficienza del Parlamento con più o meno rappresentanti. Lo attesta la richiesta pressante di contestualizzare rapidamente l’esito del referendum nell’ambito globale della riforma elettorale. Il rischio di una deriva populista del Paese, a cui contribuisce l’impari sfida di sì e no al taglio di deputati e senatori, lo racconta con rara efficacia Antonio Scurati, nei suoi best seller su Mussolini e il fascismo: dimostra come siano emanazione conseguenziale del populismo e paventa che anche nell’Italia del sì e del no cresca l’incosciente intolleranza nei confronti di ‘nostalgie’ del famigerato Ventennio.
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