Gli strambi U-S-A

La ricetta: evitare sonniferi, sedute ipnotiche, musica dodecafonica, stanze in penombra; respingere al mittente, senza leggerli, i comunicati stampa della casa Bianca, ascoltare con il cervello sveglio le news della Cnn,  abbonarsi al Washington Post, consultare via internet gli archivi di siti accreditati di serietà professionale e rinfrescare la memoria del malfatto dal momento dell’indecente elezione ad oggi: concluso il rituale descritto  giurare sulla Bibbia, sul Corano, sul proprio dio, di votare per chiunque (meglio se un democratico clone di Barak Obama) non abbia le iniziali D di Donald e T di Trump.
Il tycoon è sulla buona strada per suicidarsi politicamente. Lo raccontano con la loro potenza comunicativa le immagini della contestazione di milioni di americani bianchi, neri, democratici e perfino repubblicani, che da giorni sfilano nelle grandi metropoli degli Stati Uniti e di tutto il mondo contro il razzismo e con sempre maggiore consapevolezza contro il presidente che lo rappresenta, che ‘ordina’ alle forze dell’ordine di sparare sui manifestanti e disconosce platealmente le istituzioni internazionali a difesa dei diritti umani.
Lui, colpi da ko ne ha incassati: da avversari politici e dal fuoco amico del suo disgustato entourage, dalla magistratura, dai media che non riesce a zittire, dall’opinione pubblica mondiale. Per troppo tempo il controllo sui poteri forti, su sacche consistenti di qualunquismo, con la complicità di larghi segmenti sociali di razzisti e, suprematisti, oltre al marcio dell’autarchia nazionalista, hanno avuto il sopravvento sull’America democratica, dell’integrazione, della giustizia sociale.
Ma negli Stati Uniti della libertà di stampa, troppo radicata per essere ridotta al silenzio, il giornalismo d’inchiesta ha progressivamente scavato nelle segrete cose di una presidenza che ha sfiorato e talvolta superato i confini della legalità. In un amen, di là da sospetti pregressi e accertamenti di condotte scorrette, Trump è si è trovato alle prese con le rivelazioni di Bolton, con il ‘non si può’ pronunciato dalla Corte Suprema alla richiesta di sequestrare il libro che, tra l’altro, rivela l’appello del presidente al collega cinese perché lo aiuti a vincere la prossima campagna elettorale in cambio di allettanti contropartite commerciali e finanziarie. Nel tentativo di frenare l’emorragia di ‘like’, in gran parte conseguenza dell’incosciente sottovalutazione del Covid-19, il presidente in scadenza ha chiamato a raccolta i repubblicani in altri tempi protagonisti di adunate oceaniche, per il primo comizio successivo all’esplosione della pandemia. Non ha scelto una grande piazza per il rendez vous auto promozionale, ma un più modesto palasport, così sicuro di assistere al tutto esaurito di una folla osannante. Le immagini dell’impianto raccontano tutt’altro e cioè il flop clamoroso di ampi vuoti e un numero preoccupante di fan senza mascherina, che hanno ignorato la precauzione della distanza di sicurezza.
Il capolavoro della manifestazione prende il via dal titolo con cui Trump cita il Covid-19. Lo chiama, con una definizione razzista “Kung Flu” e sentenzia di aver ordinato meno test, perché “fanno aumentare i contagi”. L’incosciente azzardo ascientifico tradotto in volgare significa ‘meno accertamenti, meno numeri di infetti da denunciare’! Il suo staff aveva pronosticato la presenza di 100mila partecipanti, una folla oceanica di fan, ma Trump ne ha attirati solo 19mila. Tra l’altro, all’esterno dell’Arena Indoor, i suoi seguaci hanno aggredito pacifici manifestanti con spray urticanti. Il resto l’ha fatto la polizia, disperdendo i contestatori.
Trump, ovvio, ha attaccato Joe Biden, suo avversario democratico e senza arrossire di vergogna si è vantato di aver affrontato con successo la pandemia, fingendo di ignorare che gli Stati Uniti detengono l’atroce primato di contagi e di morti da Covid-19.  È deflagrato un annuncio della Cnn: ‘Nello staff del presidente sei persone sono positive al coronavirus”.
A proposito, Biden per la prima volta ha superato l’avversario anche nella raccolta fondi e, dicono le ultime rilevazioni, ha 12 punti percentuali in più di Trump, che per l’esordio della campagna elettorale post coronavirus aveva pronosticato l’affluenza di un milione di americani: clamorosa la fuga dal terreno per lui scottante dell’omicidio di George Floyd. Neppure una parola e nulla sul video dell’omicidio di un altro afroamericano, ucciso il 6 giugno da un bianco, guardia privata di un motel.
 
Nota a margine: tutti (giornalisti, politici) continuano a citare uomini e donne neri come ‘afroamericani”, anziché semplicemente americani, cioè nati negli Stati Uniti. Idem per  ‘ispanoamericani’, ‘italoamericani” insediati negli Usa da più generazioni. Allora perché non oland-americani, german-americani, cin-americani, eccetera?     

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