Achtung, vi querelo

La querela. È strumento giuridico di contrasto nei confronti di chi infama la rispettabilità di uomini e donne senza averne motivo o comunque senza le prove di quanto afferma. Fin qui ci siamo, la querela è risposta adeguata per risarcire torti ingiustificati, ovvero atti di violenza verbale espressi con qualunque mezzo di comunicazione, molto più gravi se a larga diffusione.  Come si dice, fatta la legge, trovato l’inganno. Nel caso in via di descrizione l’‘imbroglio è appannaggio di politicanti e vertici di grandi imprese pubbliche o private. Consiste nella duplice intimidazione, preventiva e successiva alla diffusione di notizie o commenti ‘scomodi’ per i destinatari.  Cioè, se vengo a conoscenza che una rubrica giustizialista, leader del giornalismo d’inchiesta, ha in preparazione un’indagine su corruzione o altre malefatte di cui sono responsabile, metto in campo il feeling con un alto dirigente del network televisivo perché induca a recedere i responsabili della rubrica ed evitare il pericolo di dover rispondere alla querela degli interessati, presumibilmente integrata dalla richiesta di un risarcimento milionario.  La seconda ipotesi è che i soggetti bersaglio delle inchieste debbano reagire ad articoli e programmi televisivi dopo la loro pubblicazione. La controffensiva avviene con identica intenzionalità repressiva, ma con la variante di querele e pretese di rimborsi a sei cifre. Quasi sempre, o addirittura sempre, i querelati, che non hanno commesso il reato di diffamazione e raccontato il vero con la copertura di prove certe, sono assolti dal reato di calunnia, ma se fossero vittime seriali di querele, l’alternativa è: hanno dimensione di ciclopi dell’informazione e allora dispongono di apposti fondi per affrontare il rischio delle querele, o sono esponenti del giornalismo investigativo di piccola o media dimensione, perciò impossibilitati a sostenere gli oneri legali per la difesa processuale.  Conclusione: i potenziali querelanti evitano di rivalersi nei confronti dei grandi gruppi editoriali e infieriscono su chi, di media o modesta disponibilità finanziaria, è costretto a non esercitare il giornalismo d’inchiesta per non fallire.
Questo succinto capitolo ‘inchieste-querele’ è sollecitato dalla notizia dell’arresto in extremis di tale Luca Sostegni, fermato appena in tempo, ovvero prima che se la squagliasse in Brasile. In breve i fatti: il soggetto in questione è reduce del coinvolgimento in circa quaranta società, pilotato da tale Michele Scilleri, commercialista titolare di uno studio in Milano, dov’era domiciliato ‘Lega per Salvini premier’. Scilleri, è un professionista indagato per l’acquisizione della sede ‘Lombardia Film Commissione con un paio di colleghi che hanno a che fare con la Lega. Per Scilleri i magistrati indagano su reati di peculato e interferenza sulla libertà d’acquisto. Nella vicenda hanno un ruolo i due colleghi di Scilleri, ex revisori dei conti per il Carroccio. A suo tempo subirono la perquisizione ordinata dalla Procura di Genova che indagava sui 49 milioni di euro sottratti allo Stato dalla Lega, condannata alla restituzione a rate generosamente diluite in 80 anni. A proposito, trattandosi di faccende connesse alla Lega, Salvini, dichiara: “Che nessuno osi accostare il mio nome a questa vicenda, altrimenti partono le querele”. Chi ha detto e a chi “Obbedisco?” Beh, in molti, forse tutti, obbediranno. Si asterranno dal collegare i fatti di Scilleri e Sostegni al capo della Lega. O chissà, potrebbe disobbedire chi si può consentire finanziariamente di svolgere il represso giornalismo d’inchiesta.   Di sicuro c’è che la Lega deve temere la disponibilità a collaborare, dichiarata da Luca Sostegni dopo l’arresto.

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