Destra strabattuta, eppure i ducetti hanno il coraggio di gonfiare il petto pensando alle 15 regioni governate su 20.
Vince Nicola Zingaretti, a sua insaputa.
Asfaltati sui territori i 5 Stelle, che si ‘intestano’ il referendum tanto per battere un colpo.
I RAS DEI TERRITORI
E’ la grande vittoria dei Super Governatori, dei ras del territorio, delle figure di forte visibilità.
Succede nelle due regioni del Nord e nelle due del Mezzogiorno, dove trionfano i quattro governatori uscenti.
Luca Zaia diventa il governatore più votato nella storia della nostra repubblica.
Stravince anche sul segretario del Carroccio Matteo Salvini, visto che le sue liste personali seppelliscono sotto una valanga di voti anche quella impersonata dall’ex ministro degli Interni.
Bagarre dentro la Lega in vista, nonostante il plurivotato doge si faccia per ora da parte e sostenga di volersi dedicare al suo Veneto.
Sbaraglia avversari inesistenti (come è successo in Campania per De Luca), pluripremiata la sua politica di gestione della pandemia.
Giovanni Toti vanta il successo record in Liguria e la storica riconferma. Una vittoria personale, visto che non milita più tra le fila di Forza Italia. Vince il decisionismo per la realizzazione a tempi di record del Ponte Morandi. Vince un evento, non una politica più di tanto articolata.
Di fronte aveva uno dei rari casi di faticata intesa tra Pd e 5 Stelle, lo scolorito Ferruccio Sansa, che alcuni ricordano non tanto per le prodezze giornalistiche o politiche, ma per essere il figlio del mitico pretore d’assalto anti petroli.
Annichila il suo inesistente avversario lo Sceriffo della Campania Vincenzo De Luca: l’unico risultato ampiamente prevedibile, pur se non in misura così rocambolesca. Il centrodestra non ha neanche cercato di giocare la partita, data per strapersa: vittima designata Stefano Caldoro, governatore dieci anni fa ma già battuto cinque anni da fa Nembo De Luca.
La cui vittoria non fa altro che confermare l’assioma: vince la visibilità, il carisma, l’identikit immediatamente riconoscibile.
Vince la forza del consenso sul territorio: quel che una volta faceva mamma Dc, ora lo fanno i Governatori, zar di tutti i territori.
EMILIANO CONTRO TUTTI
Ma il più clamoroso risultato è quello che ottiene Michele Emiliano. Dato per sfavorito alla vigilia, al massimo in grado di gareggiare ma non di vincere, ha invece tritato il già battuto (come è successo in Campania) rivale precedente, Raffaele Fitto, che nel frattempo aveva cambiato scuderia, dalle truppe berlusconiane a quelle meloniane.
Riesce a confermarsi al vertice della Puglia, l’ex magistrato ed ex sindaco di Bari, nonostante le candidature ostili di 5 stelle e renziani. E’ evidente che in Puglia una buona fetta dei grillini non ha obbedito agli ordini dello sgarrupato segretario Vito Crimi – il killer di pentastellati per le amministrative – e ha votato in modo disgiunto.
Per fortuna lo stesso è successo in Toscana, dove ha vinto a valanga il pur grigio Eugenio Giani, surclassando la rampante leghista rispedita al mittente nel tentativo di assalto alla regione rossa per eccellenza: il medesimo copione si era verificato mesi fa nell’Emilia conquistata da Stefano Bonaccini nonostante gli immensi sforzi profusi da Salvini per la sua Lucia Borgonzoni.
Nasce con un imprintig renziano, il neo governatore toscano; comunque è una chiara vittoria targata Pd, visto che la lista di Italia Viva si è attestata su percentuali risibili.
In questo caso, identikit poco identificabili, e ha prevalso la macchina organizzativa da decenni messa in piedi sul territorio dell’ex Pci. Sarebbe stato troppo grave, oltraggioso, consegnare la Toscana alle milizie becere e razziste del Carroccio!
Scontato il risultato nelle Marche, l’unica medaglietta che si aggiudica lady Giorgia Meloni, ridimensionata nelle sue smisurate velleità e costretta a smorzare il suo irrefrenabile slancio verso le più alte vette della politica di casa nostra: d’ora in poi dovrà volare basso. E quindi anche la corsa per la leadership di un centrodestra incerottato dopo il voto vede le sue quotazioni in caduta libera.
Per la serie: solo ad agosto dello scorso anno Salvini era il numero uno incontrastato in Italia, alle elezioni avrebbe raccolto a mani basse 1 voto su 3. Nell’arco di 13 mesi ha fatto harakiri per ben due volte, da guinness. Ma la Meloni, ora, non riesce a profittarne. Mentre Silvio Berlusconi e i resti di Forza Italia scompaiono dalla scena politica.
Destra in coma.
LA PROSSIMA AGENDA DI CONTE
E vince, come abbiamo detto, Zingaretti.
A sua insaputa. Grazie a due ‘miracoli’ degni del San Gennaro più in forma: l’inesistenza degli avversari e la forza dei governatori che hanno trionfato, come Emiliano e De Luca, che non sono certo ‘organici’ alla sua segreteria.
Cogliendo la palla al balzo, sarà capace ora Zingaretti di dar vita ad una casa comune per una nuova sinistra? Per i cittadini, per la gente, per progetti nuovi: non per truppe salottiere.
E tutto si gioca, adesso, con un governo Conte chiaramente rafforzato dall’esito del voto e non più in discussione.
Sarà in grado, Giuseppe Conte, di far tesoro della insperata vittoria per organizzare una vera politica di spesa delle risorse europee?
Una politica finalmente virata verso una maggiore giustizia ed eguaglianza sociale? Spendendo i soldi nella direzione di politiche per il lavoro, per i ceti più deboli, per i pensionati, per migliorare sanità e servizi? E non sperperando tutto in mille rivoli clientelari o paraclientelari?
E sarà finalmente in grado di condurre una lotta senza quartiere contro l’eterna piaga dell’evasione fiscale? Un cavallo sempre evocato da tanti, ma mai messo in campo. Qui si gioca la credibilità del governo.
Come ha detto Conte, se sbagliamo sulla gestione dei soldi per il Recovery Fund, mandateci a casa: a calci.
Non solo per il Recovery: anche per la lotta all’evasione.
Spendere nella giusta direzione e raccogliere risorse da ladri ed evasori, sbattendoli poi in galera: per far vedere a tutti che aria tira.
Solo così è possibile vedere reali tracce di una possibile, nuova sinistra.
E di un nuovo clima sociale.
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