A breve verrà ratificato dal nostro Parlamento l’accordo di cooperazione militare siglato con il Burkina Faso, un paese “bollente” che di tutto avrebbe bisogno meno che di forniture militari.
Ma tant’è. Il nostro governo, a quanto pare, se ne fotte e intende andare dritto per la sua strada, del resto già spianata quasi un anno fa, il primo luglio 2019, dall’accordo sottoscritto con il Niger ed il Mali. Ai quali dovrà presto aggiungersi – a meno di clamorose sorprese – anche il Burkina Faso.
Composto di 12 articoli, l’accordo prevede (articolo 2) che i rispettivi ministeri della Difesa possano stipulare “ulteriori intese tecniche volte a disciplinare in concreto le aree di cooperazione, che sono: politica di sicurezza e di difesa; sviluppo e ricerca, supporto logistico e acquisizione di prodotti e servizi; operazioni umanitarie e di mantenimento della pace; organizzazione e impiego delle Forze armate, servizi ed equipaggiamenti delle unità militari e gestione del personale”.
Denuncia il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo: “Lunghissima la lista dei sistemi di guerra che, secondo l’articolo 6, potranno essere esportati alle forze armate del Burkina Faso: aeromobili ed elicotteri militari, sistemi aerospaziali e relativo equipaggiamento; carri e veicoli armati; armi da fuoco automatiche e munizioni; armamento di medio e grosso calibro; bombe, mine, missili, razzi e siluri” e via massacrando.
L’accordo, paradossalmente, è bilaterale. Ma è ovvio che sarà l’Italia a fornire il materiale militare e non viceversa: a meno di non voler regalare ai nostri figli archi, frecce e fionde.
Quindi, a beneficiare dell’intesa, of course, non potranno che essere le star del nostro apparato industriale-militare: Leonardo-Finmeccanica e Iveco DV in pole position.
In un fresco report, Amnesty International punta I riflettori su quelle aree: “Nel corso delle recenti operazioni militari, sono stati commessi dalle forze armate di Burkina Faso, Mali e Niger non meno di 57 esecuzioni extragiudiziarie o omicidi illegali e 142 casi di sparizioni forzate. Ciò è avvenuto in un contesto che ha visto i tre paesi potenziare i rispettivi interventi militari per combattere i gruppi armati, il Group for the Support for Islam and Muslims e l’Islamic State in the Greater Sahel”.
Continua Mazzeo: “Il 25 febbraio a Noukchott, capitale della Mauritania, si sono tenuti il vertice dei capi di stato G5 e la prima assemblea generale dell’area Sahel, organizzazione internazionale di cui è partner anche l’Italia e che sostiene economicamente e militarmente i Paesi del G5 Sahel”.
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