L’AFFAIRE TOR DI VALLE / NELLA SCENEGGIATA SPUNTA UN NUOVO AMICO AMERICANO

Pensavate che fosse calato il sipario sulla sceneggiata per la realizzazione dello stadio giallorosso a Tor di Valle?

Neanche per sogno. Pupazzi e burattini sono più vispi che mai.

Entra in campo, adesso, un illustre sconosciuto, come possibile partner per il numero uno della squadra giallorossa, l’americano James Pallotta da Boston.

 

IL NUOVO AMICO AMERICANO

Si tratta di un altro amico a stelle e strisce, stavolta da Miami, tale Joe Da Grosa.

Esce come il cavolo a merenda, all’improvviso, un nome partorito dal niente. Quasi a voler gettare altro fumo negli occhi degli ormai allibiti romani e degli ancor più esterrefatti tifosi della squadra che fu capitanata da Totti.

Joe Da Grosa. In apertura il nuovo stadio della Roma e in primo piano il ministro Alfonso Bonafede

Tramontato l’astro del terzo americano della story, Dan Friedkin, ecco quindi uscire dal cilindro l’ennesimo reuccio dei fondi d’investimento, tanto per cambiare la musica, a bordo di una sfilza di sigle & siglette. E soprattutto della sua creatura prediletta, la General American Capital Partners.

Ci mette un minuto per chiarire, se ce ne fosse il bisogno, il suo obiettivo: fare affari in un mercato desertificato dalla pandemia per coronavirus, quindi comprare una squadra in saldo, al 30-40 per cento del suo valore, vero o presunto. In soldoni, se l’altro yankee Friedkin aveva valutato l’affare Roma 800 milioni circa, con 250 si può chiudere.

Ma chi à mai il signor Nessuno? Ha comprato, già in saldo, una squadra francese, il Bordeau, e nella sua fantasia c’è il dream di dar vita ad una “holding globale” nel calcio ed in grado di spaziare per tutto il mondo, dall’Estremo Oriente all’Europa fino all’Australia.

Ha già pronto nel cassetto il nome, “Kapital Football Group” e può contare su qualche amico nel settore, come Hugo Varela, che si è interessato allo Sporting di Lisbona.

Quale modello ha quello griffato Manchester City, il “City Football Group”. Come sognare Marte.

Comunque, tra le sigle che popolano il suo arcipelago, fanno capolino MapleWood Partners, 1984 Capital Partners e la stessa General, tutte tuffate nel business del private equity e dei maxi (maxi?) investimenti.

E’ poi al vertice di altre società – il neo tycoon a stelle e strisce – come Miami Beach Kings, MultiRace LLC, Brazil Tower Company, Bip Apple Entertainment Partners LLC.

 

LE “VISIONI” DELL’ASSESSORE 

Intanto al Campidoglio scalpitano.

E non vedono l’ora di liberarsi della “patata bollente” dell’affare stadio.

Sono altrettanto fresche, infatti, le dichiarazioni dell’assessore allo Sport, Daniele Frongia, che si è già scottato entrando in contatto con la “patata”: ma la sua posizione, nella maxi inchiesta sull’affare stadio che ha portato in galera il mattonaro romano Luca Parnasi e il presidente del consiglio comunale Marcello De Vito, è stata archiviata dalla procura di Roma.

Daniele Frongia

Gongola oggi Frongia: “I proponenti e gli uffici comunali hanno concluso il lavoro sul piano tecnico. Da adesso inizierà realmente e finalmente l’iter politico. La giunta capitolina, dove ci sarò anch’io, valutati gli atti, predisposti dalla stessa giunta, si esprimerà. Poi ci sarà il passaggio in Assemblea e poi ancora quello in Consiglio regionale. Questi tre passaggi concluderanno tutta la partita relativa alla burocrazia, alla politica, poi si potrà iniziare la costruzione dell’opera”.

Prosegue Frongia: “Purtroppo l’iter è stato travagliato e lungo, probabilmente troppo lungo. Iniziato anni prima dell’arrivo della sindaca Raggi. Un dossier che abbiamo ereditato, che però è molto importante e strategico per la città. Oggi spero di portare a casa quanto prima questa opera importante per la città, quella del nuovo progetto, quello oggetto della Convezione, quello che è stato rivisto durante la nostra consiliatura”.

Con tutti i giganteschi problemi che ha una città come Roma… . Da brividi.

Restano comunque sul campo una sfilza di problemi ancora tutti da risolvere, totalmente dimenticati dallo smemorato assessore capitolino.

Come finisce la vicenda tra Luca Parnasi e Unicredit, a botte da milioni di euro, per la precisione 600, ossia l’ammontare dei crediti allegri elargiti dalla banca alla Eurnova del palazzinaro romano?

Come finisce il contenzioso legale a sua volta innescato da Gaetano Papalia, l’ex proprietario dei terreni di Tor di Valle, con lo stesso Parnasi, che ha pagato solo una piccola fetta del valore di quelle aree?

Come si sistema, ancora, la querelle tra Parnasi e l’ennesimo mattonaro della story, il barista-ceco Radovan Vitek che puntava proprio su quei terreni?

Una serie di problemi di tutta evidenza sfuggiti, nelle ovattate stanze del Campidoglio.

 

‘O TONNO E ‘O MINISTRO

Dove però ci saranno ancora echi di un’altra story, quella griffata Luca Palamara. Nei faldoni delle intercettazioni telefoniche, infatti, adesso fanno capolino alcuni contatti tra ‘O Tonno Palamara e l’attuale ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

Così scrive Dagospia, riferendosi ai colloqui intercorsi tra Palamara e Maria Casola, giudice del lavoro a Napoli distaccato a Roma come capo dipartimento degli Affari della Giustizia.

Luca Palamara

“I due magistrati fanno riferimento al procedimento per la costruzione del nuovo impianto calcistico dei giallorossi. Il nome del Guardasigilli, seppur non indagato, emergeva ripetutamente nel fascicolo e nel verbale della stessa sindaca della capitale, Virginia Raggi. Proprio l’11 giugno, quando la Casola scrive a Palamara, Giuseppe Pignatone (l’ex capo della procura romana, ndr) e l’aggiunto Paolo Ielo si presentano in via Arenula per sentire a sommarie informazioni il neo ministro. Dalle carte risulta questo solo incontro, nonostante la capa del Dag avesse chiesto perché Pignatone venisse così ‘spesso’”.

Continua la ricostruzione di Dagospia. “‘Lanzalone aveva la nostra fiducia e per tale ragione è stato presentato alla sindaca’, racconta il ministro all’ex capo della procura di Roma. ‘Io stesso partecipavo alle riunioni sullo stadio. Lanzalone ha dato una serie di consigli legali. Originariamente si occupava solo dei problemi connessi ai profili risarcitori relativi a un’eventuale revoca della decisione della costruzione dello stadio’. Un catenaccio che deve aver fatto sudare il povero Bonafede”.

Conclude Dagospia: “Due giorni dopo la stesura di quel verbale, Lanzalone finisce ai domiciliari per corruzione insieme con Parnasi e altri soggetti. Chissà che fifa blu avrà assalito il Guardasigilli. Che si trova ad affrontare una tale prova di fuoco da neofita”.

A breve – calendari da coronavirus permettendo – dovrebbe cominciare il maxi processo a Roma per l’affaire stadio a Tor di Valle.

Staremo a vedere.


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