I clamorosi conflitti d’interesse del neo direttore generale delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al centro di un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro dell’Economia e delle Finanze dai parlamentari Paola Nugnes e Iunio Valerio Romano.
Conflitti d’interesse sollevati in un’inchiesta della Voce del 22 maggio scorso.
Così viene sottolineato nell’interrogazione. “Nel 2015 il dottor Ernesto Maria Ruffini è stato nominato amministratore delegato di Equitalia. Nell’anno successivo presidente della stessa e, a seguito, dell’entrata in vigore nel 2016 della normativa che ha previsto il superamento di Equitalia e la creazione del nuovo ente pubblico ‘Agenzia delle entrate-riscossione’, nel 2017 è stato scelto dal Governo Gentiloni come direttore dell’Agenzia fino al 4 dicembre 2018, quando è stato sostituito dal generale Antonino Maggiore. Ad inizio 2020 il dottor Ruffini è stato prescelto dal Governo Conte II per guidare di nuovo l’Agenzia delle Entrate-riscossione”.
“Da quanto si apprende dalla testata ‘La Voce delle Voci’ in un’inchiesta di Andrea Cinquegrani del 22 maggio 2020, il dottor Ruffini, nel tempo intercorso tra i due incarichi al vertice dell’Agenzia delle entrate, ha ripreso la sua attività di difensore, patrocinando in giudizio contro l’ente da lui stesso diretto fino a poco tempo prima, gli interessi, tra gli altri, della società AMIFIN e, nell’anno successivo, della Banca di Viterbo credito cooperativo, vincendo una vertenza contro la medesima Agenzia delle entrate”.
L’interrogazione prosegue illustrando i fatti e, soprattutto, quel clamoroso conflitto d’interesse denunciato solo dal sindacato “DirPubblica” e sul quale, invece, hanno glissato le storiche (sic) sigle sindacali.
Con una ricerca via web, abbiamo scoperto che ‘O Direttore Ruffini ha firmato una importante dichiarazione il 9 luglio 2018, con la quale, in sostanza, dichiara “l’insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, numero 39, ostative al predetto incarico”.
Ecco cosa ne pensa un dirigente del ministero per l’Economia: “L’avvocato Ruffini, dall’esame del suo curriculum, risulta aver ricoperto incarichi di vertice prima presso la soppressa Equitalia, trasformata in Agenzia delle entrate-riscossione e come direttore generale dell’Agenzia delle entrate. Esaminando alcune sentenze della Corte di Cassazione e della Commissione Tributaria di Roma, Ruffini risulta difensore di soggetti contribuenti, insieme ad altri legali. Le sentenze in questione sono state emesse o discusse in periodo concomitanti o molto ravvicinati allo svolgimento delle funzioni dirigenziali pubbliche di vertice. In sostanza, lo stesso soggetto risulta essere rappresentante della parte pubblica e allo stesso tempo difensore della parte privata”.
“Anomalie non da poco – viene illustrato – se pensiamo che chi ricopre funzioni pubbliche deve rilasciare una apposita dichiarazione di non incompatibilità. E tali dichiarazioni risultato rese da Ruffini sia nel 2018 che a gennaio 2020. Eppure a tutt’oggi nessuno prende atto di tale situazione, né i giudici né l’amministrazione finanziaria. Immaginiamo per un attimo in che situazione si può mai essere trovato l’avvocato difensore dell’ufficio pubblico, in udienza, di fronte all’avvocato di controparte rappresentata dal proprio Direttore Generale”.
Cose che possono solo accedere nella Mala Amministrazione di casa nostra…
DI SEGUITO, LINK E TESTO DELL’INTERROGAZIONE
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1156334
Atto n. 4-03691
Pubblicato il 18 giugno 2020, nella seduta n. 231
NUGNES , ROMANO – Al Ministro dell’economia e delle finanze. –
Premesso che:
nel 2015 il dottor Ernesto Maria Ruffini è stato nominato amministratore delegato di Equitalia; nell’anno successivo presidente della stessa e, a seguito dell’entrata in vigore nel 2016 della normativa che ha previsto il superamento di Equitalia e la creazione del nuovo ente pubblico “Agenzia delle entrate-riscossione”, nel 2017 è stato scelto dal Governo Gentiloni come direttore dell’Agenzia fino al 4 settembre 2018 quando è stato sostituito dal generale Antonino Maggiore;
ad inizio 2020 il dottor Ruffini è stato prescelto dal Governo Conte II per guidare di nuovo l’Agenzia delle Entrate-riscossione;
considerato che, da quanto si apprende dalla testata “La voce delle voci” in un’inchiesta di Andrea Cinquegrani del 22 maggio 2020 il dottor Ruffini, nel tempo intercorso tra i due incarichi al vertice dell’Agenzia delle entrate, ha ripreso la sua attività di difensore patrocinando, in giudizio contro l’ente da lui stesso diretto fino a poco tempo prima, gli interessi, tra gli altri, della società AMIFIN e nell’anno successivo della Banca di Viterbo credito cooperativo, vincendo una vertenza contro la medesima Agenzia delle entrate;
considerato altresì che:
la Federazione del pubblico impiego “Dirpubblica” ha ritenuto che il dottor Ruffini, durante il suo mandato, abbia posto in essere una serie di atti amministrativi di conferimento di incarichi dirigenziali in violazione del disposto del decreto-legge n. 78 del 2015 che, all’articolo 4-bis, imponeva l’assunzione di dirigenti mediante concorsi per soli esami da bandire entro il 31 dicembre 2016, in conformità alle norme del decreto legislativo n. 165 del 2001 e sulla base di un decreto ministeriale che avrebbe dovuto essere tempestivamente adottato;
la stessa norma prevedeva che fino alla conclusione di quei concorsi, le agenzie fiscali potessero conferire deleghe di funzioni dirigenziali in favore dei funzionari, con un trattamento economico parametrato a quello previsto per le posizioni organizzative speciali, istituite con decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review), analogo a quello previsto per i dirigenti con incarico livello retributivo più basso;
l’Agenzia delle entrate, pur essendosi avvalsa della facoltà di conferire le predette deleghe di funzione dirigenziali, non ha mai bandito i concorsi previsti dal decreto-legge n. 78 del 2015, nonostante l’annullamento di un concorso per 403 dirigenti bandito nel 2014 a seguito della sentenza del TAR n. 9846/2016;
nel frattempo, Dirpubblica ha impugnato gli atti organizzativi adottati dall’Agenzia delle entrate in base ai quali sono state conferite le deleghe di funzioni dirigenziali e, di recente, il Tar del Lazio, con riferimento ad analogo contenzioso avviato da Dirpubblica contro l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma con la quale sono state previste le predette deleghe di funzioni (ordinanza n. 8253/2018);
nel contempo, Dirpubblica ha proposto ricorso sul silenzio mantenuto dall’Agenzia delle entrate sulla richiesta dalla stessa avanzata di bandire un concorso per 403 dirigenti persone esami ai sensi dell’articolo 4-bis del decreto-legge n. 78 del 2015, così da risolvere, in maniera definitiva, la problematica della dirigenza dell’Agenzia delle entrate;
il TAR del Lazio, con sentenza n. 8990 del 16 agosto 2018, ha accolto il ricorso ed ha obbligato l’Agenzia delle entrate a bandire il predetto concorso per 403 posti da dirigente da concludere entro il 31 dicembre 2018, nel termine cioè da ultimo prorogato dalla legge n. 205 del 2017. Tuttavia, con quella stessa legge, sempre con finalità che agli interroganti appaiono elusive della sentenza della Corte costituzionale del 2015, sono state introdotte le posizioni organizzative di elevata responsabilità (POER), le quali altro non sono che posizioni dirigenziali diversamente denominate;
in ogni caso, nel perdurante silenzio dell’Agenzia delle entrate sull’indizione del concorso per 403 dirigenti che gli era stato ordinato dal TAR, Dirpubblica ha chiesto al giudice amministrativo di nominare un commissario ad acta;
a seguito della richiesta, sì è scatenata la reazione del direttore dell’Agenzia, il quale, con un atto del 2 novembre 2018, ha annunciato che non avrebbe dato seguito alla sentenza del TAR e che tutt’al più il concorso l’avrebbe fatto per titoli ed esami in base alle nuove norme del 2017 ma per soli 160 dirigenti,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non valuti che per il dottor Ruffini sussista una posizione di conflitto di interessi per aver operato contro l’Agenzia delle entrate, della quale era stato al vertice, e se non sia stata inopportuna la nomina ricevuta nel 2020 in quanto sia la suprema Corte costituzionale che il TAR del Lazio hanno bocciato i provvedimenti di nomina di dirigenti privi di qualifica, assunti da Ruffini;
se voglia assumere provvedimenti, nel limite delle proprie competenze, per restituire legalità all’attività di reclutamento dell’Agenzia delle entrate, sostituendo chi non rispetta le sentenze della Corte costituzionale e del Tar, ledendo i diritti di molti in dispregio delle norme e delle decisioni delle autorità giudiziarie interpellate.
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22 Maggio 2020 di Andrea Cinquegrani
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