C’ERA UNA VOLTA IL KAMIKAZE. BENVENUTI NELL’ITALIA DEGLI UNTORI

Centinaia, forse migliaia di soggetti immuni, asintomatici, appositamente selezionati in Paesi extracomunitari, si aggirano per l’Italia a seminare morte tra nostri connazionali, prescelti come bersagli del virus in base ad etnia, caratteristiche genetiche, condizioni media di vita, abitudini alimentari ed altro. Non è uno scenario da fantapolitica, ma la realtà nuda e cruda così come emerge  dai numeri e dalle latitudini del contagio che sta sterminando le aree più produttive e floride del nostro Paese.

Ad essere “risparmiati” sono loro, gli extracomunitari (oltre un milione di persone, compresi i cinesi), mai ammalatisi di Coronavirus, del tutto assenti dal bollettino degli ospedalizzati e comunque – sia ben chiaro – per la quasi totalità del tutto ignari della pandemia programmata in Occidente. E sono risparmiati anche gli “ultimi” del Sud dove, a parte l’inutilità di colpire aree dove gli apparati industriali sono già stati devastati in maniera “autoctona”, sarebbe più difficile disseminare “untori”, visto che le percentuali di extracomunitari stanziali sono risibili rispetto a quelle del Nord.

Cosa resterà dell’Italia? Solo sparuti territori agricoli nelle aree sopravvissute del Sud?

Di scenari apocalittici qui non intendiamo tracciarne. Perché i numeri, che parlano da soli, bastano e avanzano.

Seguiamo il racconto.

 

C’era una volta il kamikaze, il “martire” che entrava in un centro commerciale con la cintura imbottita di tritolo e si faceva saltare in aria, massacrando qualcosa come centinaia di persone.

Poi arrivarono le restrizioni, i metal detector, la quasi assoluta impossibilità di terrorizzare il mondo col sistema dei “martiri”.

Da lì nasce nei laboratori top secret una nuova figura: l’untore.

 

 

Prima, naturalmente, era necessario mettere a punto un virus micidiale che avesse precise caratteristiche: mutante, inafferrabile ma, soprattutto, capace di restare asintomatico su un determinato numero di soggetti resistenti, fra cui appunto gli “untori”, ma in grado di essere mortale per larghe fasce delle popolazioni, con prevalenza con quelle già per loro natura particolarmente a rischio, magari selezionate per etnie e tasso di produttività.

Tutto è cominciato da quel momento, compresa la possibilità di colpire bersagli accuratamente prescelti nelle aree maggiormente produttrici del nostro Paese. In primis la Lombardia, che fa segnare oggi oltre dieci casi all’ora in tutta la regione, con 252 i decessi lombardi in un solo giorno, quasi il 70% di tutti i morti di tutta Italia (che sono 368 nelle ultime 24 ore, 1.809 in totale su 24.747 positivi: tasso di mortalità pari al 7,3%).

La Lombardia, con Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, proprio per la elevata presenza di apparati produttivi, registra da anni la maggiore concentrazione di lavoratori provenienti da Paesi stranieri (lo ripetiamo, inconsapevoli). Tutte aree, quindi, in cui mimetizzare facilmente untori asintomatici, appositamente calati sul territorio per propagare l’infezione.

L’ospedale di Brescia

Sì, è cominciato tutto così. E questo spiega perché territori ordinatissimi e sanificati ab origine, come le province di Bergamo e Brescia, ad elevata concentrazione di manodopera extracomunitaria, oggi registrano un’ecatombe. Che colpisce naturalmente i cittadini bresciani e bergamaschi, non certo i lavoratori stranieri, tutti asintomatici o immuni, tutti fuori dagli ospedali, tutti inesistenti nei bollettini giornalieri della Protezione Civile. Invisibili. E tutti inconsapevoli del fatto che loro connazionali continuino ad essere utilizzati come diffusori del virus nella popolazione, con un grosso vantaggio rispetto al tradizionale kamikaze: non c’è più bisogno di martiri, perché gli untori sono asintomatici. Resistenti. E non devono più sacrificare le loro vite in nome di Allah o di chissà quale altra divinità.

 

Cominciamo dando un’occhiata alla tabella qui sotto, poi a seguire proviamo a spiegarla più in dettaglio.

 

 

BERGAMO

Bergamo

Partiamo da Bergamo, dove i dati ufficiali della Protezione Civile segnalano, fino a ieri sera, 3.993 contagiati, con un secco + 233 rispetto al giorno precedente, mentre l’obitorio continua ad essere stracolmo e non si sa più dove ammassare le bare dei deceduti. E l’Eco di Bergamo è ridotto ad un bollettino funebre dei necrologi.

Secondo dati Istat aggiornati al 1 gennaio 2019, la percentuale di stranieri residenti a Bergamo e provincia è pari al 10,9% della popolazione: oltre uno su 10 non è italiano.

A Catania, per fare un esempio, gli stranieri rappresentano il 3,2% della popolazione residente.

Tornando alla martoriata Bergamo, la percentuale più elevata di cittadini extracomunitari (esclusa quindi la Romania) proviene da Marocco (14,29%, dato record in Italia), Senegal (8,22), India (8,25) e Pakistan (4,04). I cinesi sono il 3,69%, ma è già accertato che nessun cinese si è ammalato da Covid 19 in Italia durante questa emergenza.

 

BRESCIA

Passiamo a Brescia, altra locomotiva del Paese flagellata dai contagi: 2473 casi accertati, 368 morti in un solo giorno, quasi due morti ogni ora.

Nel Bresciano i residenti stranieri sono ben il 12,4% della popolazione. Fra gli extracomunitari prevalgono indiani (8,81), marocchini (8,70), pakistani (7,96), senegalesi (4,44).

Napoli, la città del sud maggiormente colpita (sia pur con un numero di contagi pari a un quinto di quelli del bresciano), conta solo i 4,2% di stranieri residenti. “Merito” della capitale mondiale della disoccupazione, dove sarebbe perfino superfluo immaginare di colpire un apparato industriale già da tempo in macerie, devastato ad opera di scellerati governi centrali e locali.

Il panorama italiano è del tutto analogo a quello che abbiamo qui mostrato, statistiche alla mano.

 

LAZIO

Roma

Con una sola eccezione, il Lazio, che trova comunque qualche possibile spiegazione.

Gli stranieri residenti nella regione governata da Zingaretti sono, al 1 gennaio 2019 (ultimo dato disponibile) l’11,6% della popolazione. Si tratta dell’unica regione del Centro-Sud con una percentuale così elevata (in Puglia ad esempio, principale regione produttiva al Sud, la percentuale è solo del 3,4%).

Guardiamo però più in dettaglio il dato statistico laziale.

Di quell’11,6% totale di residenti stranieri, una fetta elevatissima, pari al 34,16% proviene da un Paese europeo, la Romania (contro il 14% circa di rumeni in Lombardia). Al secondo posto, primi fra gli extracomunitari, ci sono i filippini (6,78%), mentre solo il 5,43 arriva dal Bangladesh. Minima la percentuale di africani stanziali: 2,39 egiziani, 2,13 marocchini e giù a seguire. Dal Senegal solo lo 0,61%.

In sostanza la relativamente elevata percentuale di stranieri residenti nel Lazio sono rumeni e, in minor parte, filippini. Pochi, insomma, provengono dai territori che una volta definivamo “dell’Isis”, a differenza della progredita Lombardia.

L’ultimo dato è tratto sempre da fonte Istat. E lo diamo sempre senza commento.

A Bergamo gli stranieri residenti sono 11.307 su 120.287 abitanti.

A Brescia gli stranieri residenti sono 18.320 su 196.670 abitanti.

A Foggia, una città del Sud comparabile per dimensioni e numero di abitanti, gli immigrati sono 2.575. Su 151.726 abitanti.

 

A chiudere il cerchio, poco fa, è il Giornale  diretto da Alessandro Sallusti, che titola: L’Isis festeggia il coronavirus: “È una punizione di Allah”.

 


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