Vite parallele

Vite parallele di due gran signore Vip, prime donne di un teatro della politica che ha torto discrimina il genere femminile, ultimo caso la pletorica task force a guida Colao per il difficile risanamento dell’economia italiana massacrata dal Covid-19 che non include neppure una rappresentante del mondo finanziario, imprenditoriale, del management. 
Dato a Eva quel che è di Eva, ovvero la recriminazione per la scarsa considerazione maschile per le elevate qualità delle donne, la cronaca fa scivolare la riflessione su rilievi di ben altro segno. Personaggi e interpreti: cominciamo con la Presidentessa del Senato, ovvero con la seconda carica dello Stato, figura istituzionale che in caso di impedimento del Presidente della Repubblica ne assumerebbe le funzioni. Diciamo dell’elegantissima signora Maria Elisabetta Alberti Casellati, che già con il raddoppio di nome e cognome presenta all’opinione pubblica il conto di una condizione sociale (ed economica) distante un milione di chilometri da donna Filomena, moglie di Gennaro, disoccupato a vita e padre prolifico di sette figli.  Dal ‘trono’ del Senato la Casellati ha tuonato: “Cosa fare e come, in tempi di coronavirus, devono discuterlo le Camere, non si può affidare a un decreto”. E poi: “Riaprire subito tutto. Fabbriche, negozi, scuole, Musei, teatri”. Al primo ‘rimprovero’ si associa il cacciatore di consensi Matteo Renzi (“il decreto è incostituzionale”), al secondo non fanno mancare la bocciatura in sincrono Salvini e la Meloni (“Riaprire, riaprire tutto”). A dare ascolto agli uni e agli altri, con la nota lentezza del dibattito, i parlamentari  avrebbero assunto decisioni antivirus in tempi biblici e riaprire a indiscriminatamente provocherebbe, com’è accaduto in Germania, nuovi focolai di contagio.
Torniamo alle vite parallele: la Casellati, 74 anni ‘portati bene’, nel ruolo di sottosegretario alla salute, ha nominato la figlia Ludovica a capo della sua segreteria al dicastero, perché, così ha dichiarato la ‘fanciulla’, la madre non si fidava di nessun altro!
Bizzoco/a, lo dicono Devoto & Oli nel loro famoso dizionario, equivale a pinzochero, bacchettone, ma nell’accezione popolare con quel termine si intende chi pratica la religione con eccessi di fondamentalismo. La Casellati nel 2003 condanna la fecondazione artificiale e commenta la posizione anacronistica con bella eleganza stilistica  che “L’Italia è piena di figli dell’eterologa perché frutto del rapporto di una donna con il lattaio di turno” Sic. Clap-clap, ma che brava!
Trasferita al ministero della Giustizia si scaglia contro il voto della maggioranza di governo sulla decadenza di Berlusconi. Lo definisce ‘lutto per la democrazia’ e veste di nero insieme alle colleghe di Forza Italia, in segno di lutto. A chi ha votato a favore consegna l’eloquente attributo di ‘plotone di esecuzione’ e firma una proposta di legge per l’abolizione della legge 194 (‘interruzione volontaria di gravidanza’), condanna la pillola abortiva “che strizza l’occhio alla cultura della morte”. Clap, clap, clap, ma che brava! È per la riapertura dei casini e si oppone alla legge che regolamenta le unioni civili. Non si ferma la sua frenesia giustizialista e allora propone la castrazione chimica per chi usa violenza sessuale, per i pedofili. Tifa per la legge Bossi-Fini contro l’immigrazione e per la pericolosa estensione della cosiddetta ‘legittima difesa’: “La difesa, lo voglio dire con forza, è sempre legittima.
La sua interpretazione del ruolo di presidentessa del Senato, secondo opinioni autorevoli e non di parte, è spesso sbilanciata , in direzione dei banchi dove si agita il centro destra.
Altra big, in verità esempio ibrido di politica-spettacolo-affari, è lady Pivetti, Irene Pivetti, anch’essa cattolica doc, titolare di un blog su Internet. Guida la consulta cattolica della Lega Nord negli anni novanta, è deputata del Carroccio, diventa presidentessa della Camera nel 94 con i voti di Forza Italia, Lega Nord, Centro Cristian Democratico e sorprendentemente dei radicali di Pannella.  La lega l’espelle perché si oppone alla secessione padana e fonda ‘Italia Federale’ poi ‘Rinnovamento Italiano’, poi è con l’ ‘Udeur’. L’ondivaga Irene diventa assessora nel comune di Berceto e incredibilmente assessora all’immagine nel profondo Sud, a Reggio Calabria, ma rinuncia presto. L’ ‘infaticabile’ si candida alle regionali del Lazio con ‘Cristiani Popolari’ alleati del Popolo della Libertà, poi torna tra le braccia della Lega nelle liste ‘Noi Con Salvini’ per il comune di Roma. Si acquieta? Eh no! Nel 2018 fonda Italia Madre (centrodestra) e un anno dopo passa a Forza Italia.
Non eletta per due volte si dà al giornalismo. Dirige e scrive su periodici poi collabora con Il Messaggero, con Libero, Scandali, Campanile Nuova, Italia Federale, Donna Moderna. Dalla carta stampata alla Tv il passo è brevissimo. Approda a La7, a Mediaset, ma i talk show l’annoiano presto e si dà allo spettacolo. Sgambetta in ‘Ballando sotto le stelle’, passa a Odeon, s’improvvisa editrice di Web To Be Free, si accredita come opinionista per ‘Domenica In’, è giudice con Barba D’Urso. Da brava cattolica si fa annullare il primo matrimonio dalla Sacra Rota e sposa tale Alberto Brambilla da cui, da brava cattolica, si separa.
Irene Pivetti è titolare di un pool aziende e associazioni, un paio con la Cina (una fallita). La cronaca racconta in questi giorni che è indagata per frode commerciale, nella sua qualità di amministratrice delegata della Only Logistics Italia. L’indagine (oggetto di un’inchiesta della Gabanelli) ha come oggetto l’importazione e distribuzione di mascherine dalla Cina. I reati ipotizzati sono frode in commercio e immissione sul mercato di prodotti non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza. Nel momento più drammatico della pandemia e della grave carenza di mascherine, la Pivetti ha chiuso un contratto con la Protezione Civile per importare dalla Cina 15 milioni di mascherine Fp2 per un totale di 30 milioni di euro, che lo Stato avrebbe pagato per il 60% in anticipo e il 40% alla consegna. Il contratto consentiva che una piccola percentuale di questa partita di mascherine potesse essere commercializzata dalla società della Pivetti su canali privati, come alcune farmacie del Savonese, che le rivendevano con ricarichi fino al 250%. Da questi casi è scattata una denuncia. La Finanza, alla Malpensa, ha individuato le mascherine e le ha contestate per mancanza della certificazione richiesta. Ma come ha fatto una piccola società come la Only Logistics, appena 70 mila euro come ultimo fatturato, ad aggiudicarsi una fornitura da 30 milioni di euro? Anche di qui l’inchiesta in corso.

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