Mister Kauffman, tedesco di Baviera, si dimostra abile pilota di droni, duttilità perfezionata alla scuola di specializzazione di Francoforte, ma soprattutto è uno dei più colti e poliedrici ambientalisti del mondo. In questi torridi giorni di Ferragosto ho il privilegio di compiere con lui il tour della Terra, per aver redatto un ponderoso dossier sulle calamità naturali, pubblicato dal National Geografic Magazine. Decolliamo da Dusseldorf, all’alba di un mattino oppresso da una nube di umidità, che altera in peggio la percezione dei 36 gradi segnati dal termometro di bordo. Puntiamo sul Polo Nord.
Il levarsi del drone è molto in confidenza con l’ascesa verticale che ho vissuto una prima volta al seguito di una spedizione di aiuti ai terremotati dell’Irpinia, nell’80, con un tragitto molto disturbato da un violento libeccio, il secondo a bordo del C89H noleggiato dalla Rai per consentirmi di raccontare la Napoli dall’alto e pilotato da un espertissimo romano, abile nello sfiorare senza pericolo il mare, i luoghi più rappresentativi della città, il castel Sant’Elmo, in vetta al Vomero, il Maschio Angioino, Castel dell’Ovo, prima di puntare dritto al Vesuvio e di lì all’Amalfitana, a Sorrento, Capri, Nisida, Procida e Ischia. Il drone propone elementi di instabilità pari al ballonzolare dell’elicottero, ma forse maggiore sicurezza di volo.
Il professore ha elaborato un piano di volo dettagliato che comprende tempi di spostamento, tappe per gli approvvigionamenti e riposi complicati dalle discrepanze dei fusi orari. La prima spedizione, una carineria nei miei confronti, ci porta a sorvolare gli Appennini e in particolare l’area dove lo slittamento di una faglia chilometrica ha raso al suolo paesi e borghi, ancora macerie dopo tre anni dalla tremenda spallata con epicentro nell’area di Accumuli e Amatrice, Arquata.
“Guardi, herr Kauffman, al disastro che ha provocato centinaia di morti e danni per molti milioni, si cumula la patologia tutta italiana della burocrazia, che ostacola per anni il lavoro di sgombero totale di quanto è crollato, ma soprattutto che dilata i tempi della ricostruzione. Ma guardiamo oltre. Quali sono stati i terremoti più devastanti?”
“Il sisma che ha colpito in Cile Valdivia nel 1960, con il 9,5 della scala Richter e tsunami. Con intensità analoga terremoti a Sumatra, in Alaska, a Sendai in Giappone, a Kamchatka, in Russia, tutti con valori oltre il nono grado.
“E indietro nel tempo?”
“Testimonianze credibili dicono di un violento sisma nel 365, epicentro nell’isola di Creta, di magnitudine 8,5. Cento anni dopo terremoto ad intensità di poco inferiore sempre in Grecia, a Sparta e altri due ancora a Creta e Rodi, di nuovo a Creta il 1303. In Italia devastante il terremoto di Messina nel 1908 con conseguente tsunami e nell’80 in Irpinia”
È vero, l’area di San Francisco è esposta al rischio di un sisma distruttivo?”
“Purtroppo sì. I terremoti in California sono frequenti perché al di sopra della faglia di Sant’Andrea, che attraversando la California segna il confine tra la placca tettonica del Pacifico e quella nordamericana. Il più distruttivo è del 1906. Ha colpito proprio San Francisco: 300 morti, distrutto l’80 percento della città”.
“Come prevedere, e soprattuto prevenire i danni da sisma?”
“La previsione con l’anticipo necessario per salvare vite, edifici, fabbriche è purtroppo ancora un’utopia, ma su cui si lavora in tutto il mondo. Molto si deve fare per limitare i danni e il Giappone lo esemplifica meglio di tutti. Costruzioni antisismiche, piani condivisi e sperimentati per evacuazioni immediate”.
“Sorvoliamo la Sicilia e chi avrebbe mai supposto che i cambiamenti climatici avrebbero interessato il Sud dell’isola grande italiana? È successo. Guardi professore, siamo su Palermo dove si è abbattuto oltre un metro di pioggia, la più violenta dal 1790. E nel mondo?”
