Carceri, il virus non c’è

Salvo smentite, le carceri italiane, luoghi di pena che in generale negano  il diritto di vivere in spazi dignitosi per ampiezza e minimo comfort, difendono però i reclusi dal contagio del maledetto Covid-19, per la loro condizione di quarantena totale, simile all’isolamento imposto dalla Cina all’area che comprende i 13 milioni di abitanti di Wuhan. Ad oggi, in prigione non c’è un solo contagiato dal coronavirus ed è un dato che dovrebbe convincere a tapparsi nella propria dimora le migliaia di trasgressori dell’ordinanza “Io resto a casa”. A loro, in larga misura, si deve l’aumento quotidiano di infettati, di quanti devono essere assistiti in terapia intensiva, delle vittime.
Procede spedita la gara di tangibile solidarietà di grandi aziende e personaggi dello spettacolo, dello sport, delle professioni, delle associazioni di giovani, che promuovo raccolte di fondi per gli ospedali. Continua la campagna di donazioni della coppia Fede-Ferragni. Alle testimonianze concrete di Insigne calciatore del Napoli, del portoghese Ronaldo, rispondono in tanti. Per esempio il difensore centrale della Juventus Bonucci e Francesco Totti, altri in anonimato.
E poi il racconto dell’iniziativa nata nella Casa di Reclusione Femminile della Giudecca, a Venezia. Le detenute hanno dato il via a una raccolta fondi a favore di chi è impegnato nell’assistenza ai contagiati del Covid-19. La base di partenza è di centodieci euro, raccolti  in un giorno. È la cifra simbolica per dare il via alle donazioni, ma dà senso alla loro protesta, solidale con tutti i detenuti, contraria alla violenza scoppiata nelle carceri maschili. Come non capire la richiesta di ricevere la visita dei familiari? Pur comprensibile, è purtroppo da bocciare se si vuole scongiurare che il virus entri nei luoghi di reclusione. I fondi che saranno raccolti sono destinati  al Reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre. Il commento di Franca, Suora di Maria Bambina, che opera nel carcere: “Si tratta di una cifra simbolica, ma per alcune anche un euro può significare tanto. Queste ragazze hanno dato tutto ciò che avevano, molto per chi lavora in prigione. Quell’euro dato da ciascuna era tutto ciò che avevano. In questi giorni hanno dovuto interrompere le attività dei laboratori (lavanderia, cosmetica, orto, sartoria), per mancanza di ordini dall’esterno, per esempio delle  catene di alberghi veneziani di lusso.
L’iniziativa vuol tramettere solidarietà ai cittadini di Venezia, in particolare a medici e infermieri che operano in prima linea”.
Le detenute della Giudecca legittimano le ragioni del no ai contatti con i parenti: “Se scoppiasse il contagio nelle carceri sarebbe molto difficile  fronteggiarlo”. Riunite in assemblea chiedono la possibilità, almeno per alcune di loro (con condanne minori? ndr) di ricongiungersi con le famiglie. Una cosa è sicura, le recluse, in carcere, temono per i loro cari.
Suor Franca:  “Nell’immaginario collettivo, i cattivi sono dentro e i buoni sono fuori. Poi ti accorgi che hai a che fare con persone che hanno sbagliato, che stanno pagando per i loro errori e spesso vengono ingiustamente dimenticate. Un essere umano non è solo il reato che ha commesso, c’è molto di più dietro, è ombra e luce come lo siamo tutti noi”.

Scopri di più da La voce Delle Voci

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento