Verità negate

L’esercizio della democrazia, in un Paese che non ha reciso con l’accetta il suo passato di dittatura, è inevitabilmente esposto al pericolo di recrudescenze. In nome di una distorta interpretazione della libertà di opinione, il Paese ha consentito ai neofascisti Almirante di partecipare alla vita democratica, incurante delle trasgressioni al dettato costituzionale, evidenti nell’apologia del Ventennio. Gangli del sistema istituzionale, inquinati da nostalgici del regime, hanno ordito con oscure e accertate complicità ripetute trame sovversive, hanno tentato assalti alla democrazia, progettato colpi di Stato, organizzato complotti con associazioni segrete e tessuto una rete di aggregazioni pescando, nel serbatoio degli irriducibili eredi del fascismo, soggetti funzionali all’obiettivo di destabilizzare la democrazia.
La lunga mano del neofascismo si è armata impunemente di bombe, ha compiuto attentati, ha coperto gli autori di stragi, operato depistaggi, ha partorito nuove aggregazioni della destra estrema, contigua ai partiti guidati in successione da Fini, Alemanno, ora dalla Meloni. Le ricadute, per non aver impedito il consolidarsi del fenomeno, avvolgono lo sconvolgente capitolo delle promiscuità criminali tra politica e mafie, il pericoloso crescendo di ‘spavalderia’ della destra, fino al rischio di ritrovarcela alla guida del Paese, dopo la devastante esperienza della Lega nel governo giallo verde, incursioni più o meno palesi nelle scelte di politica interna e internazionale. È difficile quantificare con buona approssimazione le responsabilità dirette e indirette dei buchi neri che impediscono di accertarle. Certo è che Ustica, piazza Fontana, le stragi di Bologna, Brescia, l’assassinio di Aldo Moro, di Ilaria Alpi e dell’operatore Hrovatin, l’omicidio di Giulio Regeni, sono altrettante testimonianze di eventi su cui non c’è giustizia e verità.
La famiglia del ricercatore assassinato al Cairo: “Lo Stato ci ha traditi due volte. Non è un tradimento solo per noi ma per tutti gli italiani. La prima volta nel 2017 quando ha rinviato l’ambasciatore al Cairo e ora con la vendita delle armi all’Egitto che non è un tradimento solo per noi ma per tutti gli italiani”. Il je accuse, fortemente motivato, ricorda che il movimento 5Stelle, ora guidato ad interim da Crimi (“Non forniamo le fregate, le vendiamo”) in passato ha dichiarato “finché non ci sarà verità (su Regeni, ndr) bisogna bloccare la vendita di armi all’Egitto”.  Il lodevole intento è clamorosamente smentito in questi giorni, mentre diventa scandaloso il rifiuto dell’Egitto a collaborare con il nostro Paese per individuare e condannare i mandanti dell’omicidio. I genitori di Giulio: “È il fuoco amico che fa male. Ci amareggia lottare contro il proprio Stato per ottenere verità e giustizia. E invece è proprio lo stato italiano ad averci traditi. In quattro anni e mezzo abbiamo visto tanta ipocrisia. La vendita di queste due navi e di altre armi lo conferma. La verità purtroppo non farebbe tornare in vita Giulio, ma almeno ridarebbe fiducia nel rispetto dei diritti umani violati”.
In margine alle polemiche la sorprendente esternazione di Tajani, vice presidente di Forza Italia, per una ‘soluzione equilibrata’: “Auspichiamo che il governo pretenda la verità dall’Egitto sul caso Regeni, ma non possiamo bloccare la nostra industria di qualità. Dobbiamo tutelare la nostra industria e Fincantieri, continuando comunque a lavorare per scoprire la verità”. Frasi da inserire nell’album della più inquietante ambiguità.
È significativo mettere in parallelo il caso Regeni e gli omicidi di Ilaria Alpi, inviata del tg3, dell’operatore Hrovatin, uccisi per aver scoperto traffici illeciti di armi e rifiuti tossici in cui erano coinvolti società italiane, organizzazioni criminali e settori della cooperazione.   Per l’omicidio dei due giornalisti, dopo anni di processi, depistaggi, perizie e controperizie, nel 2017, la procura di Roma ha chiesto di archiviare l’inchiesta in quanto risultava impossibile accertare l’identità dei killer e il movente del duplice omicidio. Poi la presidente della Camera Laura Boldrini ha avviato le procedure per eliminare la secretazione degli atti della Commissione parlamentare. In una nota dei servizi segreti, scritta nei giorni successivi all’omicidio, si sosteneva che Alpi era stata uccisa per le indagini sui traffici di armi e rifiuti tossici, che i mandanti dovevano essere ricercati tra militari somali e cooperazione. La famiglia Alpi si è opposta all’archiviazione, nel 2018 il Gip ha disposto nuovi accertamenti. Nel febbraio 2019 la procura di Roma ha nuovamente chiesto l’archiviazione delle indagini.
L’incredibile di questi ‘misteri’ non è solo nel coinvolgimento della destra, che avvolge di omissis e depistaggi eventi di terrorismo, né le accertate implicazioni collaterali dello Stato nel malaffare (clamorosa la contiguità con la mafia): responsabili, anche se non in pari misura, sono i governi, che dal dopoguerra in poi hanno coperto deviazioni della trasparenza istituzionale in settori chiave e specialmente nella scelta discutibile dei ministri degli interni, dei vertici dei servizi segreti e delle forze dell’ordine.

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