“1931: straripa il Fiume Giallo.Tra 800 000 e 4.000 000 i morti e nel ’75 il tifone Nina in Cina distrugge sessanta dighe. 200mila morti. Uragano in Texas, 1900, 8000 le vittime. L’alluvione del Mozambico del 2000, ha imperversato per tre settimane con bombe di pioggia e un ciclone. Migliaia di morti. Tutte alluvioni disastrose”.
“Italia”
“1966, alluvione di Firenze, nel ’70 quella di Genova. Molte altre. Il 9 ottobre del 1963, l’Italia è in lutto per le 2000 vittime della strage del Vajont”.
“Di nuovo il che fare”
“Non disboscare, tenere le vie d’acqua sgombre di detriti, non costruire ai margini di fiumi e torrenti, agire drasticamente sull’inquinamento”.
Lasciamo l’Italia e puntiamo sul polo Nord.
“I dati spaventano. La riduzione progressiva dei ghiacciai procede di pari passo con il riscaldamento della Terra e non è così lontano il tempo in cui un numero impressionante di città costiere saranno sommerse dal mare. Pensi che sono quasi 15 i milioni di chilometri quadrati ricoperti da ghiaccio, ovvero il 70 percento dell’acqua dolce del pianeta. Sa cosa sta accadendo? 300 miliardi le tonnellate di ghiaccio che scompaiono ogni anno dal Polo Nord e 130 miliardi dal Polo Sud”
“Le cause”
“Iper produzione di CO2, deforestazione dei polmoni verdi del mondo (per esempio della Foresta Amazzonica), sfruttamento di combustibili fossili per produrre energia, riscaldamento globale”
“Possiamo rimediare?”
“Dobbiamo o il nostro Pianeta andrà incontro all’inabitabilità. Energie rinnovabili, riforestazioni, rispetto della natura”.
“Chissà professore, se non è proprio la natura a ribellarsi, a vendicare le violenze che subisce. Nuove patologie, malattie genetiche, virus letali…”
“Il vento e la siccità alimentano gli incendi e distruggono milioni di ettari di verde, aggrediscono luoghi abitati. Due casi recenti: Australia e California, Dolo o casualità, ma l’uno e l’altra sono comunque sintomi della fragilità del Pianeta, aggravata dall’irresponsabilità di nemici del mondo. Radici antiche ha l’incendio doloso di Roma, come raccontano gli storici. Davvero colpa di Nerone? Infine, spariscono specie animali, negli oceani galleggiano enormi isole di indistruttibile plastica, terra, cielo e mare ci appartengono sempre meno”.
Completiamo il nostro circuito su questo oggetto che vola e di suo contribuisce, seppure in minima misura, all’inquinamento. Un attimo dopo la nostra missione sarà l’impegno di spingere a mille per diffondere la cultura della rivincita della natura, con ogni mezzo e senza un attimo di sosta, come fanno Gretha Tunberg e i ragazzi come lei.
Sono meno contento a conclusione dell’impresa da globetrotter. Un conto è leggere, guardare quanto propongono i media sul tema ‘salviamo il pianeta’, un conto è sorvolare quanto l’irresponsabilità degli uomini ha provocato alle meraviglie della Terra. A conclusione del giro del mondo percorso sul drone trovo sulla segreteria telefonica il messaggio di Diana.
“Bentornato amico mio. Non vorrei che vagando nei cieli del pianeta ti sia successo di dimenticare che abbiamo a breve il progetto di una vacanza in America Latina…”
“Tranquilla, ho avuto tutto il tempo per ripensare al programma e dobbiamo parlarne. Credo di avere un’idea diversa del mio tempo libero. Come definirla? Credo che la parola appropriate sia ‘missione’. Ti spiego tutto davanti a una bevuta dell’acqua che sgorga dalla fonte del Serino. È lì che mi piacerà parlarne. Ti vengo a prendere domani, con l’auto elettrica che sto per noleggiare”.
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